Il vero pericolo di questa crisi

di Dino Perrone

 


La ‘stretta’ economica internazionale impone l’adozione di misure adeguate a sostenere i bisogni ed i consumi delle famiglie italiane. Ma non bisogna dimenticare che questa emergenza rischia di mettere in discussione anche altri  valori


Cari associati,
la crisi finanziaria internazionale continua a mordere le caviglie dell’economia mondiale, impedendo in particolare al nostro Paese di imboccare la strada del rilancio della propria competitività.
In questo contesto, praticamente tutti gli analisti sono stati concordi nell’affermare che all’Italia servono misure adeguate a rilanciare anzitutto la domanda interna di consumi attraverso politiche di sostegno al reddito familiare ed alle imprese.
L’attuale esecutivo ha preso atto della situazione e nei giorni scorsi ha presentato il proprio pacchetto anticrisi. Un piano che prevede investimenti per ottanta miliardi di euro, di cui oltre sedici riguardano le infrastrutture.
Di più, ha assicurato il ministro Tremonti, non era possibile fare, a meno di non accumulare altro deficit sulle spalle delle future generazioni.
Si tratta di un piano che, almeno nelle intenzioni, intende anzitutto portare ossigeno alle famiglie. Il Governo, infatti,  farà arrivare a casa un assegno di valore oscillante tra i duecento ed i mille euro per quei nuclei familiari che dichiarano un reddito inferiore a 22mila euro annui, reddito che sale fino a 35mila se tra i componenti c’è un portatore di handicap. Il costo di questo provvedimento si aggira sui 2,4 miliardi di euro.
E’ una misura da accogliere senza alcun dubbio con favore, anche perché dimostra una rinnovata attenzione alle famiglie dopo anni di colpevoli dimenticanze e latitanze. Una attenzione cui certo non è estraneo il peso della componente cattolica dell’attuale maggioranza, la quale si batte giustamente, e da tempo, per la reintroduzione delle ‘quote’, vale a dire di un sistema che determini la tassazione non più su base individuale ma legandola proprio al nucleo familiare.
Questa attenzione alle famiglie è confermata anche dagli interventi in materia di mutui varibili per la prima casa. Per quelli in corso, sarà lo Stato a farsi carico della parte di interesse superiore al 4%. Per i nuovi mutui, invece, le banche dovranno fare riferimento al tasso stabilito dalla Banca Centrale Europea avendo comunque sempre come limite invalicabile il 4%.
Sul versante delle imprese, appaiono di estrema importanza le riduzioni degli acconti di Ires ed Irap, il bonus per i precari che restano senza lavoro nella misura del 5% del reddito percepito l’anno precedente, nonché l’aumento della risorse per gli ammortizzatori sociali che passano da 600 milioni ad un miliardo ed 86 milioni.
Interessante anche la previsione dell’Iva di cassa che, una volta ottenuto il benestare dell’Unione Europea, consentirà di effettuare i relativi versamenti non al momento della fatturazione, come oggi avviene, ma solo nel momento in cui si incassano materialmente i soldi.
Tutte misure che cercano di alleviare il peso di una crisi dagli esiti ancora indefiniti.
Ma da sole, per quanto efficaci, queste misure non bastano.
Ad esse deve accompagnarsi la consapevolezza di dover contrastare il vero pericolo di questa crisi. Un pericolo che si annida non tanto nei numeri, che pure restano drammatici, ma nei comportamenti.
Ed il pericolo vero riguarda l’emergere di un nuovo e più cupo egoismo sociale che, dinanzi alle difficoltà di ciascuno, porta ognuno ad occuparsi solo di se stesso, dimenticando gli altri, disinteressandosene. O addirittura dandogli fuoco, come dimostrano recenti drammatici fatti di cronaca che hanno avuto per vittime i senza fissa dimora, i cosiddetti ‘clochards’.
In tempi di crisi, la sola presenza del ‘diverso’, di chi non ce la fa, rischia di dare fastidio.
E’ già accaduto con l’emigrazione. Può accadere ancora, oggi, fra gli stessi italiani. Può accadere, cioè, che dinanzi a questa emergenza venga messo in discussione il senso stesso dell’appartenenza, dello stare insieme, del far parte di una sola Nazione.
Può accadere, insomma, che ogni singola comunità sociale guardi a ciò che è bene solo per il suo territorio, e che all’interno di questa comunità sociale ogni singola categoria cerchi di salvare se stessa, rinunziando ad occuparsi del bene comune.
Giovanni Paolo II, nella lettera apostolica Novo millennio ineunte, nel ricordare come tanti fratelli bisognosi attendono aiuto, tanti oppressi attendono giustizia, tanti disoccupati attendono lavoro, tanti popoli attendono rispetto, avvertiva che ‘lo scenario della povertà può allargarsi indefinitamente, se aggiungiamo alle vecchie le nuove povertà, che investono spesso anche gli ambienti e le categorie non prive di risorse economiche, ma esposte alla disperazione del non senso, all’emarginazione o alla discriminazione sociale’.
Un allarme oggi più che mai attuale nel nostro Paese. Un allarme che non deve restare inascoltato. Un richiamo ad opporsi all’egoismo.
Questo egoismo si combatte certamente anche con adeguate misure economiche. Ma può definitivamente sradicarsi dalla nostra società solo attraverso i buoni esempi.
Buoni esempi che, in campo politico, vogliono dire semplicemente buona politica.
Tutto questo debbono tenere a mente i responsabili della vita pubblica italiana, nel rispetto dei ruoli di maggioranza ed opposizione.
Perdersi in sterili schematismi, inseguire tatticismi esasperati a vantaggio della propria parte politica, magari in danno dell’interesse generale, è il modo più agevole per favorire la recrudescenza di un nichilismo individuale che segnerà il definitivo declino del nostro Paese. In ambito morale, prima ancora che in ambito economico.

Dino Perrone
Presidente nazionale ACAI 


 


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