LItalia è sempre più vittima del gioco, declinato in molteplici forme. E siamo anche il Paese che, in proporzione al suo Prodotto interno lordo, perde più soldi con le scommesse. Contrastare le forme estreme di ludopatia è ormai una vera e propria necessità sociale
Cè una emergenza, tra le tante che purtroppo attraversano il nostro Paese, che continua ad essere colpevolmente sottovalutata.
A ciò contribuisce anche il rapido ed anche un po insipido declinare dellattuale legislatura che impedisce di approfondire alcuni argomenti che segnano, invece, la cifra etica di una società e meriterebbero di ottenere ben altre attenzioni dal nostro legislatore.
Questa emergenza, non solo sottovalutata ma addirittura troppe volte sottaciuta, riguarda il dilagare sempre meno controllabile del gioco dazzardo.
Non si può più continuare a parlare di una febbre, quella appunto del gioco, ma si deve dire a chiare lettere che siamo dinanzi ad una vera e propria perniciosa malattia che, oltre a cambiare drasticamente il profilo estetico delle nostre città, collocando al posto dei negozi tradizionali sale bingo e rutilanti centri per la raccolta delle scommesse, comincia a comportare anche costi sociali sempre meno sostenibili.
Costi legati non solo alle cure mediche necessarie a contrastare le forme più acute di ludopatia ma anche quelli derivanti dalla diminuzione delle capacità lavorative di quanti non riescono più ad uscire dalla spirale delle scommesse e degli indebitamenti.
Alcune cifre sono realmente da brividi.
Lo scorso anno gli italiani hanno speso nel gioco oltre 96 miliardi di euro, registrando perdite per un ammontare di 19 miliardi e mezzo.
In pratica significa che ogni italiano, nel 2016, ha bruciato in scommesse 132 euro al mese che, secondo gli esperti, rappresentano limporto medio della spesa settimanale per generi essenziali di una famiglia media.
Questo vuol dire che, rispetto a venti anni addietro, cè stata una impennata di giocate addirittura del 668%.
Venti anni nel corso dei quali il gioco dazzardo in Italia è diventato un fenomeno di massa e un affare da quasi 100 miliardi lanno per migliaia di imprese e lavoratori. Ma questi numeri virtuosi non possono celare la drammaticità della questione.
Agli italiani tradizionali risparmiatori sembrano essersi sostituiti gli italiani sempre più accaniti giocatori. Pronti a scommettersi tutto, dallo stipendio e la pensione fino alla casa.
Le cronache sono piene di vicende drammatiche, nelle quali lindebitamento crescente porta allusura e quindi alla criminalità organizzata che, attraverso i canali del gioco di Stato, riciclano denaro sporco, si infiltrano nelleconomia legale, generano corruzione ed incrementano le proprie mire imprenditoriali.
Cosa è successo ? Cosa ci sta succedendo ?
Perché noi italiani affidiamo al gioco, declinato in molteplici forme di azzardo, ben l11% del reddito dichiarato ?
Domande alle quali ha cercato di dare risposta un dossier curato da Claudio Forleo e Giulia Migneco e presentato nelle scorse settimane al Senato dallassociazione Avviso pubblico che raggruppa 370 soci tra Comuni, Città metropolitane, Province e Regioni del nostro Paese.
Una lettura che lascia senza fiato e che dovrebbe indurre appunto il nostro legislatore ad apprestare strumenti normativi più efficaci di quelli attuali per salvaguardare, in particolare, le fasce più esposte ai rischi del gioco dazzardo e che sono rappresentate non solo dai giovanissimi ma anche dai pensionati.
Non è infatti di poco conto la circostanza che, oltre a giocare tanto e troppo spesso anche in modo compulsivo, gli italiani sono anche quelli che perdono più danaro nellazzardo, davanti agli Stati Uniti, al Regno Unito ed alla Spagna.
Una emergenza sulla quale da tempo il mondo dellassociazionismo, in special modo quello di matrice cattolica, ha doverosamente posto lattenzione.
Servono più efficaci politiche sui territori e nelle tante periferie esistenziali delle nostre comunità. Politiche di prevenzione che siano capaci plasmare un nuovo approccio culturale ad un fenomeno che a lungo andare può rappresentare una minaccia per lintera tenuta del Paese, ponendo una seria ipoteca sul futuro delle giovani generazioni.
Non a caso uno studio del Cnr ha accertato che il 42% dei giovani tra i 15 e i 19 anni nel 2015 ha giocato dazzardo. Un potenziale serbatoio di nuovi scommettitori che rischia di smarrire per strada i valori del lavoro e del sacrificio inseguendo, attraverso il gioco, la chimera del guadagno facile e senza sforzo.
Ed allora è arrivato il momento di non voltarsi dallaltra parte.
Si comincia appunto per gioco. Ma si rischia di finire in un incubo senza fine. Un incubo che comporta la perdita della dignità e del lavoro di chi ne è vittima e la rovina di intere famiglie.
Ebbene a questo sedicente gioco non possiamo e non vogliamo prestarci.
Dino Perrone