Promemoria per il Governo che verrà

di Dino Perrone

 


In  questa lunga vigilia elettorale attendiamo con interesse che, al centro degli impegni delle forze politiche in campo, entrino i temi dello sviluppo delle imprese e della qualità della vita. Risalire la china, infatti, è possibile solo a patto di non continuare a mortificare il mondo del lavoro.



Cari associati,
gli ultimi dieci anni di sviluppo economico del nostro Paese ci consegnano dati tra loro contrastanti.
Da una parte, infatti, in questo periodo di tempo si sono purtroppo moltiplicati i segnali di un declino sempre più evidente e che, agli occhi dei pessimisti, appare inarrestabile.
Dall’altra, tuttavia, vi è la realtà di quasi cinque milioni di imprese iscritte nei registri delle Camere di Commercio italiane, a conferma di un tasso di natalità imprenditoriale che non ha paragoni con il resto dell’Europa.
Nel mezzo, verrebbe da dire, vi è il Paese. Tirato da una parte e dall’altra. Una volta sul ciglio del burrone, la volta successiva spinto verso la risalita.
In questa situazione rimane estremamente difficile ‘fare impresa’.
Da questa situazione, bisogna subito aggiungere, deriva la sostanziale solitudine degli imprenditori italiani, in special modo di quelli a capo di piccole realtà produttive.
Un carico fiscale eccessivo, una produzione legislativa non sempre coerente ed a volte di difficile interpretazione ed applicazione, una burocrazia lenta che spesso non funziona ma che costa molto, un sistema di trasporto delle merci e dei servizi che, in alcune realtà, ha ancora tratti quasi ottocenteschi. E’ con tutto questo, e con molto altro ancora, che l’imprenditoria italiana deve quotidianamente fare i conti.
E’ evidente quindi la ‘fatica’ che accompagna il fare impresa nel nostro Paese.
Un Paese che dovrebbe mostrarsi capace di mettere le sue forze imprenditoriali non solo in grado di vendere il meglio possibile i propri prodotti, ma anche di esportare una immagine, uno stile di vita ed un senso estetico che non temono confronti nel mondo.
Invece su questi temi si registrano da troppi anni disattenzioni e ritardi che, in alcuni casi, sfociano persino in una strisciante ostilità.
Attendiamo quindi con interesse che, in questa lunga vigilia elettorale, i temi dell’impresa e del rilancio dell’economia entrino a far parte delle priorità degli impegni delle forze politiche che sono in campo.
Sarebbe un segnale importante, capace di stimolare il nostro sistema economico, oggi troppo sulla difensiva.
Sarebbe cioè importante creare una identificazione tra le istanze del mondo imprenditoriale e quelle, più articolate, dell’intero Paese.
Siamo infatti convinti che l’Italia può salvarsi solo se non si mortificano ulteriormente le imprese, specie quelle di medie e piccole dimensioni.
E’ arrivato il momento di uno sforzo comune, di un cambio di marcia e di mentalità che consentano di creare e distribuire più risorse per tutti.
E questo è possibile farlo proprio attingendo a quei giacimenti nascosti che sono rappresentati dalle esperienze imprenditoriali del nostro Paese.
E’ in questa ottica che chiediamo al prossimo Governo, qualunque esso sarà, di stimolare politiche che abbiano davvero a cuore la crescita delle imprese.
Basta insomma con la miope gendarmeria fiscale, basta con provvedimenti frutto di ideologie esasperate. Si cominci, invece, a guardare all’estero.
A cosa ad esempio hanno fatto in Gran Bretagna ed in Francia, dove gli investimenti per la ricerca sono stati completamente detassati in una ottica di lungo periodo.
L’Italia può salvarsi solo esaltando il lavoro, la produttività, l’impegno. Solo tornando ad occuparsi non solo dei sacrosanti diritti, ma anche dei corrispondenti doveri.
E con un Governo che, accanto a tutto questo, mostri di avere il coraggio di occuparsi anche di quegli aspetti di una società che sono magari difficili da misurare in termini meramente statistici, ma non per questo sono meno importanti.
A cominciare dalla qualità della vita, passando per la tutela delle persona e la diffusione di una cultura dell’accoglienza capace di superare ogni forma di barriere e di convenzioni sociali.
E’ su questo terreno, indefinito quanto accidentato, che si misura concretamente la carità politica e, prima ancora, il livello di civiltà di un Paese.
E’ su questo terreno che una associazione di ispirazione cristiana come l’Acai deve incamminarsi per continuare  ad assolvere l’impegno che ha assunto, ormai da oltre 60 anni, nei confronti della società italiana.

Dino Perrone
Presidente nazionale ACAI 


 


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