L’ora della responsabilità sociale

di Dino Perrone

 

Secondo il Fondo monetario internazionale, l’attuale crisi economica mette a rischio, in tutto il mondo, 51 milioni di posti di lavoro. Dinanzi a questo dato terrificante occorre superare ogni egoismo, facendo tesoro degli errori commessi

 

Cari associati,
l’attuale crisi economica internazionale assomiglia al fumo.
Come il fumo, infatti, è difficile da circoscrivere perché si insinua in tutti gli ambienti, rischiando di intossicarli in modo irreparabile.
Inoltre, proprio come il fumo, questa crisi segnala il divampare di un incendio che minaccia di travolgere tutti i mercati.
L’eloquenza delle cifre, a volte, ammutolisce. Secondo l’International Labour Organization, l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa dei problemi dell’occupazione, sono a rischio in tutto il mondo 51 milioni di posti di lavoro.
Un numero terrificante. Significa avere una intera popolazione di disoccupati poco più piccola dell’Italia.
Il Fondo monetario internazionale ritiene che questa sia la crisi peggiore degli ultimi sessanta anni e che possa portare ad un arresto sostanziale dell’intera economia mondiale.
Inoltre, secondo molti analisti, le manovre di stabilizzazione del debito messe in atto dai vari Paesi potrebbero fare esplodere il deficit pubblico. Per quanto riguarda in particolare l’Italia, si prevede che la recessione ci accompagnerà sino al 2010.
Insomma, questo fumo rischia di toglierci il respiro prima ancora che le fiamme ci avvolgano.
Uno scenario cupo, nel quale tutti sono chiamati a precise assunzioni di responsabilità.
In questa ottica è destinato ad aumentare il ruolo della comunità internazionale, dal momento che gli attori statali sono destinati a perdere la loro centralità. Da anni ormai stiamo assistendo ad un crescente condizionamento dei mercati internazionali dei capitali nelle scelte dei singoli Paesi. E’ forse l’inevitabile portato, questo, di una economia sempre più globale.
Ma quanto più il sistema economico e finanziario mondiale raggiunge livelli di estrema complessità organizzativa e funzionale, tanto più è necessaria una regolamentazione di questi processi che, nell’ottica di una associazione di ispirazione cristiana come la nostra Acai, deve essere finalizzata al conseguimento del bene comune.
La Chiesa da tempo avverte come sia indispensabile introdurre un quadro normativo internazionale che consenta di tutelare la stabilità del sistema economico e finanziario in tutte le sue complesse articolazioni.
Invece è mancato proprio questo sforzo, da parte di tutti. Delle autorità nazionali come delle istituzioni internazionali.
Le conseguenze, oggi, sono sotto gli occhi di tutti. Una sostanziale mancanza di regole ci ha condotti nell’anticamera della sopraffazione.
Ma sarebbe ancora più grave, ora che la crisi rischia di mostrare la sua faccia più feroce, subire passivamente i cambiamenti in atto. L’esito sarebbe infatti drammatico, specialmente per quei Paesi che hanno scarso peso sul mercato internazionale e che necessitano di maggiore sostegno per il loro sviluppo.
Tutti siamo chiamati, quindi, ad un severo esercizio di responsabilità. Esercizio che, per quanto riguarda il mondo a noi più vicino, quello artigiano, non ci spaventa.
Nel divampare di questa crisi, infatti, agli artigiani non si può proprio rimproverare nulla.
L’artigianato ha sempre avuto una consapevolezza matura del proprio ruolo sociale.
Nonostante normative anche fiscali non certo ‘premiali’, infatti, il nostro settore ha continuato a lavorare con lo stesso alto senso di responsabilità, nella cristiana consapevolezza che la ricchezza esiste per essere condivisa e realizza la sua funzione di servizio all’uomo solamente quando è destinata a produrre benefici per gli altri e per la società.
Chiederci oggi ulteriori sacrifici, quindi, non ci preoccupa. Ad inquietarci, semmai, è il tentativo di rendere indistinte le responsabilità di tutti gli attori, politici ed economici, di questa crisi. Esiste invece una graduazione di responsabilità e di errori commessi che non può essere ignorata né sottaciuta.
Tuttavia adesso è il momento di rimboccarsi le maniche e di remare, tutti, nella stessa direzione.
Per questo dalle istituzioni politiche ed economiche, nazionali e sovrastatali, ci attendiamo non tanto una sterile e generica assunzione di colpa per quanto avvenuto, quanto piuttosto l’impegno a porre finalmente in essere quei correttivi che, se repentinamente adottati in passato, avrebbero evitato gli attuali problemi.

Dino Perrone
Presidente nazionale ACAI 

 

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