Vicini alle imprese, vicini al Paese

Sono passati poco più di due mesi dalla celebrazione del nostro congresso nazionale.

Due mesi veloci come un lampo e duri come pietra.

L’Acai ha dovuto congedarsi, non senza profonda emozione, dalla più che ventennale esperienza di Dino Perrone alla guida dell’associazione. Un Presidente che non verrà mai dimenticato ed il cui insegnamento è un lascito prezioso per ciascun nostro dirigente.

E l’Acai ha dovuto congedarsi da questa irripetibile esperienza nella consapevolezza che i precedenti parametri, incarnati appunto dalla gigantesca statura dello scomparso Presidente, non possono più essere gli stessi. Sono cambiati gli uomini, ma anche i tempi e le circostanze.

Come l’Italia, anche la nostra associazione è ora ad un bivio. Deve in qualche misura reinventarsi per restare in sintonia con le esigenze del Paese, proprio all’immediata vigilia dell’enorme flusso di risorse rappresentato dal PNRR.

Un Piano che ha come principali beneficiari le donne, i giovani e il Mezzogiorno, a cui intende garantire formazione e nuove tecnologie, impiegando, fino al 2026, oltre 235 miliardi di Euro e che include un pacchetto di riforme che tocca gli ambiti della pubblica amministrazione, della giustizia, della semplificazione normativa e della concorrenza.

Dico subito che la nuova dirigenza dell’Acai, scaturita dal congresso di Paestum, vuole essere protagonista, e non passiva spettatrice, delle scelte che verranno fatte, tentando se possibile di indirizzarle verso una visione della società italiana che abbia al centro i diritti delle persone e non si pieghi ad una visione meccanicistica dell’economia basata esclusivamente sul profitto immediato.

Avendo come ineludibile riferimento la dottrina sociale della Chiesa, la nostra associazione non può che essere particolarmente attenta nel valutare le ricadute ed i contraccolpi che le decisioni in materia di allocazione delle risorse europee che sarà chiamato ad assumere l’esecutivo guidato da Mario Draghi avranno sulla vita quotidiana delle persone e delle imprese, in special modo quelle medio piccole del comparto artigiano.

In questa ottica si spiegano le interlocuzioni, sempre più articolate, che l’intera Acai sta tessendo oramai da settimane con alcuni fra i più autorevoli protagonisti della scena politica italiana ed europea, ottenendo attenzione e riscontri più che lusinghieri.

Incontri che servono all’Acai per capire, ma anche per farsi capire. Per ribadire cioè la propria centralità nel variegato mondo dell’associazionismo di categoria, provando se possibile a suggerire una particolare agenda valoriale sulla quale far convergere idee anche diverse.

In questi tempi straordinariamente nuovi e difficili, per l’Italia intera come per la nostra associazione, non possono esserci spazi per divisioni strumentali e tatticismi di corto respiro. Si tratta, per l’Italia come per l’Acai, di avere una idea di Paese che vada oltre le contingenze e ponga le premesse per un futuro che sia all’insegna dello sviluppo e della solidarietà sociale.

Essere vicini alle imprese oggi vuol dire essere vicini al Paese.

Come sottolineato nel documento elaborato in chiusura del congresso che ha eletto l’attuale dirigenza dell’Acai, “imprese più solide da un punto di vista finanziario, più strutturate in termini organizzativi e più innovative in termini di evoluzione dei processi, potranno fare la propria parte in tema di incremento occupazionale e acquisizione di nuove fasce di mercato”.

Il tutto mediante una visione inclusiva e partecipativa che non ammette scorciatoie egoistiche. E’ in questa consapevolezza sta il senso più profondo di quella “prossimità” che deve sempre più caratterizzare, a partire da oggi, la nostra associazione.