Riformare la scuola: una vera impresa…

di Dino Perrone

 

Nel nostro Paese la politica dell’istruzione è da sempre terreno di furori ideologici che non contribuiscono a risolvere il problema, drammatico, della carente qualità del sistema scolastico. Ed anche le imprese finiscono con il pagare un prezzo altissimo

Cari associati,
hanno certamente ragione tutti coloro che ritengono che l’istruzione è fondamentale perché vi sia il progresso della società.
Si tratta dello strumento più efficace per spostare le barriere intellettuali e disegnare, quindi, nuove possibilità per tutti. Essa è essenziale per l’apprendimento dei saperi elementari e per la prosperità individuale e collettiva.
L’istruzione, in buona sostanza, rappresenta la premessa e la base per il benessere reale e duraturo di una nazione.
Eppure in Italia assistiamo da anni ad un drammatico declino dell’istruzione sotto il profilo qualitativo. Le statistiche ci dicono che gli studenti italiani sono meno istruiti, meno competenti e meno informati rispetto a venti, trent’anni fa.
Questa condizione cognitiva così catastrofica impone un drastico ripensamento dell’intero sistema educativo.
E’ quanto, in verità, hanno provato a fare con scarsa fortuna i vari governi che si sono succeduti nell’ultimo decennio.
L’unico risultato ottenuto da questi governi è stato infatti quello di suscitare infinite polemiche, agitazioni studentesche, vibrate proteste sindacali, senza riuscire a riformare alcunché di veramente significativo.
La conseguenza è che, come in tanti altri settori del nostro Paese, anche l’istruzione è ingessata, ferma a modelli educativi ormai superati dalle nuove conoscenze e dalle tecnologie.
Si resta così ancorati ad una visione secondo la quale i problemi della scuola siano solo di risorse e di quantità, piuttosto che di qualità.
Il problema vero, invece, riguarda proprio la qualità dell’istruzione che, come detto, nel nostro Paese non sempre raggiunge vette di eccellenza.
Avere più insegnanti, quindi, non ha significato per ciò solo avere più istruzione dal punto di vista qualitativo. Anzi, secondo molti parametri statistici, alla crescita del numero degli insegnanti si è accompagnato un sensibile declino della qualità dell’istruzione.
Come se ne esce ?
Non certo con le barricate, con il muro contro muro. Il nostro Paese, per crescere davvero, ha bisogno di radunarsi attorno ad obiettivi realmente condivisi. E la salvaguardia e lo sviluppo della qualità del sistema scolastico è certamente uno di questi.
E’ pertanto necessario avviare una politica di concertazione e coinvolgimento che abbia come premessa la capacità, da parte di tutti, di liberare il campo dai preconcetti ideologici. Altrimenti avremo a che fare sempre con un sistema scolastico con troppi limiti.
Uno di questi limiti si riverbera in negativo anche sul nostro apparato industriale.
E’ infatti opinione comune che la scuola italiana, oltre ai drammatici limiti formativi cui abbiamo fatto cenno, non riesce ad aver un collegamento efficace con il mondo del lavoro. Non prepara insomma al “dopo”.
Anche su questo aspetto del problema si scontano ritardi e manchevolezze di ogni genere. Occorre intervenire in maniera drastica, predisponendo adeguati corsi di orientamento capaci di indirizzare gli studi verso quei settori che possono assicurare sbocchi occupazionali.
E’ sotto gli occhi di tutti, infatti, la quasi totale assenza di un collegamento realmente organico fra la scuola e le imprese. Ognuno procede per proprio conto, troppo spesso senza incontrarsi. Con il risultato che alle imprese italiane spesso mancano proprio quelle professionalità  che la scuola dovrebbe contribuire a preparare, con ricadute drammatiche sugli stessi livelli di competitività del nostro sistema industriale.
Oggi a stare sulla graticola è l’attuale Ministro della Pubblica Istruzione. Come in passato è capitato ai suoi predecessori. Chiunque tenti di riformare la scuola sembra destinato a non incontrare mai i favori dei diretti interessati, dagli studenti ai docenti ed a tutti coloro che, con diverso ruolo, operano nel sistema educativo e formativo italiano.
Possibile che in tutti questi anni ogni tentativo di riforma sia stato sempre sbagliato? Possibile che la nostra classe politica non abbia mai colto l’essenza vera del problema ? Possibile, insomma, che tutti i governi ed i ministri del ramo che si sono succeduti siano tutti da bocciare ?
Per quanto la politica italiana non faccia mai abbastanza per farsi apprezzare, una bocciatura su tutta la linea ci sembra francamente eccessiva.
Piuttosto, a meritare di essere rimandati almeno agli esami di riparazione dovrebbero essere tutti coloro che, pregiudizialmente, dicono no a qualsiasi riforma, dimenticando di scommettere, una volta tanto, non sulla quantità dell’istruzione ma sulla sua qualità.

Dino Perrone
Presidente nazionale ACAI 

 

Archivio