Tutto il mondo racchiuso in un microchip

___________________________________di Dino Perrone

 
Esiste ancora la possibilità  di essere inviolabili alle altrui curiosità  ? Sembrerebbe di no, visto il vorticoso aumentare di strumenti tecnologici che possono trasformare il   corpo in una messe di dati che rivelano gusti, abitudini e persino emozioni di ognuno

Nella travolgente bulimia informativa di questa estate, rischiano di scivolare rapidamente nel dimenticatoio notizie solo all’apparenza minime e per certi versi “curiose” ma che, al contrario, dovrebbero suscitare una meno frettolosa attenzione e magari aprire spazi a qualche seria riflessione.
Appartiene a questa categoria di notizie ingiustamente “sottostimate” e rapidamente dimenticate l’annuncio, dato agli inizi di agosto dall’università  di Taiwan, circa la produzione di un microchip di pochi millimetri che, inserito tra i molari, è in grado di registrare i movimenti della mandibola e di capire, quindi, se stiamo parlando, cantando, masticando o fumando.
Simili notizie, dopo l’iniziale sconcerto, suscitano una serie di legittime domande.
In una società  come la nostra, così invadente ed invasiva, esiste ancora la possibilità  di essere inviolabili alle altrui curiosità  ?
C’è ancora spazio per la privacy in un contesto sempre pi๠pieno di telecamere, microchips, satelliti e cellulari ?
C’è insomma un luogo, sia fisico che mentale, in cui la riservatezza viene davvero tutelata ? Un luogo dove sentirsi ed essere al sicuro, finalmente soli con se stessi.
Sembra proprio di no. E la colpa non è certo solo degli scienziati universitari di Taiwan.
Sono infatti ormai alcuni anni che si sta tentando di trasformare il nostro corpo, cervello compreso, in una messe di dati da elaborare ed interpretare.
Sensori, batterie, bracciali e fasce da fissare. Tutto questo sta trasformando la nostra vita in grafici, ascisse, coordinate.
Beninteso, all’apparenza ogni cosa sembra realizzata allo scopo di aiutarci nelle nostre incombenze quotidiane, facilitandoci l’esistenza e persino monitorando in tempo reale la nostra salute.
E’ il caso, ad esempio, di uno studio portato avanti dall’università  di Bologna e finanziato dalla Comunità  Europea che prevede l’uso di apparecchi smartphone con sensori inerziali attaccati alla schiena per registrare i movimenti dei malati di Parkinson. In presenza di ostacoli, il software entra in funzione suggerendo al soggetto il movimento da fare per superare l’impasse.
Ma vi è anche la sostanza, meno tranquillizzante, di strumenti che invece possono invadere pesantemente la nostra vita, monitorando abitudini, gusti, frequentazioni, passioni. Tutti dati che possono essere utilissimi, ad esempio, non solo al “Grande Fratello” di orwelliana memoria ma anche a quelle multinazionali che vogliono trasformare tutti noi ignari cittadini in potenziali e bulimici consumatori.
In tal modo, e non è certo un dettaglio, con il nostro corpo sempre pi๠trasformato in dati ed algoritmi, tende a modificarsi la nostra stessa vita relazionale.
Non è da sottovalutare, infatti, l’incombente rischio di una vera e propria dipendenza tecnologica che sin d’ora rischia di attanagliarci anche nelle situazioni pi๠disparate e persino intime.
Non a caso, secondo una recente indagine svolta negli Stati Uniti, un possessore su dieci dello smartphone non rinuncia ad utilizzare il proprio apparecchio neppure durante il sesso, con intuibili conseguenze sulla propria sfera affettiva. Al riguardo gli esperti di marketing sostengono che ormai molte persone vedono gli smartphone come delle vere e proprie estensioni di loro stesse, e li portano e li usano ovunque, anche i posti e situazioni impensabili. Non solo tra le lenzuola o sotto la doccia, ma anche in auto con il rischio di provocare incidenti.
Insomma, se in passato i nostri nonni affidavano i loro ricordi al classico baule relegato in soffitta dal quale emergevano foto smosse ed ingiallite e qualche lettera polverosa, oggi è possibile avere a disposizione archivi sempre aggiornati in tempo reale, con grafici ed immagini da lasciare in eredità  ai nostri nipoti.
Stiamo andando quindi verso un tipo di società  che non ci lascia mai soli. Con la sua tecnologia ci segue ovunque, a casa come al lavoro, in bagno e sotto le lenzuola. Una società  che perಠpotrebbe anche virare pericolosamente verso un controllo invasivo e coercitivo dei suoi cittadini dei quali potrebbe conoscere persino gli stati emotivi attraverso, ad esempio, la semplice analisi a distanza del battito cardiaco. Anche in questo caso basterebbe un sensore, un microchip, e neppure i sentimenti sarebbero pi๠al riparo.
Certo, è il progresso.
Ma forse è il   momento di riflettere se non sia il caso di rinforzare qualche serratura ed abbassare un po’ di tendine.
Di molti strumenti, pur se affascinanti, si fatica infatti ad intravedere l’utilità . Ma se ne percepiscono, sin d’ora, tutti i pericoli.


 
 
Dino Perrone
Presidente Nazionale ACAI