Sempre più poveri e ormai neppure più belli

________________________________di Dino Perrone

 

 

 

Il Rapporto della Caritas sulla povertà nel nostro Paese contiene dati raggelanti. Il 37% dei nostri giovani è a rischio di esclusione sociale. Una ipoteca pesantissima su un futuro che le nuove generazioni vedono sempre più nebuloso ed ostile

Provate a convincermi, ma temo che sarà difficile.

Sì, provate a convincermi che davvero questo nostro Paese ha imboccato con passo sicuro la strada della ripresa. Provate a convincermi che la crisi, tra qualche tempo, sarà solo un brutto ricordo e che siamo invece alla vigilia di una rinascita economica solida e duratura.

Certo, è vero che ci sono alcuni rilevatori statistici che descrivono l’Italia finalmente in cammino, agganciata al vagone della ripresa europea, maggiormente consapevole delle sue potenzialità.

Ma poi l’occhio cade sul rapporto della Caritas italiana sulla povertà e l’esclusione sociale, pubblicato di recente, ed il quadro d’insieme drasticamente cambia. E si scolora.

Vediamo perché.

“Futuro anteriore”, questo il nome del rapporto dato alle stampe dalla Caritas, si focalizza essenzialmente sulle vulnerabilità dei nostri giovani. E la conclusione è desolante.

Nel nostro Paese, infatti, la povertà tende a crescere al diminuire dell’età. Vuol dire che i figli stanno peggio dei genitori, i nipoti peggio dei nonni. Una corsa verso il baratro che sconvolge dal momento che il rischio della povertà e della conseguente esclusione sociale oramai tocca ben il 37% dei giovani italiani.

Ancor più sconvolgente è riflettere sul fatto che un giovane su dieci è in condizioni di povertà assoluta, mentre appena dieci anni fa lo era solo uno su cinquanta.

Né può consolare il fatto che, nello stesso lasso di tempo, siano diminuiti i poveri tra gli over 65 (da 4,8% a 3,9%). Dal 1995 il divario di ricchezza tra giovani e anziani si è infatti ampliato: la ricchezza media delle famiglie con capofamiglia di 18-34 anni è meno della metà, mentre quella delle famiglie con capofamiglia con almeno 65 anni è aumentata di circa il 60%.

Insomma, par di capire che siamo sempre più poveri. E contrariamente al titolo di un famoso film di qualche anno fa, siamo anche meno belli. Del resto, si sa, la crisi rende tutto più brutto.

Altrove va meglio ? Sembrerebbe di sì.

A livello continentale, si legge nel Rapporto, la riduzione dell’incidenza della povertà economica presso alcuni dei Paesi aderenti all’Unione ha contribuito ad attenuare l’incremento complessivo della povertà economica, con il risultato che in Europa i poveri sono aumentati solamente dell’1,3% dal 2010 al 2015.

Nel nostro Paese, invece l’aumento è stato di notevole entità, addirittura superiore in termini assoluti a quello registrato nell’intera Unione, con un incremento del rischio povertà pari al 17,3% corrispondente ad oltre due milioni e mezzo di persone povere in più.

Nel corso del solo 2016, d’altronde, ben 205.090 persone si sono rivolte ai Centri di ascolto in rete della Caritas: tra questi il 22,7% ha meno di 34 anni.

Ed allora ha perfettamente ragione il segretario della Cei, monsignor Nunzio Galantino, quando parla di una “povertà straordinaria e straordinariamente negativa” che attraversa oggi il nostro Paese.

Una povertà “non tanto fatta di mezzi materiali ma una povertà ancora più grossa, cioè quella di non poter progettare il proprio futuro e crearsi delle alternative a una vita di dipendenza”.

Il punto è proprio questo.

La crisi sta derubando il futuro ai nostri giovani, lasciandoli nel limbo di una incertezza che tende a privarli di ogni dignità.

E la dignità non si misura in percentuali, per cui è fuori luogo esultare ogni volta per uno zero virgola in più del nostro Prodotto interno lordo.

Molti dei nostri giovani hanno ormai uno sguardo disincantato verso un futuro che vedono costellato di incognite e di incertezze e che li porta ad avere quasi uno sguardo nostalgico verso il passato.

Giovani sempre più costretti a misurarsi con molteplici forme di povertà.

Da quella in senso ampio culturale, con i connessi fenomeni di dispersione scolastica, a quella che genera disoccupazione e da cui deriva il problema dei giovani privi di lavoro e fuori dal circuito educati¬vo-formativo. Dalla precaria condizione di vita delle nuove generazioni di stranieri, alle nuove e vecchie forme di dipendenza.

Tutte povertà che svuotano il presente dei nostri giovani e contribuiscono a derubarne il futuro.

Sento discorsi pieni di fiducia sui nostri conti e sullo stato generale dell’economia italiana. Discorsi forse doverosi per chi, essendo classe dirigente, ha anche il compito di instillare un minimo di necessario ottimismo in chi ascolta.

Ma l’occhio continua a cadermi sul Rapporto della Caritas. E molto di questo ottimismo che si prova a spandere sul Paese mi sembra quantomeno esagerato.

Provate a convincermi del contrario, comunque. Provate a convincermi che davvero l’Italia ha svoltato e che il futuro, a partire da quello dei nostri giovani, è assicurato.

Provate a farlo. Ma temo che non ci riuscirete facilmente.



Dino Perrone

Presidente Nazionale ACAI