Le politiche familiari dovrebbero essere una priorità per qualsiasi governo.
Tuttavia non si riesce quasi mai ad uscire dalla mera logica emergenziale, attraverso la destinazione di fondi finalizzati esclusivamente a tamponare le falle esistenti, ma non a costruire qualcosa di duraturo che poggi su fondamenta solide.
La terza Conferenza nazionale sulla famiglia, organizzata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri con il supporto dell’Osservatorio nazionale sulla famiglia e svoltasi nelle scorse settimane a Roma, ha evidenziato appunto questa stortura.
Una stortura ancora più grave in un Paese come il nostro che registra il maggior numero di migranti giovani in Europa, mentre quelli che restano nei nostri confini vivono con i genitori addirittura fino ai 35-40 anni.
Una stortura che ha promesso di provare ad eliminare il ministro dellEconomia Pier Carlo Padoan assicurando di volere che la crescita inclusiva diventi sempre di più un principio guida della politica economica ed annunciando che nel 2017 le risorse complessivamente allocate per la famiglia e le politiche di inclusione sociale sono state 5 miliardi e 50 milioni, mentre nel 2018 verranno stanziati 5 miliardi e 100 milioni.
Un fiume di danaro, dunque, a sostegno dei nuclei familiari.
Ma nel frattempo la realtà quotidiana presenta conti diversi e le famiglie con figli diventano sempre più povere, con il risultato che il nostro Paese sta negando ai giovani il futuro, compresa la possibilità stessa di formarsi a loro volta una famiglia.
Risultano pertanto ancora più impegnative le parole pronunciate, sempre in occasione della Conferenza nazionale, dal premier Gentiloni quando ha riconosciuto che lItalia mantiene coesione e identità grazie alle famiglie, antidoto a isolamento, paura, violenza.
Un pizzico di complementarietà -ha osservato ancora il capo dellesecutivo- è benefico per la nostra società ma abbiamo il dovere, se ne abbiamo la possibilità, di irrobustire le politiche affinché la famiglia non sia costretta ad essere una surroga completa di quello che dovrebbe essere un compito pubblico.
Ed è proprio questo il punto.
Rafforzare le famiglie, incentivare lautonomia dei giovani, conciliare i tempi di vita e di lavoro, promuovere linclusione sociale. Tutti obiettivi annunciati ma clamorosamente falliti in questi anni da un ceto politico che a parole elogia il ruolo ed i meriti della famiglia, ma nei fatti ne mortifica le aspettative e ne ignora le complessità.
Dovrebbe essere chiaro a tutti, ma in primo luogo proprio alla classe politica, che le famiglie chiedono di superare la prospettiva degli interventi emergenziali a favore di interventi strutturali con risorse certe e stabili.
Parimenti chiara dovrebbe essere la necessità di unalleanza fra genitori e sistema scolastico, nonché la creazione di una solida rete tra famiglie attraverso sostegni al reddito e servizi per la prima infanzia.
Al riguardo ha perfettamente ragione don Paolo Gentili, direttore dellUfficio nazionale per la pastorale della famiglia della Cei, quando afferma che non è più possibile accontentarsi delle promesse e che solo se ci sarà un segnale forte fin dalla prossima legge di bilancio, le famiglie potranno riacquistare fiducia nella politica, altrimenti no.
Non è possibile che in Italia la seconda causa di povertà, dopo la perdita del lavoro, è mettere al mondo un figlio. Non è possibile e non è giusto.
Riconoscere alla famiglia il ruolo che le spetta contribuisce ad aumentare la coesione sociale. Una coesione che non passa certo attraverso erogazioni economiche una tantum, bensì mediante interventi strutturali, investimenti veri e stabili perché è sulle famiglie che si gioca il futuro del Paese, la tenuta del welfare e del sistema pensionistico.
Più forte la famiglia, più forte il Paese: il titolo della Conferenza nazionale era particolarmente stimolante. Ma, in assenza di radicali inversioni di rotta, rischia di restare appunto solo un bel titolo da consegnare agli annali.
Perché il Paese, pur tra episodiche fiammate di ottimismo, non vive certo il suo momento migliore e le famiglie, da troppi anni, continuano a passarsela male.
Dino Perrone