Quei ragazzi violenti in una società sempre più orfana e infantile

___________________________________di Dino Perrone

 
 
Pestaggi, furti e persino omicidi: sempre più giovani si abbandonano ad atti di violenza mostrando di non tollerare alcuna forma di diversità. Lo racconta un libro che andrebbe adottato nelle scuole superiori del nostro Paese. Per capire ciò che solo in apparenza può risultare incomprensibile.
 
 
C’è un libro essenziale e terribile la cui lettura andrebbe consigliata a tutti gli adulti, ed in particolar modo ai genitori, di questa nostra società sempre più infantile ed orfana.
Un libro che non sarebbe sbagliato diventasse un testo obbligatorio da distribuire nelle scuole superiori italiane.
Si intitola ‘La feroce gioventù’ e lo ha scritto, con stile asciutto ed accurato, Cesare Fiumi, giornalista del Corriere della Sera che da anni è impegnato a radiografare lo stato di malessere della nostra società partendo da storie che, di solito, non vanno oltre lo spazio che i quotidiani dedicano alle ‘brevi di cronaca’.
E’ un libro che parla dei giovani, dei nostri ragazzi, dei nostri figli.
Essenziale e terribile, ripeto, questo libro.
Essenziale perché ci pone davanti al nostro dovere di educatori, sollecitando in noi adulti domande che abbiamo ormai disimparato a formulare. Ad esempio: che genitori siamo diventati ? Quale società stiamo consegnando alle generazioni che ci seguono ? Quali linguaggi dobbiamo decifrare per tornare davvero in contatto con i nostri figli ?
Terribile perché descrive un mondo adolescenziale incapace di scovare valori a cui ancorarsi e pronto a vivere come sgarbo intollerabile qualsiasi forma di rifiuto o di difficoltà relazionale. Sgarbo da punire con la violenza, la sopraffazione, persino l’omicidio.
‘La feroce gioventù’ racconta la deriva comportamentale di una generazione che sembra intenta ad accumulare nuove macerie su quelle che già noi adulti abbiamo messo da parte per loro. A scuola, in famiglia, nella società.
E’ un libro che illustra il generale fallimento educativo del nostro Paese.
Un Paese privo di buoni esempi e di credibili maestri. Per questo appunto orfano ed incattivito. Infantile e feroce verso chi è più indifeso.
Un Paese nel quale è possibile morire anche solo per aver dato una risposta sbagliata nel momento sbagliato. Un Paese dove ci si può accanire senza una plausibile ragione ma semplicemente ‘per noia’ nei confronti di un senzatetto, provando persino a bruciarlo.
Storie giovanili estreme, si potrebbe pensare. Storie invece più diffuse di quanto appaia. Solo che a volte queste storie non arrivano a trovar spazio non solo nella coscienza comune ma neppure nella colonnina delle ‘brevi di cronaca’.
Una cronaca nera, criminale. Una cronaca assurda che rischia di diventare la storia che consegneremo ai nostri nipoti. La storia di un Paese che si è perso immergendosi, poco alla volta, in un gigantesco cono d’ombra che ne ha inghiottito ogni speranza.
Bisogna allora tornare ai fondamentali. Un compito difficile ma ineludibile se vogliamo consegnare un futuro a quanti ci seguiranno nell’avventura della vita.
Tornare ai fondamentali. Riscoprire cioè le fondamenta, gli architravi del vivere civile. Il rispetto, l’educazione, la tolleranza. Il dovere.
Dovere verso se stessi e verso gli altri.
Oggi tutto questo è dimenticato, come se una generale distrazione abbia avvolto i gangli vitali dell’intera nostra società. Una società indaffarata e troppo presa da altre cose per tornare ad occuparsi dell’educazione dei propri figli. Una società che moltiplica il vuoto e che questo vuoto lo vede riempito da esplosioni di ordinaria violenza.
Ha ragione Cesare Fiumi nel sostenere che i nostri giovani ci sono diventati estranei, indecifrabili, quasi alieni.
Ma del resto di cosa meravigliarsi ?
Siamo il Paese in cui un italiano su cinque di età compresa tra i 15 ed i 29 anni non studia né lavora. Il Paese il cui sistema educativo funziona male e provoca ulteriori diseconomie e guasti sociali.  Un Paese che, statistiche alla mano, ha visto quasi raddoppiare negli ultimi dieci anni il numero dei minori entrati in comunità di recupero.
Leggere il libro di Fiumi fa male perché è un pugno in pieno stomaco.
Ma non leggerlo è anche peggio. Sfogliandone le pagine si scopre infatti quanto profonda e sanguinante sia la ferita inferta al corpo sociale del nostro Paese.
Ci sono voluti davvero molti coltelli per infliggere tanto dolore. E serviranno altrettanti gesti riparatori per curare un male che si è così radicalmente diffuso.

 

 


Dino Perrone
Presidente nazionale ACAI 

 

 

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