Stremati, ma non vinti

___________________________________di Dino Perrone

 
 
Le manovre economiche varate questa estate sono destinate ad avere una profonda incidenza negli anni a venire. Bisogna pertanto riflettere sul tipo di Paese che esse contribuiranno a delineare. Senza nascondere i molteplici fattori di perplessità.
 
 
Cosa rimane di questa estate tempestosa che ha scosso i mercati internazionali sin nelle loro più profonde fondamenta ?
Anzitutto resta la constatazione che la materia economica, nel suo complesso, ha assunto ormai un peso preponderante nelle scelte politiche degli Stati nazionali.
E da ciò discende la lezione, a mio avviso preziosissima, che la conseguente debolezza della politica non può che provocare nuovi ordini di problemi.
Tutto questo con buona pace di quanti, magari non del tutto consapevolmente, con i loro comportamenti non fanno altro che alimentare quotidianamente un sentimento di antipolitica che non conduce a nulla di buono, di serio, di costruttivo.
Siamo infatti alle prese con un passaggio epocale.
Hanno perfettamente ragione quegli analisti che sottolineano come mai in passato la recessione economica si fosse tradotta direttamente anche nell’instabilità politica. E’ quanto invece sta avvenendo adesso, con tanti governi europei che si giocano la loro credibilità proprio sul versante delle scelte economiche.
L’Italia è appunto in questa situazione, con una politica che nel suo complesso appare del tutto indifesa rispetto all’andamento, solo in apparenza schizofrenico, della Borsa.
La conseguente progressiva perdita di autonomia del sistema politico, malessere direi non solo italiano e non solo europeo dal momento che si tratta di un virus che sta intaccando persino la prima potenza mondiale, ci rende tutti facile preda di ogni genere di speculazioni.
A tutto ciò occorre reagire rafforzando gli argini delle idealità, non assecondando quella deriva antipolitica cui ho fatto cenno in precedenza e che purtroppo trova sempre nuove sponde.
Per farlo, bisogna che la politica, tutta insieme, mostri il suo lato migliore.
In questo senso confortano le ricorrenti sollecitazioni del Presidente Napolitano, che invita da tempo i partiti ad adottare un atteggiamento maggiormente collaborativo e ad usare un linguaggio di verità.
Collaborare, tutti, nel segno della verità. E’ proprio ciò di cui abbiamo bisogno per riprendere la navigazione in acque meno infide.
Ed allora occorre dire che queste manovre economiche appaiono squilibrate nella misura in cui inaspriscono il carico di sacrifici  senza bilanciarlo con le parimenti necessarie misure di rilancio e di crescita.
E bisogna aggiungere che il supplemento di sacrifici cui siamo chiamati non può continuare a gravare principalmente sui ‘soliti noti’, vale a dire su quella fascia sociale rappresentata in larga misura dal ceto medio e dalle piccole e medie imprese.
La chiave di volta per risanare quanto di guasto e persino, in certi casi, di marcio c’è nel Paese è infatti rappresentata non tanto dall’ulteriore inasprimento del prelievo fiscale, ma dal riuscire finalmente ad intaccare nel profondo il malcostume rappresentato da quanti le tasse non le pagano affatto.
Sul punto fanno riflettere non poco le dure parole pronunziate dal Presidente della Conferenza Episcopale Italiana sui livelli raggiunti dall’evasione fiscale nel nostro Paese.
Cifre indegne di un Paese civile e che gettano un cono d’ombra sul senso civico nazionale. Cifre che bisogna ridurre il più possibile affinché la finanza pubblica, come ci ricorda proprio la Dottrina Sociale della Chiesa, possa proporsi come strumento efficace di sviluppo e solidarietà.
Le manovre economiche varate tra luglio ed agosto molto probabilmente sono destinate a lasciarci stremati. E sia, se necessario.
Ma una cosa è essere stremati. Altra cosa, ben più grave, è essere vinti.
E si diventa vinti quando non si crede più in se stessi. E neppure negli altri. Quando si bada solo a se stessi e non anche agli altri.
Quando gli altri, tutti gli altri, ci diventano estranei e qualche volta persino nemici.
In questo senso l’Italia non vuole scoprirsi una Nazione con i conti in ordine ma vinta nell’animo.
Una Nazione, cioè, incapace di tutelare i diritti dei propri cittadini. Incapace di pensare agli altri, e quindi a se stessa.
E’ allora proprio questa la sfida più importante che, attraverso la necessaria mediazione della politica, noi tutti siamo chiamati a raccogliere. 

 

 


Dino Perrone
Presidente nazionale ACAI 

 

 

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