La nuova economia deve ripartire dai valori

___________________________________di Dino Perrone

 

La responsabilità sociale delle imprese è al centro di un dibattito a più voci. Segno, questo, di una mutata sensibilità nei riguardi di chi, oggi, è chiamato a perseguire non solo il mero profitto aziendale ma a ricoprire un ruolo sempre più sociale


I temi dell’etica e della sostenibilità dell’agire delle imprese continuano ad essere al centro di una riflessione a più voci che da qualche tempo occupa anche le prime pagine dei giornali.
Pure in queste settimane, dal presidente di Confindustria ad illustri esponenti del mondo politico e della gerarchia vaticana, ognuno ha portato il proprio contributo ad un dibattito che dice molto sulla tenuta morale del nostro Paese.
E’ giusto che sia così.
E’ cioè giusto che resti alta l’attenzione sulla responsabilità sociale delle imprese, argomento che invece in passato, e per troppi anni, è stato relegato sullo sfondo, frettolosamente sacrificato sull’altare di altri interessi.
E’ giusto, soprattutto, continuare ad interrogarsi sul profilo attuale dell’agire imprenditoriale, così come emerge dai flutti di una crisi economica la cui onda lunga continua ad abbattersi, spesso in modo dirompente, sugli assetti sociali dell’Italia.
Oggi la figura dell’imprenditore è cambiata.
Sotto la lente d’ingrandimento non vi è solo la sua statura aziendale e professionale ma anche la sua capacità di rendersi attore dei fenomeni sociali in atto.
In passato all’imprenditore era chiesto essenzialmente solo di far prosperare la sua azienda, in modo da garantire un benessere a cascata per la circostante realtà. Oggi invece gli viene richiesta una più diffusa attenzione, una sensibilità più avvertita rispetto a tematiche solo all’apparenza estranee all’economia.
Oggi insomma l’imprenditore è un soggetto sociale, prima ancora che economico. E le sue scelte economiche, pensiamo ad esempio in materia di delocalizzazioni, vengono giudicate anche per gli effetti sociali che determinano.
Qualsiasi decisione strategica o finanziaria, di acquisto o di vendita, di ridimensionamento o di chiusura degli impianti, deve quindi essere assunta attraverso criteri che non siano più esclusivamente di natura economica o commerciale, ma che abbraccino anche profili in senso ampio etici e culturali.
Per quanto riguarda la nostra associazione, credo che su questa materia nessuno possa imputarci qualche reato di omissione.
Nel corso di questi anni infatti, anche attraverso una fitta rete di convegni e manifestazioni in tutta Italia, l’Acai ha sempre tenuto viva l’attenzione su questo argomento, richiamando anzitutto i fondamenti della dottrina sociale della Chiesa ed invitando i vari attori presenti sulla scena italiana ad assumere decisioni, e prima ancora comportamenti, coerenti con una visione della società che assuma come fondamentale la centralità della persona e dei suoi valori.
L’obiettivo da perseguire con costante determinazione, come rammenta l’enciclica Centesimus annus di Giovanni Paolo II, è quello di un giusto equilibrio tra libertà privata ed azione pubblica, intesa quest’ultima sia come intervento diretto che come attività di sostegno allo sviluppo economico.
In una economia sempre più globalizzata sono destinate ad aumentare le responsabilità delle imprese. Certo è illusorio ritenere che le aziende siano in grado di risolvere tutti i problemi della società. Illusorio e persino ingiusto.
Ma è doveroso, da parte di ogni singola azienda, impedire che questi problemi aumentino.
Ed allora la giusta etica del profitto, che misura le capacità delle imprese di gestire le proprie risorse, deve essere un parametro sempre più temperato dall’attenzione alla responsabilità sociale dell’agire imprenditoriale. Il valore economico deve quindi coniugarsi con altri valori. Valori preesistenti, valori non negoziabili.
La dottrina sociale della Chiesa ci dice appunto questo. Benedetto XVI lo ha ribadito con forza nella sua enciclica Caritas in Veritate. Non c’è altra strada. Soprattutto non ci sono scorciatoie.
La costruzione di una nuova economia, più sensibile ai bisogni ed alle aspettative di ognuno, deve quindi fondarsi su pietre angolari rappresentate dai valori.
Solo in questo modo è possibile evitare la contrapposizione, che certi spregiudicati comportamenti fanno periodicamente emergere, tra l’agire economico ed il bene delle persone.

 

 


Dino Perrone
Presidente nazionale ACAI 

 

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