Primo comandamento per il nuovo anno: combattere la rassegnazione

di Dino Perrone

 



La Spagna è in procinto di superare il nostro Paese in termini di prodotto interno lordo. Nessuno mostra sorpresa ma, quel che è peggio, nessuno se ne preoccupa. E tutto questo è la spia di un dramma sociale di cui ancora non c’è consapevolezza
 


Cari associati,
oggi il tratto umorale dominate degli italiani è rappresentato dall’assenza di speranza nel futuro.
Ne abbiamo scritto appena la volta scorsa. Il nostro Paese è sempre più sulla difensiva, timoroso, senza slanci vitali.
Ma non tutti sembrano avere piena consapevolezza di questo dramma.
Non si spiega altrimenti la sostanziale apatia, per non dire la spocchiosa indifferenza, con la quale si è appresa la notizia del più che probabile sorpasso della Spagna ai danni del nostro Paese.
E’ vero. Qualcuno, forse per un rigurgito di legittimo amor patrio, ha provato a contestare i dati che indicano nella Spagna una società ben più vitale ed ottimista della nostra, capace di performance economiche che purtroppo in Italia non si realizzano da troppo tempo.
In particolare ci si è riferiti al fatto che mentre la rilevazione Eurostat relativa al 2006 pone la Spagna dinanzi a noi di due punti con riferimento al prodotto interno lordo pro-capite, la Banca mondiale e le ricerche dell’istituto internazionale Global Insight (che monitorizza lo stato di salute di ben 150 Paesi) pongono invece l’Italia ancora dinanzi agli spagnoli.
Confortato da questi dati, il Presidente del Consiglio Prodi ha così potuto affermare che ‘la macchina Italia sta uscendo dai box, ma la nostra economia resta più grande del 50% rispetto alla spagnola’.
Ma non è questo il punto.
Non si tratta cioè di contestare i dati degli uni o degli altri, per stabilire chi ha ragione e chi ha torto. Per concludere, magari, che il sorpasso oggi non c’è ancora, ma ci sarà in futuro. Però non nel 2008 appena iniziato  ma semmai, come preconizzato da altri indici, solo nel 2025.
Il punto vero è che neppure questa scudisciata in pieno volto sembra davvero capace di scuotere il nostro Paese.
Noi italiani siamo dunque rassegnati ad un lento ma inesorabile declino ?
Siamo contenti di diventare, come ha preconizzato il New York Times, solo una terra di vecchi e di poveri ?
Ebbene, se davvero dobbiamo pensare a qualche buon proposito per questo 2008 che si è appena affacciato, ci sentiamo di indicarlo proprio nell’impegno a combattere la rassegnazione. In tutti i campi.
E per combattere la rassegnazione non servono tanto le riforme, pure importanti, di cui sentiamo parlare ad ogni piè sospinto.
Serve una vera e propria rivoluzione culturale. Occorre un cambio di mentalità che ponga nuovamente al centro dell’interesse del Paese il tema della mancata crescita economica e che finalmente riconosca, in questo ambito, il ruolo centrale ed insostituibile della piccola e media impresa.
Quella piccola e media impresa che è rappresentata in larga misura proprio dal nostro artigianato e che è capace di picchi di eccellenza.
Tornando a porre la giusta attenzione e tutela al mondo artigiano, oggi troppe volte ignorato se non addirittura mortificato, si porranno le premesse per una inversione di rotta del nostro sistema produttivo che riporti l’Italia ad innestare le marce alte.
Perché, anche senza voler entrare nel merito della veridicità dei dati in questione, rimane la sensazione che in troppe altre nazioni europee attualmente si viva meglio che in Italia.
Un Paese, il nostro, che ha tanto, forse persino il superfluo. Ma in cui tutto costa carissimo e dove, in particolare, il sistema complessivo non sembra rivolto al futuro.
Un futuro che, per la nostra associazione, deve avere necessariamente al centro del discorso l’uomo. L’uomo lavoratore e l’uomo imprenditore, nella loro unicità ed irripetibilità. Nel loro valore intrinseco.
Il mercato non deve essere idolatrato, me neppure demonizzato. Il mercato deve essere usato nella giusta direzione.
Oggi invece è più frequente ascoltare discorsi di denunzia degli eccessi del consumismo che ponderate analisi dei fattori che impediscono il rilancio della nostra economia.
E questa mancanza di approfondimento rappresenta il principale limite delle nostre classi dirigenti, preoccupate più di cavalcare l’onda del consenso estemporaneo che affrontare la risacca dei problemi.
Occorre favorire la crescita di una mentalità imprenditoriale aperta ad ogni tipo di innovazione. Occorrono politiche di sostegno più che di controllo.
Occorre rilanciare il nostro sistema scolastico, dal momento che l’istruzione e la formazione hanno un rapporto diretto con le possibilità di sviluppo economico di un Paese, eliminando la vergogna rappresentata dalla scarsa preparazione dei nostri giovani, mediamente i più ignoranti dell’Europa occidentale.
Occorre, ripetiamo, combattere la rassegnazione. Ma non con vuote dichiarazioni di intenti. Occorre combattere la rassegnazione con strumenti adeguati. Con atti concreti.


Dino Perrone
Presidente nazionale ACAI 


 


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