Piccole imprese, grandi prospettive

di Dino Perrone


 


 


I ricorrenti affanni dei grandi gruppi industriali italiani dimostrano come sia necessario avviare politiche di sostegno alle piccole e medie imprese, capaci di tenere insieme la nostra economia.


 


Cari associati,


le recenti vicende di Telecom e dell’Alitalia dimostrano come, dinanzi alle ricorrenti crisi del nostro sistema industriale, si avverta in maniera sempre più evidente la mancanza di una riflessione approfondita su quale sia, oggi in Italia, il significato ed il senso del lavoro.


A questa riflessione sfuggono anzitutto le forze politiche, impegnate in progetti di ingegneria elettorale sempre più raffinati quanto distanti dal vissuto quotidiano dei cittadini. Ma vi si sottraggono anche gli stessi sindacati, arroccati in una posizione meramente difensiva, a tutela dell’esistente, che nel lungo periodo compromette però seriamente la loro capacità di porsi come interlocutori per un discorso di prospettiva.


Eppure, forse mai come oggi è necessario un ripensamento radicalmente critico su modelli, comportamenti ed aspettative che hanno caratterizzato sin qui l’evolversi del sistema produttivo italiano.


Stiamo vivendo l’epoca che segna il passaggio dal lavoro dipendente a tempo indeterminato ad un percorso lavorativo più articolato nel tempo. Stiamo vivendo il passaggio da un mondo del lavoro compatto ad un universo di lavori, tra loro differenti ed a volte radicalmente distanti.


Prima si inseguiva il posto fisso, nella prospettiva di una certezza occupazionale protratta nel tempo, sino all’approdo pensionistico. Oggi questo che era uno schema anche mentale è definitivamente saltato. Oggi si inseguono più lavori. Oggi la flessibilità è richiesta anzitutto nell’approccio culturale alle questioni connesse al sistema produttivo.


In questa situazione occorrono strumenti legislativi più al passo con i tempi. Occorrono incentivi, tutele e garanzie. Occorrono diritti sociali più incisivi.


Proprio gli affanni ricorrenti dei grandi gruppi industriali italiani, con il rischio più che concreto che aziende che portano in giro per il mondo il marchio italiano finiscano in mani straniere, ci inducono a ribadire la necessità di dare nuovo slancio e vigore alle piccole e medie imprese. A quel reticolo produttivo capace di far correre la nostra economia.


A cominciare dalle botteghe artigiane. Quelle botteghe che hanno certificato la nascita della nostra associazione. Quelle botteghe che la nostra associazione non intende abbandonare.


Invece l’attenzione del mondo politico italiano continua, in troppi casi, ad essere sbilanciata in favore della grande impresa, dei grandi gruppi, delle famiglie industriali.


Con la conseguenza di assistere ad un approccio unidimensionale alle questioni del lavoro che non è più in grado, da tempo, di contenere l’intera realtà produttiva italiana.


Una realtà che poggia larga parte delle sue fortune, invece, proprio sulla piccola e media impresa. L’unica in grado di assicurare una crescita costante al riparo da crisi strutturali.


Senza dimenticare inoltre, come sottolinea la dottrina sociale della Chiesa, che il lavoro nelle piccole e  medie imprese, il lavoro artigianale ed il lavoro indipendente possono costituire una occasione per rendere più umano il vissuto lavorativo, sia per la possibilità di stabilire relazioni interpersonali più approfondite, sia per le opportunità offerte da una maggiore iniziativa e imprenditorialità.


Aspetti, questi ultimi, che non possono non stare a cuore a quanti intendono il lavoro non in termini meramente meccanicistici, ma soprattutto come espressione della creatività, dell’umanità, della crescita morale e materiale dell’uomo lavoratore.


Questa è la dimensione soggettiva del lavoro, alla quale la dottrina sociale della Chiesa ha sempre posto la massima attenzione. Nel Catechismo della Chiesa cattolica si afferma significativamente che il lavoro umano ‘proviene immediatamente da persone create ad immagine di Dio e chiamate a prolungare, le une con e per le altre, l’opera della creazione sottomettendo la terra’.


Tutto questo rappresenta appunto il rifiuto di interpretazioni di tipo meccanicistico ed economicistico dell’attività produttiva che sono invece prevalenti in certe ideologie che hanno caratterizzato il secolo da poco trascorso.


Ideologie inadeguate a cogliere la fondamentale verità in base alla quale ogni uomo ha bisogni certamente non limitati al solo ‘avere’. La Chiesa sottolinea come ‘la persona umana affronta l’avventura della trasformazione delle cose mediante il suo lavoro per soddisfare necessità e bisogni anzitutto materiali, ma seguendo un impulso che lo spinge sempre oltre i risultati conseguiti, alla ricerca di ciò che può corrispondere più profondamente alle sue ineliminabili esigenze interiori’.


Ciò che appunto manca, oggi, nel lavoro in Italia è proprio l’attenzione alle esigenze interiori della persona umana.


Riflettere allora sul senso del lavoro, sul suo significato ultimo, sulla sua necessarietà, vuol dire porre le premesse per la costruzione di una società realmente più giusta, più vicina all’uomo lavoratore, più attenta ai suoi bisogni materiali ed immateriali.


E’ questo il tipo di società al quale, da sempre, guarda il nostro artigianato.



Dino Perrone
Presidente nazionale ACAI


 


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