Conferenza Fiuggi Novembre 2008

Oltre trecento dirigenti nazionali e responsabili provinciali hanno preso parte alla conferenza programmatica ed organizzativa dell’Acai che si è tenuta a Fiuggi dal 7 al 9 novembre 2008.
Si è trattato di un incontro ricco di contenuti che è servito a dettare le linee di intervento della nostra Associazione  per i prossimi anni. E’ stata ribadita, in particolare, l’importanza di una forte presenza associativa sul territorio nazionale attraverso una più avvertita responsabilizzazione di tutte le componenti dell’Acai.
E’ stato inoltre sottolineato come il ruolo dell’Acai in difesa dell’artigianato e dei valori cristiani nel mondo del lavoro rappresenti oggi un punto di riferimento irrinunciabile per ogni seria prospettiva di sviluppo del nostro Paese.
I lavori, aperti dal saluto di Mons. Angelo Casile, direttore dell’ufficio della Pastorale per i problemi sociali e del lavoro della CEI,  sono stati conclusi dal Presidente Nazionale Prof. Dino Perrone con una relazione di cui qui di seguito vi forniamo ampi stralci.

Cari amici,
in questo nostro incontro di Fiuggi ho cercato di sottolineare la necessità di investire la nostra associazione ed i suoi servizi di pensieri lunghi, di progetti.
Di guardare insomma al futuro.
Non credo si tratti di una utopia. Dobbiamo riuscire a farlo.
Ma per farlo occorre che tutti questi pensieri, tutti questi progetti siano sorretti da una analisi costante, approfondita e seria della nostra realtà associativa, altrimenti essi si trasformeranno in vuote proclamazioni retoriche.
L’analisi a cui siamo chiamati non si esaurisce pertanto a Fiuggi. Da qui è solo partita.
Essa deve proseguire nei prossimi mesi, tornando a setacciare i nostri territori di appartenenza, portando il nostro impegno ovunque c’è il lavoro, la libera impresa, ovunque c’è la fatica.
Facendo opera di proselitismo e tesseramento anche in quei settori ed in quegli ambienti meno aperti al nostro messaggio.
Tornando a rispettare la nostra storia che è fatta di sacrificio e solidarietà.
Sacrificio e solidarietà, ripeto.
Ancora oggi, invece, nell’Acai ci sono alcuni che ragionano solo in termini di potere.
Vedete, il potere ha un gusto amaro perché reca in sé sempre il tarlo della solitudine. Esso è uno strumento drammaticamente insufficiente che tuttavia può rivelarsi utile solo se consente di realizzare gli ideali in cui crediamo.
Chi invece insegue il potere trascurando gli ideali, dentro e fuori l’Acai, è destinato a perdere tutto perché perderà se stesso.
Non è il potere, allora, che deve tenerci insieme.
A farci restare uniti deve essere invece la condivisione di un progetto che ha l’ambizione di andare anche oltre il nostro tempo. Un progetto che ci consentirà di mettere le radici nel futuro, anche se questo futuro lo vedranno magari solo i nostri figli.
Come dissi al congresso di Bari, noi uomini siamo cose che transitano in questa vita. A durare nel tempo è solo ciò che abbiamo realizzato.
L’Acai, amici miei, è ciò che abbiamo realizzato, ognuno per la sua parte, ed è ciò che ancora dobbiamo continuare a realizzare.

Sono convinto che una associazione può anche sopportare un periodo di difficoltà e di durezze. Può farsene una ragione. Ma non può vivere, conservare una sua identità, una sua unità morale ed andare avanti senza avere dinanzi a sé una prospettiva e delle mete da raggiungere.
Ecco allora la necessità di far crescere al nostro interno una classe dirigente capace di infondere in tutte le componenti dell’Acai il senso dello stare insieme, indicando una nuova e credibile prospettiva di sviluppo.
A questo siamo chiamati. Ognuno faccia la sua parte. Senza attendersi elogi.
Ricordando anzi il monito di S. Ambrogio: ‘Dobbiamo stare attenti a non prestare ascolto a chi ci vuole adulare, perché lasciarci snervare dall’adulazione non è prova di fortezza, ma di ignavia’.
Andiamo avanti, allora, senza cercare il facile consenso, l’applauso.
Andiamo avanti, avendo a mente che nella dottrina sociale della Chiesa c’è la vocazione ad una socialità avanzata di cui l’Acai deve essere testimone e portatrice.
Una socialità diversa da quella purtroppo in auge, fautrice dei soli diritti individuali.
Una socialità invece di tipo relazionale, che non scollega la libertà dalla responsabilità verso gli altri.
La storia della nostra associazione è imbevuta di questa socialità. E’ la storia di un gruppo di lungimiranti artigiani che oltre mezzo secolo fa compresero che solo mettendosi insieme, unendo le proprie forze, era possibile non disperdere i valori della solidarietà cristiana nel mondo del lavoro. E’ la storia del passaggio dall’io al noi. 
Si tratta di non dimenticarla, questa storia. Si tratta di rivendicarla. Si tratta di continuare a costruirla tutti insieme.
Qualcuno ieri ha detto che la mia è stata una relazione accorata. Io preferisco definirla appassionata e soprattutto non imbevuta di pessimismo.
Se fossi davvero pessimista sulla cose dell’Acai, non vi avrei chiamati qui.
E se voi foste pessimisti sul futuro dell’Acai, qui non sareste venuti.
Io sono ottimista, perché ritengo che non esista ostacolo così grande da impedirci di continuare ad essere quello che siamo. E noi siamo e restiamo l’Acai, con tutto ciò che di buono, di bello e di grande questo significa.

Papa Giovanni, in un famoso e commovente discorso, invitò le persone radunate in Piazza San Pietro a tornare a casa ed a lasciare una carezza sul volto dei propri figli.
Anche voi, carissimi amici, avete un compito bellissimo che vi attende al ritorno a casa. Quello di continuare a lavorare, arricchiti dagli stimoli e dai progetti che sono venuti fuori in questo nostro incontro.
Lavorare con rinnovato entusiasmo. Con tenacia, competenza, dedizione.
E’ questo il vostro modo per lasciare una carezza sul volto della nostra bellissima Acai.

 

Dino Perrone
Presidente nazionale ACAI