Riformare il mercato del lavoro per riformare l’Italia

___________________________________di Dino Perrone

 

 
 A dieci anni dalla scomparsa di Marco Biagi, si continua a discutere sui progetti di riassetto del sistema per favorire nuova occupazione. A conferma di come siano forti, nel nostro Paese, le resistenze ad ogni forma di innovazione

Su certe coincidenze è opportuno, se non addirittura doveroso, riflettere.
Ad esempio, la tanto agognata riforma del mercato del lavoro cerca di prendere forma concreta proprio nel decimo anniversario della morte di Marco Biagi, il giuslavorista dalle idee innovative assassinato il 19 marzo 2002 a Bologna dalle nuove Brigate Rosse.
Una coincidenza, ripeto, su cui riflettere perchè essa ha ben poco di casuale dal momento che dimostra con quanta insopportabile lentezza proceda, nel nostro Paese, qualsiasi serio tentativo di riforma del sistema.
Dieci anni lenti e durissimi, che pesano come un macigno sulla coscienza civile dell’Italia.
Dieci anni nel corso dei quali, nonostante la legge che reca proprio il nome di Marco Biagi e che ha ampliato la platea dei contratti a termine con lo scopo di favorire nuove assunzioni, l’occupazione non si è schiodata da un poco incoraggiante 57% mentre i disoccupati sono saliti a due milioni e 300mila unità con un allargamento che ha colpito soprattutto la componente femminile ed il Mezzogiorno.
Dieci anni induriti ancor di più dalla circostanza che alla flessibilità in entrata non si è stati in grado di accompagnare un sistema di adeguate tutele per quanti perdono il lavoro, come auspicato proprio dal professor Biagi.
Non è infatti priva di rilievo la circostanza che, in queste settimane, l’attuale ministro del Welfare ha detto di voler attuare quella parte che ancora manca della riforma Biagi che è appunto quella della riforma degli ammortizzatori sociali.
In dieci anni questo nodo non è stato risolto, con la drammatica conseguenza che, in Italia, si è ampliata la distanza che separa gli ‘iper protetti’ dagli ‘iper precari’, per usare un lessico caro al ministro Fornero, tradendo così le stesse fondamenta della costruzione innovativa che lo scomparso giuslavorista voleva mettere in piedi per rendere il nostro mercato del lavoro meno ingessato e chiuso.
Ancora oggi in certi ambienti il professor Biagi è ingiustamente ricordato come il teorico del precariato, mentre invece egli aveva a cuore una maggiore e più stabile occupazione proprio per quei giovani che vedeva esclusi da serie prospettive di lavoro.
Egli pensava cioè ad una flessibilità di tipo europeo ben lontana dal precariato.
Molte delle sue idee, a partire dall’apprendistato che ora si cerca di far diventare il principale contratto di ingresso dei giovani, costituiscono il canovaccio sul quale si innestano i discorsi più approfonditi e ‘maturi’ in tema di riforma del lavoro.
In questi dieci anni le resistenze sono state tante, ed altrettante le paure. Ma dieci anni dopo le prime si sarebbero dovute perlomeno attenuare e le seconde avrebbero dovuto addirittura svanire.
Invece siamo sempre allo stesso punto. Fermi, immobili, mentre il quadro generale è radicalmente mutato.
Così la disoccupazione continua ad impennarsi e per un giovane entrare nel mondo del lavoro rappresenta sempre una impresa simile a quella di voler far passare un cammello per la cruna dell’ago.
In questo modo il Paese non è cresciuto e non si è rinnovato. In questo modo rischiamo di perdere anche i prossimi dieci anni.
Le lacerazioni a cui stiamo assistendo in queste settimane dimostrano proprio quanto delicata e complessa resti l’intera materia. Delicata, complessa e persino indigesta per coloro che si pongono a strenua difesa dell’impianto attuale.
Certo anche noi dell’Acai scorgiamo nell’azione dell’attuale governo alcune scelte che sono meno persuasive di altre e che, alla lunga, rischiano di produrre effetti negativi per la piccola e media impresa. Ed è su questi aspetti che chiediamo sin d’ora adeguati correttivi.
Ma una cosa è contestare, dissentire, esprimere motivate riserve. Altra cosa è ritenere che l’attuale sistema sia immodificabile.
Ecco allora che riuscire a riformare in maniera equa e credibile il mercato del lavoro costituisce il banco di prova per riformare davvero l’Italia, modernizzandone il profilo avvicinandola agli standards europei.
Non è questione che riguarda questo o quel governo. E’ questione che riguarda il sistema Italia nel suo complesso. Perciò non rendono un buon servizio al Paese ed alla verità quanti, anche in queste settimane, si rifugiano in triti e lisi preconcetti ideologici per non far avanzare di un millimetro la discussione in atto su questi temi da ormai troppi anni.
 

Dino Perrone
Presidente nazionale ACAI 


 

 

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