Un vulcano chiamato Italia

___________________________________di Dino Perrone

 

 
L’aggrovigliarsi della crisi economica rischia di fare esplodere anche tensioni sociali difficilmente governabili. E’ giunto allora il momento di una precisa assunzione di responsabilità che allontani il rischio di pericolose derive

Ogni giorno che passa, aumenta la sgradevole sensazione di vivere in un Paese oramai seduto, per meglio dire inchiodato, sulla bocca di un vulcano.
Un vulcano sul punto di esplodere e spargere un fiume di lava capace di lasciare sul proprio percorso solo cenere e distruzione.
Questa sensazione, come detto sgradevole, è purtroppo quotidianamente rafforzata da incontrovertibili dati di fatto. Ad esempio la Banca d’Italia ha certificato la frenata, a marzo, del credito alle imprese e dei prestiti alle famiglie. Con buona pace di quanti, proprio nel settore bancario, ostinatamente sostengono che la stretta creditizia stia registrando un significativo allentamento.
La realtà con la quale le nostre imprese sono chiamate a confrontarsi continua invece ad essere ben  diversa. Ed è una realtà appunto caratterizzata dalla contrazione del credito disponibile e dall’aumento dei tassi di interesse. Questo è un dato di fatto. Il resto è solo auspicio, per non dire vuota chiacchiera.
Altro dato di fatto, stavolta proveniente da autorevole fonte ministeriale.
«Se mettiamo insieme disoccupati, inoccupati, sottoccupati e sospesi arriviamo a 5-6, forse 7 milioni di persone. Se moltiplichiamo per i loro familiari arriviamo alla metà della nostra società. Non sono soltanto a rischio i consumi e gli investimenti ma anche la tenuta economica e sociale del Paese». Così si è espresso nelle scorse settimane il ministro per lo Sviluppo economico Corrado Passera per fotografare la gravità della mancanza di lavoro nel nostro Paese. Parole asciutte, parole sacrosante.
Soprattutto parole vere e severe alle quali hanno fatto seguito quelle, altrettanto preoccupate, del premier Monti che ha riconosciuto come la crisi italiana stia provocando una devastante scia di frustrazione e rabbia.
E dinanzi a questi interventi noi dell’Acai cominciamo finalmente a sentirci in buona compagnia, dopo che per troppo tempo siamo stati praticamente i soli a lanciare l’allarme per le ricadute sociali prima ancora che economiche di una crisi strutturale che rischia, appunto come la lava di un vulcano, di distruggere tutto ciò che incontra sul proprio cammino. E’ perlomeno incoraggiante che da parte del governo si prenda finalmente atto della gravità di una situazione che per troppo tempo è stata sottovalutata e ridotta a mero dato statistico.
Ancora un dato di fatto.
Ammontano oramai all’astronomica cifra di settanta miliardi di euro i debiti accumulati dalle pubbliche amministrazioni nei confronti delle imprese italiane. E’ troppo chiedere, per non dire legittimamente pretendere, che lo Stato, nelle sue varie articolazioni, torni a pagare i suoi fornitori ? In un Paese che, nonostante tutto, continua ad essere annoverato fra le principali economie mondiali, non è moralmente accettabile che una impresa sia costretta a chiudere o debba pesantemente indebitarsi solo perché non riesce ad incassare i suoi crediti.
Segnali, tutti questi, di una imminente eruzione.
In questa situazione occorrono nervi saldi, da parte di tutti, perché l’estrema delicatezza del momento richiede una precisa assunzione di responsabilità che impedisca all’Italia di imboccare pericolose vie di fuga.
Il voto frammentato e ‘nervoso’ uscito dalle urne delle recenti elezioni amministrative segnala anch’esso un disagio crescente ed una disaffezione verso le forme tradizionali di partecipazione politica che deve essere adeguatamente colto.
Nervi saldi, abbiamo detto.
Ma oltre alla saldezza dei nervi sono necessari segnali concreti ed incoraggianti da parte di quanti hanno il compito di allontanarci dalla lava del vulcano.
Sempre il ministro per lo Sviluppo economico ha assicurato che il governo ha ben chiare le difficoltà quotidiane che hanno quanti fanno impresa.
C’è solo da augurarsi che da questa doverosa ed avvertita percezione delle molteplici difficoltà affrontate dal mondo imprenditoriale si passi, finalmente, ad una serie articolata di interventi capaci di restituire ossigeno ad un Paese soffocato da una classe dirigente che mostra una grande fatica a rinnovarsi pur chiedendo sempre più rigore e sacrifici ai suoi cittadini.
 

Dino Perrone
Presidente nazionale ACAI 


 

 

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