Aspettando un soprassalto di responsabilità

___________________________________di Dino Perrone

 
Vivere in Italia diventa sempre più complicato. Specie se bisogna fare i conti con un reddito familiare esiguo e con le disattenzioni crescenti della politica. Invertire la rotta, più che un auspicio, è adesso un dovere. Da parte di tutti.
 
 
Aumentano le famiglie a rischio povertà.
L’ennesima conferma di quella che già da tempo era una sensazione diffusa arriva dal rapporto licenziato in queste settimane dal Centro Studi Sintesi di Venezia. Una ricerca elaborata su dati dell’Istat e del Ministero dell’Economia e che fotografa un disagio crescente.
Secondo questo studio, sono ormai un milione e duecentomila, vale a dire il 12,2% del totale, i contribuenti che vivono sotto la soglia media di povertà locale. Soglia che varia da Comune a Comune, dipendendo dai differenti livelli di spesa per consumi delle famiglie e dal numero di percettori di reddito per singolo nucleo, ma che vede praticamente a braccetto capoluoghi di provincia del Sud come del Nord, da Barletta  a Rimini, da Brescia a Crotone.
Il Nord del Paese si sta quindi avvicinando alle aree del Meridione considerate da tempo depresse. E questa, effettivamente, è una sorpresa.
Non esistono più zone esenti da rischi.
Alle tradizionali ‘due Italie’, banalmente descritte l’una come opulenta ed operosa e l’altra come indigente ed assistita, sembra quindi sostituirsi la nuova fotografia di un Paese ormai uniforme e monolitico, tenuto insieme dalla difficoltà di far quadrare il proprio bilancio familiare.
Come è stato possibile tutto questo ?
Ha inciso, ovviamente, l’aumento della disoccupazione, divenuta una costante anche delle regioni settentrionali alle prese con la crisi dei tradizionali distretti produttivi, nonché la minore capacità di spesa degli enti locali.
Come infatti hanno spiegato i responsabili del Centro Studi Sintesi di Venezia, la scelta di delocalizzare da parte dei grandi gruppi industriali ha finito col mettere in ginocchio interi piccoli centri del Nord.
La conseguenza è che, per le famiglie italiane, tagliare indenni il traguardo della fine del mese, senza farsi prendere dall’angoscia delle scadenze da onorare, dai fitti alle utenze, è una impresa sempre più irta di difficoltà.
In tutto questo, quante sono le responsabilità della politica ?
Quella politica che, per richiamare le forti parole di denunzia adoperate dai vertici della Conferenza Episcopale Italiana, ‘è, non raramente, inguardabile, ridotta a litigio perenne, come una recita scontata e, se si può dire, noiosa.’.
Una politica che sempre a giudizio della CEI ‘non prevede assunzioni di responsabilità’ e nella quale ‘gli appelli a concentrarsi sulla dimensione della concretezza, del fare quotidiano, della progettualità, sembrano cadere nel vuoto’.
Ed invece è proprio questo il tempo della responsabilità e della concretezza.
E’ su questo versante che si gioca il futuro di un Paese che sembra non essere più a dimensione di alcuno.
Non è un Paese per giovani, dal momento che vantiamo il triste primato di un tasso di disoccupazione tra i più alti d’Europa e deteniamo il primato della più alta percentuale europea di giovani che non sono in formazione e neppure sul mercato del lavoro.
Non è un Paese per donne, visto che raramente le donne lavorano fuori casa e spesso il posto non lo cercano affatto, con ciò facendo schizzare a quasi il 50% il tasso di inattività femminile.
Neppure può dirsi un Paese per anziani, nonostante circa la metà della spesa sociale sia a loro destinata sotto forma delle pensioni, dal momento che a questa spesso esigua garanzia di reddito non si accompagna una adeguata rete di protezione assistenziale e di cure sanitarie.
Ed allora, per chi è questo Paese ? A misura di chi ?
Speriamo che torni ad essere il Paese per chi ancora, nonostante tutto, ci crede.
Crede nell’Italia, semplicemente. Senza se e senza ma.
Crede nella sua capacità di ripresa, nella possibilità di una inversione di rotta. Soprattutto crede in quella sacrosanta assunzione di responsabilità che deve caratterizzare, per meglio dire qualificare, l’impegno politico.
Non a caso la CEI ha indicato proprio in un ‘soprassalto di responsabilità’ la strada per uscire dall’attuale pantano e per salvare l’Italia dalla crisi in cui versa.
Ma se ci si guarda in giro, anche all’indomani del recente voto amministrativo, non sembrano in tanti a volerla davvero imboccare, questa unica strada maestra.
 

 

 


Dino Perrone
Presidente nazionale ACAI 

 

 

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