La risurrezione di Gesù è come la prima eruzione di un vulcano. Essa mostra che all’interno del mondo già brucia il fuoco di Dio, che ricondurrà ogni cosa nell’ardore della sua luce. (K.Rahner) |
La pandemia che non passa e la sanguinosa e assurda guerra in Ucraina tingono di tristezza i nostri giorni e portano a chiederci: riuscirà quest’anno la Pasqua a far primavera nel cuore dell’uomo? (don Primo Mazzolari)
Come Maria Maddalena (Gv 20, 11-18), con il cuore pieno di angoscia e gli occhi pieni di lacrime, ci rechiamo al sepolcro. Rifiutiamo di pensare che le immagini, che ogni giorno ci raggiungono attraverso i media, siano solo uno spettacolo, per quanto lontano…
La donna del Vangelo va al sepolcro e mostra con il suo pianto inconsolabile che la morte del suo Signore la tocca profondamente, la ferisce in maniera umanamente inguaribile. Il pianto è protesta contro la morte che non dovrebbe esserci, che sconcerta e sconquassa tutti i calcoli e tutte le previsioni, che introduce nel dipanarsi della storia una frattura che rompe continuamente i già precari equilibri di questo mondo.
“Donna, perché piangi? Chi cerchi?”. Con questa domanda Gesù tenta di farsi riconoscere da Maria accecata dalle lacrime. Il dolore ha questo di tremendo: ci toglie la vista, ci impedisce di riconoscere ciò che abbiamo davanti. È proprio al margine di questa cecità interiore che Gesù si avvicina alla Maddalena e cerca di renderla consapevole di quello che sta vivendo. Da un lato ella sa che tutto è finito, ma dall’altro c’è una parte di lei che non riesce a staccarsi da quel sepolcro, come un’ostinata speranza che le grida dentro di non andarsene.
È Gesù a risolvere tutto, e lo fa con una formula semplice, primordiale: la chiama per nome, come a volerla chiamare di nuovo alla vita.
Gesù le disse: “Maria!”. Ella si voltò e gli disse in ebraico: “Rabbunì!” – che significa: “Maestro!.
Chi è Cristo? È Colui che ci ricorda il nostro nome quando la vita o il dolore che sperimentiamo ce l’hanno fatto dimenticare. Egli è Colui che ridà nuova vita quando tutto sembra perduto. Egli è la risposta a quella speranza che sa sperare contro ogni evidenza. È la voce che ci chiama in tutte le circostanze della vita in cui possiamo leggere un segno, un tocco dello splendore del Cristo risorto.
Ogni incontro di vera gratuità, ogni impegno a favore degli altri, ogni gesto di autentica fraternità, come ogni ascolto della parola di Dio in profondità è un segno che ci fa fremere interiormente di gioia e di speranza e lascia trasparire la presenza di Colui che è risorto da morte e ci chiama per nome. Compiere questi gesti, collegarli e interpretarli alla luce della Pasqua è il compito affidato a ciascuno di noi, consapevoli che essi sono già una fiammella di quel vulcano che arde sotto le apparenze di questo mondo.
Desidero che il mio augurio arrivi a ciascuno di voi con una stretta di mano, con uno sguardo profondo, con un sorriso senza parole, dicendovi semplicemente: Coraggio. Il Signore è risorto! È risorto per dirci che, di fronte a chi decide di amare, di seminare gesti di fraternità…, non c’è morte che tenga, non c’è tomba che si chiuda, non c’è macigno che non rotoli via. Egli è veramente risorto e continuamente risorge in ogni svolta della nostra vita. Risorga il nostro nome nella Sua voce e il Suo nome nella nostra speranza!
Auguri !
don Antonio
Consulente ecclesiastico nazionale