Un Piano per il Sud, ma il Sud perché continua ad andare piano?

___________________________________di Dino Perrone

 
Quasi cento miliardi per ridisegnare il volto del Mezzogiorno. E’ l’impegno assunto dal Governo che ha dato il via libera ai decreti che finanziano nuovi interventi e sbloccano fondi dispersi in mille rivoli. Ma quello del Meridione è solo un problema economico ?

Il Piano di aiuti economici per il Sud, varato nel Consiglio dei Ministri dello scorso 26 novembre per un importo di quasi cento miliardi, certamente non rappresenta una novità per le vicende politiche italiane.
Già tante volte, in passato, i vari esecutivi nazionali hanno assunto impegni per il riscatto del Meridione facendo ricorso a dosi più o meno massicce di finanziamenti. Come se quello del persistente mancato sviluppo di metà del nostro Paese, a 150 anni dall’Unità, fosse stato ed ancora sia esclusivamente un problema di scarsità di flussi economici, e non invece qualcosa di ben più articolato e complesso.
E’ forse proprio questa la ragione di tanta cautela, ed altrettanto scarso entusiasmo, che finora hanno accompagnato l’iniziativa del Governo sia negli ambienti sindacali che della Confindustria.
Non si è andati, infatti, oltre un generico apprezzamento per uno sforzo che, specie in questo periodo di crisi, è comunque oggettivamente piuttosto impegnativo, mentre ovviamente dal fronte delle opposizioni si è liquidato il tutto alla voce ‘propaganda’.
Quasi cento miliardi, di cui venti in programmazione ed il resto recuperando quelli non ancora spesi o bloccati in mille rivoli.
Il Piano, per come è stato annunziato, identifica le grandi priorità su cui misurare, in un’ottica pluriennale, i progressi strutturali di miglioramento delle condizioni del Mezzogiorno.
Alcune di queste priorità sono di immediata percezione per il comune cittadino e riguardano il potenziamento delle infrastrutture, l’ambiente, i beni pubblici, la stessa edilizia scolastica.
Altre vogliono incidere più nel profondo ed attengono in particolare alle competenze, all’istruzione ed all’innovazione, alla ricerca ed alla competitività.
Altre ancora guardano alla sicurezza ed alla legalità, alla certezza dei diritti e delle regole, ad una pubblica amministrazione più trasparente ed efficiente.
Dall’insieme di tutte queste priorità individuate dal Consiglio dei Ministri emerge, in buona sostanza, un quadro a tinte fosche sull’attuale situazione del Mezzogiorno.
Se occorre intervenire in maniera così massiccia ed impegnativa in tanti settori, non solo economici ma anche sociali e persino culturali, vuol dire che il vissuto quotidiano delle genti meridionali è diventato semplicemente drammatico.
Non c’è quasi nulla che funziona, a sud di Roma. E tutto quello che funziona non riesce comunque a tenere il passo con il resto del Paese.
E’ solo un problema di flussi economici ?
Non credo affatto, anche se appare doverosa una riflessione su come siano stati spesi e si vogliano spendere, in futuro, i soldi destinati allo sviluppo del Mezzogiorno allo scopo anzitutto di non sprecarli.
In questa ottica è certamente da apprezzare il varo effettivo della più volte annunziata Banca del Sud quale istituzione finanziaria di secondo livello, articolata attraverso una rete di istituti con un forte radicamento territoriale come le banche di credito cooperativo e le banche popolari.
Ma soprattutto bisogna guardare con interesse all’annunziata attivazione di un sistema di incentivi tesi a favorire la crescita delle imprese meridionali tramite la semplificazione delle procedure attraverso l’utilizzo di modalità telematiche, la flessibilità nella definizione degli strumenti d’intervento, la semplificazione della presentazione delle domande per l’accesso alle agevolazioni.
Tutte questioni che da troppo tempo attendono una soluzione e che l’Acai ha messo in agenda quali impegni prioritari per garantire lo sviluppo delle piccole e medie aziende.
Tuttavia, come detto, quello del Meridione d’Italia non è un semplice ‘problema economico’. Non è un fatto meramente ragionieristico. Non riguarda solo la scarsa capacità di spesa e di investimento. Né attiene ad un presunto atteggiamento attendistico ed inerte delle genti del Sud da contrapporre all’operosità degli abitanti di altre aree del Paese.
E’ molto di più ed è su questo che bisogna riflettere.
Ed è una riflessione che investe non solo le classi dirigenti, che certo al Sud hanno molto da farsi perdonare. E’ una riflessione che riguarda tutte le istituzioni ed i singoli cittadini.
E’ una riflessione che attiene al senso stesso dell’Italia.
Fino a quando, invece, si ridurrà solo ad un fatto economico l’ormai quasi secolare ‘questione meridionale’, essa finirà con l’intrecciarsi con la più recente e totalmente diversa ma altrettanto spinosa ‘questione settentrionale’.
Ed il nostro Paese resterà inevitabilmente diviso nell’animo.

 


Dino Perrone
Presidente nazionale ACAI 

 

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