Ancora grandine sul nostro Paese.
Ai dati incoraggianti su un accenno di ripresa della produzione industriale, infatti, fanno da ruvido contraltare le cifre relative al tasso di disoccupazione, arrivato nel novembre scorso al 12,7% con un incremento su base annua dellâ1,4%.
In particolare, la disoccupazione giovanile è schizzata al 41,6%, toccando così il livello massimo dal 1977, con un aumento percentuale su base annua di ben quattro punti. Un dato, questo, in netta controtendenza rispetto agli altri paesi dellâUnione Europea che invece da alcuni mesi registrano un freno allâemorragia dei posti di lavoro.
Passando dalle percentuali alle persone, queste cifre ci dicono che in appena un anno nel nostro Paese si sono persi ben 448mila posti di lavoro. Nel contempo lâInps ci informa che nei primi undici mesi dello scorso anno sono state presentate quasi due milioni di domande di disoccupazione, con un aumento di oltre il 32% rispetto allo stesso periodo del 2012.
La crisi, insomma, continua a picchiare duro. Ed a barcollare sotto i suoi colpi è lâintero mondo del lavoro.
Tutto ciಠdovrebbe indurre ad un pi๠approfondito ripensamento sullâefficacia reale delle politiche economiche sino a questo momento adottate. Politiche troppo appiattite sulla finanza e poco attente alle esigenze di famiglie ed imprese.
Tutto ciಠdovrebbe far comprendere come la prima e pi๠vera priorità del nostro Paese sia rappresentata dal lavoro. Come crearlo, come difenderlo, come valorizzarlo.
Eâ sul lavoro che si gioca, da parte di tutti, la partita pi๠importante dellâanno da poco cominciato. Eâ attorno al lavoro che puಠcostruirsi una speranza di riscatto che non sia episodica e frammentata.
E la creazione, la difesa e la valorizzazione del lavoro passano necessariamente attraverso la mediazione delle imprese il cui ruolo, in questi anni, è stato invece pi๠volte mortificato.
Basti por mente, ad esempio, ai dati forniti di recente dalla Banca dâItalia sulla contrazione dei prestiti al settore privato.
Contrazione che ha riguardato non solo i nuclei familiari, che hanno visto ridursi le erogazioni dellâ1,5 per cento su base annua, ma soprattutto le imprese. Per queste ultime, infatti, i finanziamenti sono diminuiti, sempre su base annua, di ben il 6 per cento.
Dati che dimostrano, nella loro ruvida eloquenza, che la stretta creditizia non si è affatto allentata ma che, anzi, rischia di soffocare ogni lodevole tentativo di attuazione di politiche espansive che favoriscano la crescita dellâeconomia. A tutto danno delle famiglie e delle imprese.
La conseguenza è che, oggi, il nostro non è un Paese né per gli imprenditori, né per i lavoratori. Un Paese avvitato su se stesso, svuotato di ogni residua fiducia, specialmente nei confronti di coloro che sono chiamati a governarlo.
Un Paese nel quale sono soprattutto le piccole e medie imprese a rischiare il tracollo, dal momento che per loro lâaccesso al credito si dimostra sempre molto complicato. Eâ un allarme che lanciamo ormai da anni, nella convinzione che, una volta sfilacciato il reticolo delle imprese medio-piccole, sarà poi molto difficile ripristinare un tessuto sociale che non presenti le slabbrature di insopportabili diseguaglianze.
Bisogna pertanto essere in grado di spezzare questa spirale perversa. Appunto per questo occorrono politiche economiche che seguano strade diverse da quelle sino ad ora battute.
Non puಠesserci un futuro di benessere se, dati alla mano, sono costretti a restare a casa oltre il 40% dei nostri giovani.
Occorre piuttosto investire su di loro, costruire per loro occasioni di lavoro che non siano solo nel segno di una dolente precarietà , fare in modo che possano mettere in mostra i loro talenti. Il tutto senza inseguire inutili chimere, ma attraverso provvedimenti concreti, certi ed immediati.
Eâ di questo, anzitutto di questo che è chiamata ad occuparsi la politica. Altrimenti, cosa ci sta a fare ?
La vera priorità è il lavoro
___________________________________di Dino Perrone
Come crearlo, come difenderlo, come valorizzarlo. A queste scelte cruciali è chiamata la nostra classe politica per favorire finalmente il rilancio di un Paese che appare oramai svuotato di ogni residua fiducia, specie in coloro che sono chiamati a dirigerlo