Immobili ad osservare il baratro

________________________________di Dino Perrone

 
 L’occhio vigile dell’Europa da una parte, l’inasprirsi del disagio sociale dall’altra. L’Italia appare un Paese sempre più stremato, preda di una incertezza che non favorisce nessun serio discorso di sviluppo e cambiamento

Con l’inasprirsi dei problemi ed il moltiplicarsi dei timori di ogni genere, anche quelli motivati da spinte irrazionali, si fa sempre più concreta la possibilità che si apparecchi, nei prossimi mesi, uno scenario in grado di favorire anche in termini elettorali le forze anti-sistema.
L’Italia di oggi è infatti un Paese sostanzialmente immobile, oltretutto con il rischio di essere messo sotto scacco dalle istituzioni europee che appaiono sempre meno convinte della bontà delle ricette di risanamento messe in campo dai nostri governi.
“Il governo intende continuare lungo il percorso di crescita attraverso consolidamento e riforme strutturali”, ha spiegato Padoan ai nostri interlocutori di Bruxelles. Ma le assicurazioni del nostro ministro dell’Economia certo non scongiurano, da sole, il rischio che la Commissione Europea apra una procedura per deficit a carico dell’Italia se il governo dovesse davvero deragliare dai suoi impegni.
Peraltro, nei prossimi mesi l’Italia dovrebbe individuare quasi altri venti miliardi di risparmi e nuove entrate per rispettare l’obiettivo annunciato per il 2018 di un disavanzo in calo dal 2,1% all’1,2% del Pil. Tutto lascia supporre, quindi, che indicazioni puntuali all’interno di una “strategia più complessiva” sono rimandate al “Documento di economia e Finanza” del prossimo aprile.
Si annunciano tempi difficili, insomma, per un Paese sempre più stremato.
Non solo stremato. Pure incattivito perché insicuro. Ed avvilito perché riesce sempre con maggiore fatica a riconoscersi nella propria classe dirigente.
Il quadro è davvero preoccupante perché, in queste condizioni, sembra allontanarsi di molto la possibilità di avviare una vera e propria stagione di riforme. Quelle riforme, dal fisco al lavoro ed al welfare globalmente inteso, che appaiono invece più che mai necessarie per dare la scossa e rilanciare l’Italia sui sentieri di una ripresa che sembra sempre sul punto di essere afferrata e che, invece, mai si riesce a tenere ben salda tra le mani.
Come meravigliarsi, allora, se l’economia continua a stentare e la mancanza di lavoro viene avvertita come la più vera e concreta emergenza del Paese ?
La realtà è che siamo immobili dinanzi ad un bivio che però rischia di trasformarsi ben presto in un baratro.
Da una parte ci sono i fautori del ritorno alle urne il prima possibile. Le loro argomentazioni non sono prive di pregio, anche perché nel Paese c’è davvero una voglia per nulla sotterranea di esprimersi con il voto in tempi brevi. In questo clima ogni rinvio verrebbe visto come una insopportabile coercizione della volontà popolare.
Ma c’è il rischio che, con l’attuale sistema elettorale, successivamente al voto si apra la strada ad una sostanziale ingovernabilità che potrebbe essere evitata solo con il ricorso a coalizioni talmente ampie da risultare spurie. Coalizioni peraltro che, allo stato, sembrano davvero difficili dal poter prendere una forma concreta.
Dall’altra parte ci sono invece coloro che invitano a riflettere sull’opportunità di far precedere il voto almeno dal varo di una nuova e più organica legge elettorale, cosa che però ovviamente presuppone che all’attuale legislatura vengano concessi tempi meno contingentati.
Ma nelle condizioni attuali, pur facendo ricorso a dosi massicce di buona volontà da parte di tutti gli attori in campo, non è credibile che si possa evitare il rischio di un sostanziale immobilismo.
 E meno che mai, soprattutto, che si possa arrivare addirittura alla naturale scadenza del 2018 in ossequio al fatto, come ha ricordato il Presidente emerito Napolitano, che normalmente si dovrebbe arrivare alla fine di una legislatura e poi votare.
Il bivio, quindi, rischia come detto di trasformarsi in un baratro. Ed allora è meglio preoccuparsi che crogiolarsi nell’incoscienza.
E’ meglio prendere atto che tutte le possibili chiavi interpretative del passato sembrano arrugginite, non fanno entrare da nessuna parte e lasciano intatti i problemi. Insomma, è meglio rendersi conto il prima possibile che il nostro è un Paese sempre più frammentato e che purtroppo tanti frammenti non fanno un intero.
 


Dino Perrone

Presidente Nazionale ACAI