L’incertezza che mina le fondamenta dell’Italia

________________________________di Dino Perrone

 

 

Il clima politico torna ad inasprirsi, mentre l’uscita dalla crisi economica continua ad essere sempre troppo lenta. Intanto rischiano di non arrivare a compimento le riforme necessarie per il rilancio del Paese

Tutto può ancora permettersi, il nostro Paese, tranne di precipitare nell’incertezza.

Eppure è proprio una situazione di incertezza quella che rischia di aprirsi all’indomani delle vicende che hanno portato all’elezione del nuovo Capo dello Stato.

Secondo gli osservatori sembra destinata infatti ad un tramonto rapido, e forse definitivo, la stagione delle intese più o meno larghe tra le principali forze politiche, stagione che ha caratterizzato gli ultimi tre anni della politica italiana con gli esecutivi guidati prima da Mario Monti, poi da Enrico Letta e adesso da Matteo Renzi.

Una stagione che forse non ha prodotto risultati notevoli ma che, tuttavia, almeno ha avuto il merito di assecondare l’uscita dall’emergenza finanziaria ed economica.

Oggi il quadro pare destinato ad andare nuovamente in frantumi, con l’inasprirsi dei rapporti fra maggioranza ed opposizione all’indomani della rottura del cosiddetto “patto del Nazareno”.

L’incertezza, ripeto, è qualcosa che non serve agli interessi del Paese. E’ semplicemente un lusso che non possiamo permetterci.

Questo perché le riforme che tanto servono all’Italia hanno bisogno di tempi certi e di un quadro politico stabile e fortemente motivato.

E quando parlo di riforme mi riferisco non solo a quella elettorale e costituzionale.

Penso anche a quella del mercato del lavoro, non ancora compiutamente e coerentemente attuata, ed a quella del sistema fiscale ancora oggi così inutilmente oppressivo. Ma penso inoltre alla riforma della pubblica amministrazione, incapace di guarire dalla sua cronica elefantiasi che sfocia troppo spesso nell’inefficienza. E penso a quella della giustizia, specie del settore civile, nei cui ritardi finiscono per impantanarsi non solo i comuni cittadini ma anche tante, troppe, imprese, con ricadute negative per gli stessi investitori esteri.

Riforme, tutte, di cui si avverte un estremo bisogno, in modo da riportare il sistema Italia nuovamente a galla, superando anche quelle pesanti disuguaglianze in termini di prodotto interno lordo per abitante presenti tra le varie regioni italiane.

I gesti icastici e gli scontri, non solo verbali, andati in scena in queste settimane in Parlamento rappresentano uno spettacolo di cui avremmo fatto volentieri a meno. E non per una semplice constatazione di smarrito decoro istituzionale.

Il Paese ha bisogno di serietà e pacatezza, non di quanti sembrano avere solo la voglia di mostrare i muscoli, in senso non solo metaforico.

Questo non vuol dire essere tra coloro che ritengono sia necessario far continuare a tutti i costi l’attuale legislatura, magari fino alla sua naturale conclusione come pure si dice convinto l’attuale premier. Vuol dire semplicemente attendersi che gli interessi del Paese vengano concretamente anteposti a quelli dei leader politici di turno.

Non possiamo giurare che questo sia sempre accaduto in passato.

Ed è forse in ciò la principale e più convincente spiegazione del fatto che l’Italia, dall’inizio della sua storia repubblicana, ha avuto ben 63 governi e 27 presidenti del Consiglio. Un dato che conferma la difficoltà tutta italiana non solo di governare, ma anche di associarsi, coalizzarsi, trovare una armonia collettiva.

Di sentirsi, insomma, un Paese e non una rissosa comunità sempre preda di fazioni, interessi e corporativismi.

Non possiamo giurare sul passato, come detto.

Ma possiamo auspicare che il presente sia diverso e che, appunto, prevalgano la ragionevolezza e gli interessi superiori dell’Italia.

A maggior ragione oggi, dinanzi alle prime stime fornite dall’Istat secondo le quali, a partire dall’ultimo trimestre dello scorso anno, la nostra economia ha smesso di arretrare, uscendo così dalla spirale recessiva.

Per sfruttare quello che potrebbe essere l’avvio di una congiuntura favorevole, è necessario fare in modo che tutti i processi in atto, sul piano economico, politico ed istituzionale, proseguano con linearità.

Se tutto questo non accadrà, sarà inevitabile attendersi che la confusione e l’incertezza che abbiamo visto già ampiamente all’opera in queste settimane, dentro e fuori il Parlamento, abbiano un impatto negativo sulla prospettive della ripresa interna. Allontanando, forse definitivamente, la possibilità di mettere un tassello decisivo per cementare un rilancio economico più robusto e duraturo.

 

 

 

Dino Perrone

Presidente Nazionale ACAI