Troppe “incongruenze” a danno degli artigiani

di Dino Perrone




In un Paese ingabbiato, che stenta a rimettersi in moto, sarebbero auspicabili iniziative politiche capaci di dare una salutare “scossa” all’economia. Invece il paventato varo degli indici di congruità non aiuta certo lo sviluppo delle nostre imprese.


Cari associati,


tutti i principali indici statistici continuano a dipingere il nostro Paese non proprio con i colori dell’ottimismo.


Pesano le difficoltà strutturali dell’economia, il contesto non proprio favorevole dei mercati internazionali, la sostanziale assenza di un progetto sociale realmente innovativo.


Ci troviamo alle prese con un Paese ingabbiato, afflitto da troppe zavorre e che stenta a rimettersi in moto. Una Italia, come ci ha ricordato l’Istat, in cui il ventaglio delle nuove povertà si è drammaticamente ampliato. Dove tante, troppe famiglie stentano a far quadrare il proprio bilancio, ad arrivare alla fatidica quarta settimana del mese.


Una Nazione dove si fa strada una dolente rassegnazione ed un egoismo sociale acuito dalle persistenti difficoltà dell’economia. E dove le imprese sono costrette sulla difensiva, non rischiano, non investono, non competono.


In questo quadro sarebbero auspicabili iniziative politiche capaci di rimettere in marcia il nostro sistema produttivo. Di dare insomma, come spesso si dice, una salutare “scossa” all’economia.


Invece assistiamo all’elaborazione di progetti che più, che scuotere positivamente le nostre imprese, rischiano di minarne le fondamenta.


Ci riferiamo, in particolare alla proposta presentata dal Ministro del Lavoro Cesare Damiano sull’adozione degli indici di congruità.


Con essa si vuole definire per legge il numero dei dipendenti che ogni impresa deve assumere per poter svolgere una determinata attività. Una simile pesante ingerenza dello Stato nelle dinamiche produttive non ha precedenti nella storia italiana e desta notevoli preoccupazioni, rappresentando un nuovo attacco al ceto medio produttivo italiano.


Gli indici di congruità rischiano infatti di diventare l’ennesimo laccio normativo che imbriglia l’attività imprenditoriale, impedendo in particolare alle piccole e medie imprese di sviluppare un coerente discorso di sviluppo. Altro che semplificazione delle procedure burocratiche, come pure era scritto nel programma elettorale dell’attuale maggioranza parlamentare.


Siamo in presenza di un tentativo di statalizzazione del lavoro che non assicura affatto, come invece si sostiene negli ambienti di Governo, una efficace lotta al lavoro nero ed irregolare.


Inquieta questo susseguirsi di iniziative politiche che sembrano ispirate solo da orientamenti meramente ideologici e che non riescono a cogliere la sostanza vera dei problemi che si hanno davanti.


Problemi che riguardano anzitutto la tenuta sociale del nostro Paese.


Un Paese la cui classe dirigente, in troppi casi, sembra avere smarrito il contatto con la realtà.


Una realtà in cui, anche nel mondo produttivo, rimane cruciale il ruolo della famiglia come struttura sociale fondamentale e come soggetto attivo del lavoro, specie nell’ambito delle piccole e medie imprese.


Una lungimirante politica sociale e del lavoro, in Italia, non può pertanto prescindere dal ruolo della famiglia e dalla funzione delle piccole e medie imprese, da quel diffuso reticolo industriale che storicamente ha assicurato al nostro Paese un diffuso benessere.


Invece la famiglia è oggetto di troppe disattenzioni. E le imprese sono sollecitate continuamente ad investire pure in assenza di adeguate politiche di sostegno al lavoro.


Si studiano, anzi, provvedimenti che di fatto mortificano la famiglia e scoraggiano gli investimenti.


L’Acai intende contrastare questa deriva e non mancherà di continuare a far sentire la propria voce su questi temi.


Il mercato del lavoro ha bisogno di regole certe. Regole, però, che siano di garanzia per tutti. Regole che tengano presente come, proprio grazie alle imprese, sia assicurato il benessere alle famiglie italiane.


Non si avverte invece la necessità di varare provvedimenti, come l’adozione degli indici di congruità, che fanno male non solo all’imprenditoria, ma all’intero Paese.


 


 


Dino Perrone
Presidente nazionale ACAI 


 


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