Studi di settore ed affanni del lavoro autonomo

di Dino Perrone




Dopo gli indici di congruità, arriva l’inasprimento degli studi di settore. Possibile che la classe dirigente del nostro Paese ritenga che il rilancio dell’economia passi solo attraverso maggiori oneri e controlli e non mediante incentivi agli investimenti ed all’occupazione ?


Cari associati,


divampa in queste settimane la polemica intorno all’applicazione degli studi di settore.


Di quei meccanismi, cioè, che predeterminano in via automatica, mediante il richiamo a tecniche statistiche, i ricavi medi delle singole categorie.


Introdotti ormai da qualche anno, gli studi di settore rappresentano lo strumento principale di predeterminazione del reddito da lavoro autonomo.


La legge Finanziaria 2007 ha sancito che si proceda alla loro revisione non più ogni quattro anni ma con cadenza triennale, e che il loro ambito di applicazione sia esteso a numerosi altri soggetti.


E’ inoltre previsto un notevole innalzamento dell’ammontare dei ricavi richiesti in via presuntiva per risultare allineati ai nuovi indici di congruità varati dal Ministero delle Finanze.


La conseguenza è che, a parità di costi e di dati strutturali, ai lavoratori autonomi verranno richieste diverse migliaia di euro in più rispetto agli anni precedenti.


Diciamolo con chiarezza. Si tratta di provvedimenti che destano notevole preoccupazione.


Siamo infatti in presenza dell’ennesimo colpo di maglio che si abbatte in particolare sulle piccole imprese, sugli artigiani ed i liberi professionisti, nell’illusione di ridurre la piaga dell’evasione fiscale con strumenti normativi che in realtà riflettono solo una visione dirigista, impositiva e spesso sterilmente punitiva che non incontra affatto il consenso del Paese.


Ancora una volta, infatti, finiscono nel mirino non i veri evasori ma coloro che, per un malcelato retaggio ideologico, semplicemente si presume che siano evasori.


Gli studi di settore, come del resto anche i paventati indici di congruità per le imprese dei quali ci siamo di recente occupati da questa stessa tribuna, non favoriscono affatto la collaborazione virtuosa tra il Fisco ed i contribuenti, aumentando al contrario il malcontento proprio in quelle categorie che già avvertono per intero il peso fiscale.


E lo avvertono proprio in quanto contribuenti onesti, rispettosi delle norme e delle scadenze. Contribuenti che versano alle casse dello Stato e degli enti locali ingenti somme e vorrebbero che si avviasse una politica realmente in grado di stanare, snidare e colpire l’evasione e l’elusione fiscale lì dove essa è davvero presente.


Tornando nello specifico agli studi di settore, c’è da dire che da più parti si sostiene che si tratti di strumenti di dubbia costituzionalità, dal momento che prevedono che il pagamento delle imposte avvenga in funzione del reddito presunto e non di quello effettivamente accertato.


Ma anche a non voler dar retta a queste critiche, resta la preoccupazione per il respiro corto che queste iniziative palesano.


E’ mai possibile, cioè, ritenere che il rilancio dell’economia italiana passi solo attraverso inasprimenti di oneri e controlli di ogni tipo e natura ?


Non sarebbe invece il caso di pensare ad avviare una intelligente defiscalizzazione degli investimenti accompagnata da adeguati incentivi all’occupazione ?


Sono domande che giriamo alla classe dirigente del nostro Paese. Sono domande alle quali l’artigianato ed il lavoro autonomo chiedono si risponda, una volta tanto, in maniera chiara.


L’Acai, fedele alla sua storia, è al fianco degli artigiani e dei lavoratori autonomi che stanno rivolgendo pesanti critiche al Governo per le sue chiusure al dialogo su questi argomenti. Al riguardo la nostra associazione ha in scaletta una serie di iniziative volte a sensibilizzare il mondo politico sulla necessità di passare ad un approccio più costruttivo circa le esigenze del mondo del lavoro


Non si avverte la necessità di inasprire gli studi di settore oppure di varare nuovi provvedimenti, come i richiamati indici di congruità, che non sono in grado di individuare e ridurre la piaga dell’evasione.


Riteniamo che i tempi siano maturi per procedere ad un ripensamento critico dell’intera politica fiscale del nostro Paese, abbandonando logori schematismi e luoghi comuni per favorire opportune strategie di partecipazione e di dialogo tra le categorie capaci di produrre quella salutare scossa all’economia italiana che viene da tutti auspicata ma da nessuno seriamente praticata.


 


Dino Perrone
Presidente nazionale ACAI 


 


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