Occorre dare fiducia (e credito) all’artigianato

di Dino Perrone



Le piccole e medie imprese soffrono di troppi diffusi pregiudizi e della latitanza di una lungimirante politica di sostegno finanziario e normativo. Un esempio ? Le difficoltà nel rapporto con le banche


Cari associati,


negli ultimi cinque anni le imprese del settore artigiano sono cresciute di 70mila unità, arrivando ad un totale di circa un milione e mezzo.


Esse attualmente contribuiscono per oltre il 12% al prodotto interno lordo e per il 15,4% all’occupazione complessiva del nostro Paese.


Fermandosi solo a questi dati, ci sarebbe da essere contenti. Si tratta di statistiche che illustrano un comparto in espansione, lontano da crisi strutturali, con un grande dinamismo e nel quale il ruolo dell’imprenditoria femminile e giovanile sta conquistando sempre maggiori spazi.


Questi risultati lusinghieri lascerebbero supporre anche una adeguata e costante attenzione del sistema politico-economico italiano alle esigenze di questo settore.


Ma spesso le cifre, pur importanti e significative, non dicono e non spiegano tutto.


Questi risultati, infatti, sono stati conquistati dall’artigianato con le sue sole forze. Risultati portati a casa con le unghie e con i denti, nella colpevole disattenzione delle forze politiche, troppo spesso “distratte” dalla necessità di correre in soccorso di questo o quell’altro grande gruppo industriale e finanziario italiano in palese difficoltà.


E’ persino superfluo, allora, chiedersi se davvero l’artigianato ha un peso politico pari a quello che lascerebbero supporre solo questi dati.


La risposta è fin troppo scontata. La risposta è un secco no.


No, il nostro artigianato continua ad avere un peso fin troppo “leggero” sulla bilancia delle scelte strategiche che vengono assunte dai vari governi in campo economico.


La conseguenza è quella di avere un sistema strabico ed attento solo ai grandi gruppi ed alle grandi concentrazioni, mentre un settore come quello artigiano che produce, che rischia, che osa, non gode di adeguato sostegno normativo e, a lungo termine, potrebbe subire delle contrazioni capaci di ipotecarne in negativo il futuro.


Fare artigianato nel nostro Paese, specialmente al Sud, resta infatti estremamente difficile. Troppa burocrazia farraginosa, troppi lacci e lacciuoli, troppo fisco opprimente ed inconcludente. Problemi che sono sul tavolo da anni, irrisolti. Problemi molteplici che chiamano in causa le classi dirigenti che si sono avvicendate alla guida politica del nostro Paese.


Problemi rispetto ai quali risulta obiettivamente difficile stilare una graduatoria delle urgenze perché sono tutti ugualmente urgenti.


Non ci illudiamo che questi problemi saranno affrontati e risolti tutti in una volta, tutti insieme.


A noi basterebbe che se ne risolvesse qualcuno, magari anche uno solo.


Ad esempio, a noi basterebbe che fosse radicalmente ripensato il sistema di accesso al credito per le piccole e medie imprese.


E’ un tasto sul quale continuiamo a battere perché riteniamo sia vitale per il nostro artigianato poter contare su un sistema creditizio capace di favorire una vera cultura dell’intraprendere.


Da questo punto di vista, l’ormai prossima piena introduzione dei nuovi parametri previsti dal Comitato di Basilea non induce a particolari ottimismi. In base ad essi, infatti, le banche debbono detenere un patrimonio proporzionato al rischio assunto in ragione dei rapporti di credito con i rispettivi clienti. Le imprese che richiederanno aperture di credito saranno quindi sottoposte a molteplici criteri di valutazione.


Secondo molti esperti, le aziende saranno valutate più sui dati quantitativi, collegati in particolare al bilancio ed alla propria situazione finanziaria, che su quelli qualitativi riferiti alla creatività imprenditoriale ed alla cultura dell’intraprendere.


Tratti, questi ultimi, che invece forniscono la cifra e l’essenza di molte attività artigianali.


Questo comporterà inevitabili ripercussioni nel rapporto fra banche ed imprese artigiane. Detto con franchezza, riteniamo che il nostro comparto, formato in larga parte da aziende di piccole e medie dimensioni, rischia di venire penalizzato rispetto ad operatori con maggiori dimensioni nel ricorso alle risorse creditizie.


E questo sul presupposto, peraltro non del tutto dimostrato, che si assumono maggiori rischi nel finanziare operatori di piccole dimensioni.


Non vorremmo che tutto ciò significhi aprire la strada, a medio termine, ad una rarefazione delle risorse creditizie e ad un innalzamento dei tassi di interesse per le nostre aziende artigiane.


Si tratterebbe un colpo durissimo per le aspettative del settore e l’ennesima dimostrazione di come, nonostante gli sforzi sin qui compiuti dalla associazioni di categoria, le piccole e medie imprese italiane soffrono ancora di troppi diffusi pregiudizi e della latitanza di una lungimirante politica di sostegno finanziario e normativo.


Dino Perrone
Presidente nazionale ACAI 


 


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