Alla ricerca di una nuova coesione nazionale

___________________________________di Dino Perrone

 
La rapida approvazione della manovra correttiva dei conti pubblici è un segnale incoraggiante per quanti credono sia possibile che la politica, in Italia,  assuma un profilo alto, dialogante e soprattutto non inutilmente divisivo

L’approvazione parlamentare, in tempi rapidi, della manovra finanziaria contenente le misure anti-crisi rappresenta certamente un segnale confortante per tutti coloro che hanno a cuore lo stato di salute della nostra democrazia.
Pur non nascondendo elementi di insoddisfazione per un intervento legislativo che richiede ancora troppi sacrifici ai ceti medio-bassi e poco prevede in termini di rilancio dell’azione delle imprese, occorre comunque dire che stavolta il ‘sistema’ ha dimostrato di saper reggere in un momento di profonda  crisi.
Una crisi, è bene ricordarlo, che aveva portato la Borsa italiana a bruciare in un solo giorno, in quello che è già passato alla storia come il ‘lunedì nero’ di luglio della nostra economia, la bellezza di quasi sedici milioni di euro.
Con il rischio di default ad un passo, l’Italia ha dimostrato di avere ancora la capacità di rimettersi in piedi. E finalmente ha prevalso, sui piccoli e consueti interessi di bottega politica, un più alto senso dello Stato.
Maggioranza ed opposizioni, anche sotto l’intelligente stimolo del Presidente Napolitano, hanno dimostrato che la politica è ancora in grado, se vuole, di assumere decisioni rapide ed impegnative, esplorando nuovi territori di intesa. Il tutto senza annacquare le differenze ma guardando al più generale interesse del Paese.
Questo, in fondo, è quanto normalmente avviene da sempre in tutte le mature democrazie industriali.
Ma sappiamo bene che ciò che altrove è normale, da noi troppo spesso richiede sforzi eccezionali ed il superamento di lungaggini estenuanti.
E’ questa la nostra anomalia, il limite di fondo che impedisce quel cambio di passo necessario ad agganciare il treno dell’economia internazionale e, prima ancora, a rendere l’Italia davvero capace di affrontare le questioni cruciali del proprio futuro.
Siamo un Paese che tende a rimandare nel tempo le decisioni, in special modo quelle impopolari, un Paese che si avvita troppo frequentemente su se stesso.
Stavolta fortunatamente non è avvenuto. La gravità del momento ha imposto a tutti i protagonisti della scena politica italiana di affidarsi ad un registro diverso, di mostrare un profilo migliore rispetto a quello cui purtroppo siamo abituati e, direi, persino rassegnati.
Le assunzioni di responsabilità che hanno portato al varo della manovra correttiva dei conti pubblici dimostrano che nonostante tutto è ancora possibile costruire un Paese diverso, più dialogante e maturo e non preda di logiche meramente divisive.
Un Paese che dia opportunità e ricchezza, nel quale lo spirito di appartenenza costituisca un motivo di legittimo orgoglio.
Un segnale confortante, come detto, il percorso che ha portato all’approvazione della manovra correttiva..
Ma adesso occorre che seguano altri segnali, parimenti importanti. Occorre cioè che questo ritrovato spirito di coesione nazionale non si disperda rapidamente in mille rivoli, sino a scomparire nuovamente.
Il più impegnativo banco di prova è rappresentato sempre dalle questioni legate alle riforme ed alla mancata crescita della nostra economia.
Un problema strutturale che non può risolversi solo facendo ricorso ad una intelligente azione di risanamento dei conti pubblici che pure c’è stata. Serve anche altro. Serve riequilibrare ciò che oggi è troppo squilibrato, partendo da un più incisivo piano di liberalizzazioni che immetta nuove energie imprenditoriali sul mercato. Solo così è possibile coniugare il pareggio di bilancio con l’obiettivo di una crescita diffusa che dovrebbe stare a cuore all’intera classe politica italiana.
Ed occorre por mano ad una seria riforma fiscale che  riduca in maniera significativa il peso delle tasse che grava  in maniera drammatica sulle imprese e sui lavoratori.
Abbiamo davanti impegni molto difficili che richiedono una più avvertita assunzione di responsabilità. Bisogna allora essere consapevoli che alla politica viene chiesto, oggi più ancora che in passato, di indicare un percorso ben definito e di rappresentare il luogo delle intese più che l’arena degli scontri infiniti.
Sarebbe un bel segnale, non solo per i mercati internazionali, se le forze politiche italiane rafforzassero un più maturo e consapevole senso di coesione nazionale.
Beninteso, in politica è possibile, e certamente è anche lecito, dividersi.
Ma l’interesse nazionale resta sempre la bandiera sotto la quale radunare le migliori energie, competenze ed intelligenze del Paese.
Nel centocinquantenario dell’Unità, questa bandiera deve poter continuare a sventolare ancora a lungo.

 

 


Dino Perrone
Presidente nazionale ACAI 

 

 

Archivio