Diario Italiano di Dino Perrone

L’Italia che vive senza più certezze

Il rapporto 2019 del Censis è un pugno nello stomaco. Fa male e lascia senza fiato.

Descrive un Paese avvitato su se stesso, fortemente stressato, con una mobilità sociale praticamente ferma, stretto tra nuove forme di analfabetismo di ritorno ed uso eccessivo delle piattaforme digitali, in drammatico calo demografico e con i suoi cittadini rancorosi e allo stesso tempo rassegnati per il peso della burocrazia.

Un Paese che nutre una forte insicurezza riguardo al futuro, con una percentuale di appena il 14% degli italiani che ancora immaginano un domani all’insegna della fiducia e dell’ottimismo. Un Paese nel quale è il lavoro la principale fonte di preoccupazione. Una preoccupazione che genera ansia e che, secondo il Censis, conduce ad una maggiore attenzione ai consumi e ad un accumulo di denaro in chiave esclusivamente “difensiva”.

Da tutto questo derivano ricorrenti quanto perverse suggestioni ad imboccare scorciatoie semplicistiche che invece sembravano definitivamente accantonate dalla Storia. Ed invece sono ormai ben otto milioni le persone che, preda di un pessimismo assoluto, ritengono che la democrazia non sia più adatta al nostro Paese e che presto verrà sostituita da qualche forma di autoritarismo.

Ciò spiega come, secondo il direttore generale del Censis Massimiliano Valerii, “il 48% degli italiani si affiderebbe anche all’uomo forte al comando che possa non preoccuparsi delle elezioni e del Parlamento pur di risolvere i problemi”. Più che un campanello di allarme, questo sembra un segnale a sirene spiegate sullo stato di salute della nostra democrazia e di una coesione sociale che sta sfarinandosi.

Facciamo finta di niente? O proviamo a studiare delle soluzioni che rendano più vivibile e giusta una società che sembra fidarsi sempre meno del prossimo? Specie se questo prossimo ha provenienza geografica diversa, pelle diversa, religione diversa.

Sono domande alle quali la politica è tenuta a fornire risposte chiare, uscendo dal cono d’ombra dei tatticismi di giornata e delle ambiguità delle convenienze. La politica deve essere in grado di rimettere in marcia il Paese, rendere nuovamente funzionanti quelle forme di “ascensori sociali” come la scuola ed il lavoro che consentano ad ognuno la possibilità di migliorare la propria condizione di partenza. E ciò può essere fatto tornando a privilegiare la ricerca e creando un collegamento più stretto tra formazione scolastica ed imprese, dando a queste ultime quegli spazi di manovra che una burocrazia spesso ottusa ed inconcludente finisce invece per intasare.

Per quanto ci riguarda, la nostra associazione rimane fedele all’impegno che ha inteso assumere continuando a “scandagliare” quella che diventerà la forma definitiva della Manovra attualmente all’esame delle Camere.

In questa ottica continuano a preoccuparci le troppe “timidezze” presenti anche nelle proposte di modifica che si stanno accumulando e che, francamente, sembrano non cogliere ancora le vere urgenze che il reticolo delle imprese medio-piccole italiane chiede che vengano affrontate con decisione.

Non basta addolcire o posticipare l’entrata in vigore di una tassa considerata “virtuosa”. Occorre una maggiore incisività sul fronte del costo del lavoro e dell’innovazione. Altrimenti è destinata a proseguire, purtroppo, l’emorragia dei giovani che lasciano il nostro Paese per cercare altrove quelle opportunità che il nostro sistema non è in grado di fornire. E senza giovani non vi è promessa di futuro.

Tornando al rapporto annuale del Censis, sono dunque l’incertezza, l’insicurezza e il pessimismo che dominano i pensieri degli italiani in questo scorcio finale dell’anno. Ed è brutto vivere anche il Natale con questi sgraditi compagni di viaggio.

Auguri sinceri, in ogni caso. Ne abbiamo davvero bisogno tutti.