Diario Italiano di Dino Perrone

Sentirsi rami di uno stesso albero

Il coronavirus sta sottoponendo tutti ad una prova durissima, disseminando di lutti il suo insidioso cammino, lacerando di dolore le famiglie, bloccando la vita produttiva del Paese.

Ancora non ne siamo fuori, purtroppo. Ancora la curva dei contagi, sia pure fortunatamente in discesa, ha un sinistro profilo. Ancora il ritorno ad una vera normalità, nonostante l’incoraggiante annuncio di una “seconda fase”, è un traguardo che non sembra prossimo.

Ma finirà, come altre pandemie di un passato che a torto ritenevamo definitivamente archiviato e remoto.

Forse allora, approfittando di queste giornate di forzato distanziamento sociale, è il caso di riflettere sin d’ora su quale lascito avrà questa drammatica vicenda una volta che davvero sarà stata messa definitivamente alle spalle. Se cioè tutto questo dolore potrà venirci in qualche modo utile.

C’è da augurarsi che dal punto di vista umano, dei rapporti sociali, si cresca come uomini e come comunità. Che si registri insomma, dopo tanta fatica spesso affrontata in solitudine, uno scatto morale che si traduca in una maggiore consapevolezza e umanità sul presente.

Che si riscopra il valore immenso dei gesti quotidiani, di uno scorrere del tempo che troppo spesso viene calpestato e frainteso da una parossistica e spesso vuota corsa in avanti, nel nome di un domani che non si riesce mai ad afferrare perché sembra avere sempre i contorni del passato.

Questa emergenza sta già dicendo molto di noi. Come singoli e come Paese. In attesa che anche l’Europa si dimostri a sua volta all’altezza di questi drammatici ed inattesi tempi nuovi.

Gli iniziali balbettii dell’Eurogruppo debbono lasciare il posto a decisioni che vadano nel senso di una ritrovata solidarietà, attraverso la messa in campo di strumenti finanziari ed economici che aiutino a rimettere in piedi il tessuto produttivo e sociale degli Stati membri.

E’ infatti persino troppo facile ipotizzare sin d’ora che ci ritroveremo, per quanto riguarda l’Italia, a dover fare i conti con aziende che non avranno avuto la forza per superare il momento e rischieranno di chiudere mettendo in pericolo chissà quanti posti di lavoro. Il quadro potrebbe essere ancora più complicato di quanto in molti già temono. Ed è per questo che è necessaria una coesione interna ed una solidarietà che superi le barriere tra i Paesi europei.

Ripeto, questa emergenza sta dicendo molto di noi.

Di fronte alla sofferenza, di fronte a qualcosa di inatteso e soprattutto sconosciuto, gli italiani stanno facendo muro, aiutandosi ognuno per la sua parte a venire fuori da questa situazione. A dimostrazione di quanto ciascuna persona può tirar fuori da se stessa in un momento di difficoltà. A conferma di quanto di più nobile esista dentro ognuno di noi.

Medici, infermieri, volontari. Ma anche imprenditori, artigiani, professionisti. Genitori e figli, anziani e giovani.

Ciascuno sta portando il suo contributo. Tutti con fatica, certamente. Tutti rinunziando a qualcosa che, a volte, può invece significare davvero molto. Ma tutti, anche, con la serenità che deriva dalla consapevolezza di provare a fare al meglio la propria parte.

E questo persino solo rispettando le indicazioni che vengono dal governo e dagli esperti della comunità scientifica. E questo al netto dei soliti furbastri che invece pensano di essere sempre una pagina avanti nella lettura del libro.

Ciascuno, forse dopo tanti anni, forse addirittura per la prima volta, si sente non un’isola ma parte di un tutto. Mattone di una casa comune, ramo di uno stesso albero.

Tutto questo non può e non deve andare disperso

L’Italia che non si arrende, che rimane in piedi. L’Italia severa e consapevole che non si assoggetta solo per obbligo alle disposizioni che vengono impartite ma lo fa come principio di buonsenso. Non nel timore di una punizione ma come forma di tutela per gli altri, specie i più fragili.

E’ questo è un lascito che non deve andare disperso.