Quattro milioni di ragioni per cambiare le cose

________________________________di Dino Perrone

 

Il recente Rapporto della Caritas sulle politiche contro la povertà non può certo far dormire sonni tranquilli al governo Renzi. C’è infatti ancora moltissimo da fare per togliere dall’indigenza tanti italiani il cui futuro non può essere certo contenuto in un tweet

Un pugno allo stomaco.

E’ questa la sensazione che si prova leggendo quanto contenuto nel Rapporto sulle politiche contro la povertà in Italia che la Caritas ha presentato a Roma nelle scorse settimane.

Uno studio che, pur riconoscendo al governo in carica il merito di avere introdotto qualche “avanzamento marginale” nel sostegno al reddito, evidenzia con chiarezza la perdurante assenza nel nostro Paese di una incisiva ed articolata politica in favore delle fasce più deboli.

Un pugno allo stomaco ed un brivido lungo la schiena. Perché queste cifre ci dicono che resta comunque ancora alto il pericolo di esclusione sociale per tanti nostri concittadini, con le conseguenti tensioni che potrebbero scatenarsi.

E’ infatti vero che in Italia la povertà assoluta ha smesso di crescere, stabilizzandosi intorno al 7% della popolazione. Tuttavia dal 2007, cioè dall’ultimo anno precedente l’esplosione della crisi, al 2014 il numero di coloro che vivono situazioni di difficoltà economica è più che raddoppiato, salendo ad oltre quattro milioni di persone.

Ci sono dunque quattro milioni di ragioni per provare a cambiare veramente le cose nel nostro Paese.

Un Paese, come ha appunto sottolineato il Rapporto della Caritas, che sconta la “tradizionale disattenzione della politica italiana nei confronti delle fasce più deboli”.

Del resto, è sempre lo studio della Caritas ad evidenziarlo, condividiamo con la Grecia la peculiarità di essere privi, in ambito europeo, di una vera misura nazionale contro la povertà. Non a caso la percentuale di stanziamenti dedicati alla lotta alla povertà inferiore alla media dei paesi dell’area euro (0,1% rispetto a 0,5% del Pil, l’80% in meno).

Se è questo il quadro, appare evidente che tutti gli interventi messi in campo dal governo Renzi, dal bonus di 80 euro al bonus bebè ed a quello per le famiglie numerose, sono destinati a rappresentare il classico secchiello con il quale si tenta vanamente di svuotare il mare del disagio sociale nel nostro Paese.

E’ stato infatti calcolato che finora solo il 22% dei nuclei poveri ha ottenuto almeno una delle misure sopra elencate. E solo il 5,5% di essi esce dalla povertà per effetto di questi interventi.

Troppo poco. Meglio di niente, certo, ma ancora troppo poco.

C’è ancora tanto da fare, e persino da inventare, per togliere dall’indigenza quei tanti nostri concittadini il cui futuro non può certo essere tutto contenuto in un tweet governativo più o meno entusiasta.

Da qui la necessità di ripensare urgentemente l’intera politica di sostegno sociale. Ci sono appunto più di quattro milioni di ottime ragioni per farlo.

Cominciando magari con affiancare, in maniera meno episodica e scoordinata dell’attuale, la miriade di interventi pubblici dedicati a prestazioni monetarie con quei servizi alla persona che, in questa lunga congiuntura sfavorevole, risultano ampiamente sotto-finanziati.

La povertà, sia essa in termini assoluti che relativi, è comunque uno sfregio sul volto di un Paese che vuole cambiare passo e mettersi in linea con le altre economie europee. La povertà resta una offesa intollerabile per ogni persona.

Ci conforta che dinanzi a questa realtà il ministro del lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, si sia sentito in dovere di assicurare la Caritas che il Governo è “consapevole dell’urgenza di intervenire nel contrasto alla povertà” e che nella prossima legge di stabilità si cercherà di “avviare interventi seri, strutturali e sostenibili che possano segnare un cambio di passo”.

Ci conforta, ma non ci soddisfa appieno.

Troppe volte, in passato, la politica italiana si è limitata a nobili dichiarazioni d’intenti, assumendo impegni mai portati a compimento. Attendiamo allora l’esecutivo alla prova dei fatti. Attendiamo quanto sarà appunto contenuto nella legge di stabilità.

Solo in quella sede potremo verificare se davvero quattro milioni di ragioni siano più che sufficienti per provare a cambiare in meglio le cose. O se invece bisognerà imputare alla politica italiana altri quattro milioni di torti.

 

 

 

 

Dino Perrone

Presidente Nazionale ACAI