Se noi per primi non crediamo nella rispresa

________________________________di Dino Perrone

 

La domanda interna continua a non decollare, nonostante il generale miglioramento dell’economia. Un segnale preoccupante della persistente sfiducia sul futuro di un Paese che invecchia e non prepara adeguatamente i giovani alle sfide lavorative

La ripresa della nostra economia, oggettivamente in atto, non ha però ancora bussato alle porte delle case di tutti gli italiani.
Infatti, dopo le positive impennate di maggio e giugno, i consumi interni hanno registrato un drastico calo nel mese di luglio. A conferma della gracilità di quanto messo in piedi faticosamente in questi mesi e del persistente andamento altalenante di una crescita che appare ancora troppo frammentata.
Restiamo un Paese disomogeneo al suo interno e nel quale prevale un atteggiamento di sostanziale prudenza che induce le famiglie a non lanciarsi in spese folli.
Per certi versi è persino inevitabile che sia così.
La crisi è durata infatti troppo a lungo ed ancora non è chiaro se adesso, finalmente, ne stiamo affrontando solamente la coda velenosa. La priorità, per tanti nuclei familiari, rimane dunque quella di rimpinguare i risparmi che sono stati erosi in questi anni e di ripianare i debiti che nel frattempo  si sono accumulati. E’ un po’ come quando, dopo essersi scottati, si ha paura di toccare anche l’acqua fredda.
Ci vorrà del tempo, dicono gli esperti, perché venga rimosso questa specie di blocco psicologico che, pur in presenza di una sostanziale ripresa della nostra economia, induce a procedere sempre con prudenza sul fronte dei consumi. Sarà soprattutto necessario che questa ripresa si stabilizzi e rafforzi e non venga avvertita, invece, come fragile ed ancora modesta.
Ma le nostre imprese hanno a disposizione tutto questo tempo ?
E’ un interrogativo non da poco, vista l’aggressività dei mercati e la persistente lentezza della nostra burocrazia. Aggressività e lentezza che rischiano di costituire una miscela letale per le prospettive di sviluppo del reticolo industriale del Paese.
Da una parte il nostro sistema produttivo deve misurarsi con dinamiche internazionali che aggrediscono, a volte anche con strumenti del tutto impropri, i nostri punti di eccellenza, puntando così ad indebolire il made in Italy attraverso reti protettive difficili da scardinare.
Dall’altro certi persistenti ritualismi di sapore bizantino della macchina burocratica statale rendono oltremodo faticoso il cammino quotidiano di chi invece vuole investire, produrre e creare ricchezza diffusa sul territorio.
E’ ormai chiaro che, sebbene l’export sia e resti un fattore trainante per l’intero sistema, solo il risveglio della domanda interna potrà aprire realmente a nuovi e duraturi scenari. Unicamente in questo modo la ripresa potrà dirsi effettivamente piena ed efficace. E ciò è tanto più drammaticamente vero per una realtà come la nostra, nella quale siamo costretti a fare i conti con una bassa natalità e con un sistema educativo che non riesce a preparare i giovani per le mansioni che richiede il mercato del lavoro.
Ma se noi italiani mostriamo di essere i primi a non credere nella ripresa è ovvio che tutto, ma proprio tutto, è destinato a complicarsi.
E qui, per così, dire, la palla passa nel campo della politica. Una politica a sua volta in forte crisi di identità ed alla ricerca affannosa di una credibilità che sembra smarrirsi ogni giorno di più.
Quali efficaci strategie sono state messe in piedi, in tutti questi anni, per favorire un rilancio della domanda domestica ?
Quali strumenti di sostegno sociale ed economico sono stati realmente adottati in favore delle famiglie ?
Quali agevolazioni alle imprese, in termini di assunzioni ed innovazioni, si sono rivelate davvero praticabili ?
Il discrimine fra buona e cattiva politica, fra capacità di visione progettuale e mero calcolo dei benefici immediati, sta tutto qui.
Ed ora che ci apprestiamo a vivere una lunga, lunghissima stagione di schermaglie dialettiche in vista dei prossimi appuntamenti elettorali, è davvero il caso di tenerlo bene a mente, questo discrimine.

 

 


 

Dino Perrone

Presidente Nazionale ACAI