Investire sulla ricerca, investire sul futuro

di Dino Perrone

 

Se l’Italia vuole continuare a competere ad armi pari in un mercato sempre più globale e nello stesso tempo sempre più frammentato, occorre destinare alla ricerca fondi adeguati. Tornando a premiare il merito

Cari associati,
può definirsi all’avanguardia un Paese, come il nostro, che è capace di destinare alla ricerca poco più dell’1% del suo prodotto interno lordo ? Ritengo proprio di no.
Inutile, addirittura doloroso fare paragoni con altre realtà. Ne usciamo, sempre e comunque, con le ossa rotte.
Lasciamo perdere gli Stati Uniti, anche in questo campo praticamente irraggiungibili. Non calcoliamo neppure la non certo lontanissima Svezia che ha come obiettivo di arrivare al 4% del Pil. Fingiamo persino di ritenere irrealistico che l’Unione Europea, nel suo insieme, entro il 2010, vale a dire tra meno di due anni, arrivi alla soglia del 3%.
Ebbene in ogni caso, vale a dire pur chiudendo gli occhi fingendo di non vedere tutto quanto di positivo accade oltre le nostre frontiere, rimane il fatto che destinare alla ricerca poco più di un centesimo del prodotto interno lordo non induce certo a creare un clima di generale fiducia.
Fiducia non solo nelle capacità di ripresa del nostro Paese, ma anche nella possibilità di contrastare il trend che vede ormai da anni i nostri migliori cervelli andare all’estero per avere la possibilità di fare ricerca con maggiori mezzi ed attenzioni.
Se l’Italia vuole continuare a competere ad armi pari in un mercato sempre più globale e nello stesso tempo sempre più frammentato, occorre destinare alla ricerca fondi adeguati.
Non ci sono vie di fuga, non esistono scorciatoie. La realtà è questa.
Ed è una realtà che bussa ancora con più urgenza alle nostre porte, proprio in un periodo di crisi come l’attuale, in cui appare invece forte la tentazione di tagliare ulteriormente i fondi alla ricerca per reperire risorse da impegnare in altri settori.
Senza investimenti adeguati nella ricerca, invece, non c’è futuro per il nostro Paese.
Da tempo l’Acai è impegnata su questo fronte, sollecitando nelle sedi competenti una serie di interventi e strategie che consentano al nostro tessuto industriale e produttivo di affacciarsi sul proscenio internazionale con le carte in regola.
Interventi e strategie che, a mio parere, passano attraverso la riscoperta della meritocrazia.
Uno scellerato quanto velleitario egualitarismo, che non ha significato affatto garantire uguali possibilità per tutti, ha finito con l’appiattire il merito, togliendo stimoli intellettuali anzitutto ai giovani che oggi non hanno più la certezza di venire premiati per le loro effettive capacità e non, piuttosto, per la loro rete di rapporti familiari e parentali.
Bisogna lavorare, ed a fondo, su questo aspetto. A partire dalla scuola per finire nei laboratori, nelle imprese, nelle fabbriche.
E bisogna evitare la frammentazione delle risorse attualmente a disposizione. Ci sono forme di sterile localismo, anche in ambito scientifico, che debbono essere superate. Bisogna affermare il principio della necessaria collaborazione fra tutti gli istituti di formazione presenti nel Paese.
In questa ottica credo si debba registrare con piacere l’invito rivolto dal ministro Maria Stella Gelmini ad una maggiore collaborazione fra le istituzioni universitarie italiane. L’assenza di collaborazione, ha giustamente sottolineato il ministro, significa anche assenza di strategia che finisce con il penalizzare il nostro Paese proprio sul piano della concorrenza internazionale.

Il ministro ha anche assunto l’impegno di portare al 2% la quota di investimenti dedicati alla ricerca nel nostro Paese. Certo, si tratta pur sempre di una percentuale al di sotto delle aspettative di tanti scienziati e ricercatori che intendono proseguire il loro lavoro in Italia. Ma se questo impegno saprà tradursi in realtà, si potranno aprire porte che oggi risultano ferocemente sbarrate.
Tuttavia non bisogna nascondersi che fare ricerca implica scelte non solo meramente politiche, ma anche etiche.
La Chiesa ci ricorda come punto di riferimento centrale per ogni applicazione scientifica e tecnica debba essere il rispetto dell’uomo e della natura. Questo è il limite invalicabile per ogni tipo di ricerca. Oltre questo limite si arriva alla manipolazione, alla violenza verso le cose e verso l’uomo. Oltre questo limite non vi è ricerca, ma sopraffazione.
E di questo tipo di ricerca, francamente, ne facciamo volentieri a meno.

Dino Perrone
Presidente nazionale ACAI 

 

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