Quella povertà invisibile che scuote il nostro Paese

___________________________________di Dino Perrone

 
 
Nel persistente vuoto della politica, cresce il disagio sociale che, secondo una recente indagine dell’Istat, tocca ormai ben otto milioni di cittadini. E’ necessario uno sforzo straordinario per invertire un processo che mina le fondamenta del nostro vivere civile.
 
 
Agosto, si sa, è il mese tradizionalmente dedicato alle vacanze. Il periodo in cui ognuno cerca, in qualche modo, di ‘staccare la spina’, allontanandosi dagli impegni e dagli affanni che lo inseguono per tutto il resto dell’anno.
Tempo di legittime vacanze, quindi. Ma non per tutti, purtroppo.
Secondo l’ultimo rapporto dell’Istat, un milione e 156mila famiglie italiane, vale a dire il 4,6% del totale di quelle residenti, vivono in condizioni di estrema povertà. Ed i componenti di queste famiglie molto probabilmente la vacanza la vedranno solo con il cannocchiale dei desideri irrealizzati.
Il dato licenziato dall’Istat si riferisce al 2010 e spiega altresì che sono considerati ‘assolutamente poveri’ tutti i cittadini che possono affrontare solo una spesa mensile che non supera quella minima necessaria all’acquisto dei beni e dei servizi essenziali.
In questa per nulla comoda situazione versano nel nostro Paese oltre tre milioni di persone, per le quali sostanzialmente non è mai domenica, vale a dire non è mai vacanza.
Ma oltre a queste persone estremamente povere, sempre secondo gli studi dell’Istat, vi è una fascia ancora più larga di soggetti da considerare comunque in difficoltà perché hanno dovuto subire una contrazione del proprio reddito.
Seguendo questo criterio si arriva a considerare povere, nel nostro Paese, oltre otto milioni di persone, vale a dire quasi il 14% della popolazione.
Sono dati su cui riflettere.
La povertà è in aumento e non è certo una semplice ‘sensazione psicologica’.
Aumenta la povertà, magari assumendo forme nuove e poco esibite ma non per questo meno laceranti. Aumenta e lambisce ceti sociali finora rimasti al riparo, dal momento che adesso colpisce in prevalenza le famiglie nelle quali la persona di riferimento è un lavoratore autonomo oppure ha un titolo di studio medio-alto.
A soffrire, come sempre, sono anzitutto le famiglie numerose, quelle composte da cinque o più persone. Ed in testa alla graduatoria del disagio, quasi superfluo sottolinearlo, è sempre il Meridione nel quale ormai quasi una famiglia su due rischia di andare al di sotto della linea di galleggiamento e di annegare nelle difficoltà quotidiane.
A riflettere su questi dati dovrebbe essere la politica, intercettando finalmente anche quel bisogno urgente di moralizzazione che si è espresso in varie forme e nelle più diverse occasioni nel corso di queste ultime settimane.
La politica è chiamata a fornire risposte, a delineare scenari sostenibili per tutti. A suscitare fiducia ed a fornire garanzie. Ma oggi tutto questo non sembra essere realisticamente alla portata di un ceto politico che manifesta pericolosi segnali di smottamento.
Siamo infatti alle prese con una pesante instabilità  del quadro generale, mentre le fibrillazioni che scuotono i partiti rendono ancor più scivoloso il crinale sul quale rischia di incamminarsi l’intero nostro sistema.
La politica oggi appare debole, ostaggio delle sue contraddizioni irrisolte, prigioniera di formule che non appagano i bisogni dei cittadini.
E’ invece necessario un colpo d’ala, uno sforzo di fantasia, uno slancio che al momento tarda colpevolmente ad arrivare con la conseguenza di tenerci inchiodati ad un tasso di crescita talmente esiguo da non creare ricchezza né occupazione.
Al netto di ogni facile pulsione demagogica, hanno ragione quanti sostengono che, quest’anno, la politica non dovrebbe andare in vacanza, mostrando una maggiore sobrietà ed una attenzione ai problemi che non conosca soste.
Perché è proprio vero che, nel vuoto della politica, la povertà aumenta.
Una povertà, ribadisco, che non viene esibita. Che è vissuta quasi in dolorosa solitudine. Ma guai a continuare a non vederla, o peggio ancora a provare a renderla ‘invisibile’, cancellandola di fatto dall’agenda delle emergenze politiche e sociali del nostro Paese.
Proprio perché poco appariscente, questa è una povertà profonda. Una povertà capace di scuotere le fondamenta stesse del nostro vivere civile.
 

 

 


Dino Perrone
Presidente nazionale ACAI 

 

 

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