Se l’Europa chiama e nessuno risponde

________________________________di Dino Perrone

 

 

E’ partito il programma contro la deflazione predisposto dalla Banca Centrale Europea che, nelle intenzioni, dovrebbe favorire esportazioni, credito ed investimenti. Ma troppo spesso, in passato, analoghe misure si sono scontrate con una realtà sorda ad ogni cambiamento


Le politiche economiche europee riusciranno ad agevolare il credito alle imprese ? L’interrogativo è obbligato, la risposta per nulla scontata.

Ricapitoliamo. Da qualche settimana è partito il cosiddetto Quantitative easing della Banca Centrale Europea, un programma di finanziamenti che mette a disposizione oltre mille miliardi fino a settembre del prossimo anno.

Almeno nelle intenzioni, questa ulteriore iniezione di liquidità nell’area dei Paesi europei a moneta unica, anche attraverso l’annunciato acquisto di sessanta miliardi di titoli al mese fino a quando l’inflazione non tornerà ai livelli di prima della crisi, dovrebbe ampliare la quantità di denaro in circolazione per destinarlo all’economia reale e rappresentare l’occasione giusta per invertire finalmente la perdurante tendenza a restringere il flusso del credito alle imprese.

Questo appunto nelle intenzioni. Che spesso poi però si frantumano contro il muro della realtà.

Certo è doveroso da parte delle classi dirigenti cogliere e sottolineare, come è stato fatto, anche il più timido segnale di ripresa che potrebbe arrivare appunto da questa manovra.

Ma altrettanto doveroso è non lasciarsi andare ad ottimismi fuori luogo. Il risveglio potrebbe risultare infatti piuttosto brusco. E non certo indolore.

Del resto, ha perfettamente ragione il governatore Mario Draghi quando avverte che non è realistico attendersi che la politica monetaria possa, da sola, mettere a posto tutte le cose. Anche in questo caso, come ho sostenuto proprio da questa stessa tribuna a proposito del Jobs Act, è necessario che vi sia più in generale il giusto contesto.

Sono necessari, cioè, adeguati comportamenti non solo da parte della BCE ma anche di tutti gli altri soggetti pubblici e privati coinvolti in questa operazione.

Altrimenti c’è il rischio che l’Europa chiami e nessuno, o quasi, sia pronto a rispondere.

In questo, il riferimento alle esperienze del passato non lascia indurre a facili ottimismi. Negli anni scorsi, infatti, la Banca Centrale Europea è già intervenuta con operazioni che, passando per il filtro degli istituti di credito nazionali, avrebbero dovuto dare maggiore liquidità alle imprese. Tuttavia, in non pochi e trascurabili casi queste risorse aggiuntive sono state trattenute dalle banche allo scopo primario di ricapitalizzarsi, lasciando così alle aziende ed alle famiglie ben poco.

Ecco perché rimane di stretta attualità l’interrogativo, formulato poco sopra, circa l’effettiva capacità di queste misure di favorire concretamente la ripresa.

Autorevoli studi statistici, del resto, ci dicono che nel 2014 il credito alle piccole e medie imprese ha continuato a diminuire, con una contrazione su base annua di oltre il 5% per gli impieghi vivi. Nel contempo, le condizioni di accesso al credito non sono affatto migliorate, attraverso richieste di garanzie eccessive, tassi elevati e costi bancari sempre più onerosi.

Un quadro quindi a tinte non certo rosee, con settori come il commercio e l’artigianato oramai sempre più sul ciglio del burrone.

Per questo motivo è ancor più significativo il fatto che, pure in mezzo a queste perduranti difficoltà, stia crescendo la quota di richieste di finanziamenti per effettuare nuovi investimenti. Le nostre imprese, insomma, magari  ancora “non ci credono”. Tuttavia non si arrendono. Chiedono maggiori risorse economiche non solo per sopravvivere, ma anche per provare a crescere. Anche questo è un modo intelligente, e lungimirante, per provare a dare forza ed accompagnare una ripresa che stenta a decollare.

I passi necessari, insomma, le nostre imprese sono pronti a compierli, ed almeno in parte li hanno già compiuti. Bisogna che però il sentiero sia liberato da tutti quei legacci e quei sassi che rendono difficoltoso il cammino. Occorre insomma che l’opera di bonifica e disboscamento del terreno proceda con speditezza, determinazione e coerenza.

E’ indispensabile allora che l’accesso al credito, come sostengo da anni, sia maggiormente agevolato e garantito anche attraverso politiche “domestiche” capaci di superare, se necessario, le strettoie europee. E’ doveroso non lasciare soli quanti sono impegnati a far risalire la china al nostro sistema produttivo e, quindi, all’intera società italiana.

Un punto ormai dovrebbe essere chiaro a tutti.

Da sole, le imprese italiane non possono farcela. Ma senza le imprese, a non farcela è il Paese.

 

 

Dino Perrone

Presidente Nazionale ACAI