Ero forestiero e mi avete ospitato…

___________________________________di Dino Perrone

 

Il Vangelo di Matteo ci ricorda il dovere che abbiamo di mostrare accoglienza nei confronti di quanti si trovano in una condizione di bisogno. Un passo di grande attualità  in queste settimane di sbarchi e flussi migratori

Tempo di Pasqua, tempo di riflessione. E di rinnovamento.
Riflettere, rinnovarsi. Verbi tanto poco coniugati, invece, in questo presente indistinto. Un presente nel quale la progressiva abitudine alle tragedie, individuali e collettive, ha come avvolto i nostri occhi in un freddo glaucoma che ci impedisce di mettere a fuoco i colori, le storie, le vite.
Questo glaucoma ci sta rendendo inesorabilmente ciechi facendoci smarrire la strada capace di condurci a riascoltare il battito del nostro cuore.
Così non abbiamo più tempo per riflettere, per fermarci ad osservare i tanti guasti che si stanno producendo nel nostro tessuto sociale.
Né abbiamo voglia di porci qualche essenziale domanda.
Ad esempio. Siamo in grado, oggi, di riconoscere Cristo ?
Nei giorni scorsi Francesco Belletti sul quotidiano ‘Avvenire’ ha scritto:’Affermiamo la fede a parole, ma davanti agli eventi tragici e faticosi, non riusciamo a capire che la potenza di Cristo può salvare tutto, anche ciò che sembra irreparabilmente perduto’.
In queste settimane abbiamo invece ascoltato le parole fin troppo in libertà di quanti vorrebbero ridurre i flussi migratori che stanno investendo il nostro Paese ad un mero problema di gestione dell’ordine pubblico, magari da risolvere con qualche maniera forte.
In tanti hanno provato a comprimere la complessità di questo problema ad una mera contrapposizione ideologica, derubricandolo a schermaglia politica. In tal modo si è cercato una scorciatoia che ci ha allontanato drammaticamente da ogni discorso ‘concreto’.
Eppure, per quanto possa sembrare strano a qualcuno, non è solo a Montecitorio che si decide la Storia.
Dovremmo infatti rammentarci che semplicemente non siamo l’ombelico del mondo.
C’è una umanità dolente, in fuga dalla guerra o dal bisogno, che bussa alle nostre porte. Che affronta il mare aperto su imbarcazioni di fortuna per poi annegare, come accaduto a Pantelleria, in neppure un metro d’acqua.
Dinanzi a tutto questo che facciamo ?
Cominciamo a mollare qualche ceffone, o peggio ancora a caricare i nostri fucili ?
Non credo sia la soluzione giusta, né tantomeno quella migliore.
E’ invece sempre possibile un soprassalto di dignità. E prima ancora di semplice umanità.
Ci piace riconoscerci, allora, nel coraggio di quel carabiniere che, come altri suoi colleghi, si è tuffato con la divisa addosso ed ha strappato alle onde quel bambino che stava perdendo l’unica cosa che gli era rimasta. La vita.
E ritorna, allora, quella domanda essenziale.
Siamo ancora in grado, oggi, di riconoscere Cristo ?
‘Ospitare i migranti è un gesto spontaneo e naturale, soprattutto per chi si professa cristiano’, ha opportunamente ricordato l’arcivescovo di Perugia, monsignor Bassetti.
Questa naturalezza, questa spontaneità stanno purtroppo venendo meno, annegate anch’esse in un mare di crescente egoismo le cui onde vengono ingrossate da una istituzione europea che finora si è mostrata incerta e deludente.
Ha ragione il Cardinale Bagnasco a sostenere la necessità di costituire una voce unitaria. E questo non per il bene dell’Italia e la credibilità dell’Europa, ma proprio per tutte quelle persone che in condizioni disperate arrivano sulle nostre coste.


Lampedusa, Manduria, Pantelleria allora non sono solo luoghi geografici. Sono il banco di prova della nostra capacità di continuare a sentirci uomini, di avere rispetto per la condizione umana. Di provare compassione ed amore per gli altri.
E quindi per noi stessi.
Né può valere in assoluto l’obiezione che il nostro piccolo ombelico non può contenere l’intero mondo ed è quindi necessaria, e prima ancora inevitabile, una politica di respingimenti. Non si può respingere chi chiede aiuto. Bisogna prima aiutarlo, soccorrerlo, ascoltarlo.
E questo anche il modo migliore per mettere in pratica, proprio in questo periodo pasquale, il passo del Vangelo di Matteo: ‘Ero forestiero e mi avete ospitato’.
Forse in troppi lo hanno dimenticato.

 

 


Dino Perrone
Presidente nazionale ACAI 

 

 

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