Lincertezza, in molteplici forme, rischia di essere il tratto dominante che ci accompagnerà nei prossimi mesi di questo neonato 2017.
Incertezza politica, anzitutto. Con un governo Gentiloni che da neppure un mese ha preso forma compiuta ma sulle cui spalle un po tutti, al di là delle dichiarazioni di facciata, già cercano di appicciare una data di scadenza, come con una confezione di yogurt.
Incertezza economica, con un ciclo internazionale che certamente non favorisce le prospettive di ripresa del nostro Paese, le cui debolezze strutturali rischiano di travolgere i timidi segnali di una qualche pur timida inversione di tendenza.
Incertezza sociale, con una sempre più vasta fascia di popolazione a rischio povertà ed alle prese con un sentimento di esclusione che può essere foriero di gravissimi problemi di coesione e tenuta collettiva.
Queste molteplici incertezze, drammaticamente collegate tra loro, appesantiscono il futuro di tutti.
Vi è come la sensazione che nessuno sappia dove stia andando realmente il Paese.
Siamo infatti di fronte ad un decisionismo finto, ad un volontarismo estremo. In realtà non è chiaro lobiettivo che si vuole raggiungere. Si sta sulla forma, mentre i contenuti restano carenti ed una visione vera non cè. E doloroso dirlo, ma è sempre più evidente che oggi allItalia manca una profondità ed una intima coerenza.
Si ha proprio limpressione che siano venuti meno alcuni valori e siano diventate tabù parole come uguaglianza e solidarietà.
Il lavoro che non cè, la bassa crescita, i nodi del sistema bancario. Tutti grani di un rosario dolente che certo non può essere recitato solo da un governo definito di scopo come quello guidato dal premier Gentiloni, varato per consentire lapprovazione della nuova legge elettorale e condurci al voto.
In questi anni abbiamo assistito alla più terribile delle crisi. Abbiamo visto cadere uno dopo laltro capannoni, macchinari, donne ed uomini del patrimonio più importante del Paese rappresentato dalla grande bottega italiana e dalla sua economia reale. E la politica dinanzi a tutto questo ha fatto ben poco.
Anche oggi, infatti, le nostre aziende continuano ad avere paura di non farcela, dovendosi pur sempre misurare con i pesi e le zavorre di un sistema burocratico ossessivo, con un fisco che non ha eguali al mondo, con lincertezza del diritto imperante per colpa di una produzione legislativa che finisce con lo scoraggiare gli imprenditori onesti, con i lacci e lacciuoli di ogni tipo.
Come detto, dinanzi ad un simile quadro la politica ha mostrato alcuni suoi endemici limiti, scoprendosi incapace di difendere quanto era stato faticosamente messo in piedi negli anni passati. Intervenendo male e tardi, generando appunto altre incertezze ed aumentando malumori e risentimenti verso le classi dirigenti globalmente intese.
Tutto questo si prende in consegna lanno appena iniziato. Un anno che si preannunzia difficile, spinoso, certo impegnativo per tutti coloro che non vogliono rassegnarsi allesistente.
Ce la faremo ?
Dobbiamo farcela. Almeno dobbiamo impegnarci a farcela. Non esistono alternative o vie di fuga.
Ma bisogna tuttavia prendere atto che esiste un male oscuro e profondo che sta erodendo, ogni giorno di più, le fondamenta del nostro vivere civile.
Esso è rappresentato non tanto dalla persistente contrazione delleconomia, quanto piuttosto dalla scomparsa dellidea stessa di futuro, di un qualche possibile ed auspicabile futuro.
LItalia che si è affacciata su questo nuovo anno sembra diventata incapace di vedere la propria storia individuale e collettiva come qualcosa in divenire, un percorso cioè in grado di condurre verso qualcosa di veramente nuovo e positivo. Come se il futuro, tutto il futuro, sia stato già consumato e non possa essere sostituito.
Questa è una deriva pericolosissima che ciascuno di noi è chiamato a contrastare, se davvero vogliamo consegnare qualcosa di bello e duraturo alle prossime generazioni.
Guardando alla nostra storia, è possibile trovare gli esempi di una virtuosa stagione del fare a cui sarebbe necessario attingere a piene mani per un Paese che, oggi più che in passato, ha un drammatico e persino struggente bisogno di ritrovarsi.
La fiducia di cui ha bisogno il Paese può costruirsi solo attraverso la verità e la trasparenza che non debbono essere sacrificate sullaltare di logiche miopi, di affarismi e scorciatoie illusorie.
Verità e trasparenza, unite alla voglia di fare e di intraprendere, che furono alla base del miracolo economico del nostro secondo dopoguerra, allorquando la visione politica e la spinta etica furono alimentate dallintreccio fecondo di intelligenza tecnica, cultura laica e riformismo cattolico che, insieme, indussero gli italiani a credere nel loro futuro e ad adoperarsi per realizzarlo.
Dino Perrone