Il lavoro continua a mancare mentre “loro” pensano solo a litigare

___________________________________di Dino Perrone

 

 

Il clima da rissa permanente che pervade il sistema politico italiano allontana, in maniera drammatica, la soluzione dei problemi. A cominciare da quelli legati alla scarsa occupazione
 

‘Le difficili o precarie condizioni del lavoro rendono difficili e precarie le condizioni della società stessa’, dal momento che il lavoro è ‘un elemento fondamentale sia della persona umana che della società’.
Queste parole le ha pronunciate nelle scorse settimane Benedetto XVI incontrando in Vaticano ottomila pellegrini della diocesi di Terni.
Parole essenziali quanto indispensabili. Essenziali perché lontane da ogni orpello retorico, indispensabili perché richiamano tutti ad un più alto senso del dovere in un tempo come questo votato ad uno sguaiato disimpegno.
Parole anche illuminanti e severe.
Si tratta infatti di concetti che riassumono alla perfezione l’attenzione che il Santo Padre, pur nella visione universale del suo magistero, continua a dedicare in particolare alle vicende sociali dell’Italia.
Una attenzione che, purtroppo, non sempre trova analogo riscontro nell’agire quotidiano delle classi dirigenti del nostro Paese, impigliate in estenuanti polemiche che non colgono quasi mai l’essenza vera dei problemi che abbiamo innanzi.
E molta di questa essenza è costituita proprio dall’emergenza lavoro che reca con sé il tarlo di una disoccupazione capace di minare le fondamenta stesse della nostra società.
Il lavoro è infatti la prima, e purtroppo anche la più costante e duratura, fra le molteplici emergenze italiane.
E’ difficile trovarlo, il lavoro. Comincia ad essere difficile anche conservarlo. Rischia di risultare persino impossibile ritrovarlo, dopo averlo perso.
Questa emergenza dovrebbe indurre la nostra classe politica a metter in campo ogni energia, ogni sforzo propositivo per restituire centralità ad un tema ormai ‘antico’ che, al di là delle ricorrenti quanto vuotamente reboanti assunzioni di impegni, nei fatti è scivolato ai margini dell’attenzione generale.
Finora ciò non è avvenuto.
Ed allora, in special modo per una associazione di ispirazione cristiana come l’Acai, appare doveroso segnalare il disagio crescente di settori sempre più larghi della società italiana che si riconoscono sempre meno nel quotidiano vissuto delle vicende politiche del Paese.
Il rischio, evidenziato in queste settimane anche dal Cardinale Bagnasco, è che possa sfaldarsi la stessa ragione della coesione sociale.
Sotto questo profilo gli esempi, devastanti dal punto di vista della tenuta morale generale, sono purtroppo sempre più frequenti.
Lo spettacolo indecoroso andato in scena a Roma, dentro e fuori Montecitorio, nell’ultima settimana dello scorso marzo, con opposte ‘tifoserie’ politiche pronte ad offrire il peggio di sé in favore di telecamera, è quanto di più lontano possa esserci dai concetti di una democrazia realmente ‘matura’ e realmente ‘partecipata’.
La voglia di buttarla sempre e comunque in rissa, il tentativo sistematico di demolire l’avversario, di delegittimarne il ruolo allo scopo fin troppo esplicitato di a farlo sparire dall’orizzonte politico, sono tutti sintomi di un malessere che  dovrebbe inquietare quanti hanno a cuore le sorti del nostro Paese.
Bisognerebbe cominciare ad avere la consapevolezza che in questo gioco al massacro, nel quale nessuno è del tutto esente da colpe, è difficile alla fine individuare un vero vincitore. Molto più facile, sin d’ora, indicare il soggetto perdente.
E questo soggetto perdente è proprio l’Italia, con il suo carico di problemi irrisolti. A cominciare, ripeto, dall’emergenza più antica: quella del lavoro.
Del resto, chi è impegnato a demolire non può avere alcun interesse a costruire. E sulle macerie, morali e materiali, non si costruisce nulla di solido.
Meno che mai il futuro per le nuove generazioni.
 


Dino Perrone
Presidente nazionale ACAI 

 

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