Il lavoro ancora c’è, anche se spesso non si vede

di Dino Perrone

Nell’Italia della crisi economica e dei posti di lavoro a rischio, il nostro comparto non riesce a trovare adeguata manodopera. Colpa di un sistema che continua a privilegiare solo alcune figure professionali a scapito di tante altre.

Cari associati,
dove sono andati a finire i piastrellisti, i carpentieri, i saldatori ? E che fine hanno fatto gli elettricisti, i parrucchieri, i decoratori ?
Li cercano le imprese artigiane del nostro Paese, al cui fabbisogno occupazionale, secondo recenti indagini statistiche, mancano oltre cinquantamila addetti.
Nell’Italia della crisi economica e dei posti di lavoro a rischio, dunque, il nostro comparto non riesce a trovare adeguata manodopera. A riprova che ormai è più giusto parlare non tanto di disoccupazione in generale, quanto piuttosto di saturazione di certi tipi di domanda rispetto alle concrete offerte presenti sul mercato del lavoro.
Se nelle nostre scuole continueremo a ‘produrre’ solo un certo tipo di professionalità, magari a scapito di altre, avremo sempre questo tipo di distorsioni.
Il lavoro, insomma, non è del tutto sparito. Il lavoro ancora c’è. Solo che non sempre è quello che magari si vorrebbe. E soprattutto il tipo di lavoro che c’è richiede, spesse volte, una preparazione ed una conoscenza che non sempre viene assicurata nel percorso formativo che precede l’ingresso occupazionale.
Di chi la colpa ?
A sentire i nostri imprenditori, specie quelli di nuova generazione, a pesare nel mancato incontro tra domanda ed offerta è proprio la mancanza di qualifica e l’assenza di esperienza lavorativa.
La conseguenza più evidente riguarda il dilatarsi dei tempi di ricerca degli addetti. E’ stato calcolato che nel 2008 le nostre aziende artigiane hanno impiegato una media di quattro mesi per reperire il lavoratore richiesto.
E’ evidente che tutto ciò finisce col pesare notevolmente anche sulla produzione e la competitività delle aziende, le quali scontano uno scollamento sempre più marcato fra il mondo della scuola e quello del lavoro.
Si tratta di un problema gravissimo, destinato a far sentire le sue nefaste conseguenze proprio in un periodo di crisi come quello che stiamo attraversando.
Infatti la fuoriuscita dal mercato del lavoro sta coinvolgendo anzitutto la manodopera generica, quella meno qualificata e quindi con meno possibilità in futuro di essere riassorbita.
Appare quindi urgente ripensare l’intero sistema, cominciando con il valorizzare e riqualificare il ruolo degli istituti professionali che possono costituire il tramite privilegiato per condurre gli studenti che hanno finito la loro carriera scolastica direttamente nelle aziende che ne fanno richiesta.
Ma quando sottolineo la necessità di un generale ripensamento, mi riferisco non solo al mondo della scuola ma anche a quello delle imprese artigiane che debbono essere sempre più in grado di far sentire la loro voce ed il loro peso nelle scelte fatte nell’interesse del Paese.
Imprese che hanno bisogno di diffondere una immagine non più legata a vecchi stereotipi, che purtroppo ancora resistono.
Prima i mestieri si tramandavano di padre in figlio. La manualità veniva affinata con la conoscenza e l’esperienza. Oggi tutto questo non basta più.
Oggi occorre che la formazione trovi spazi adeguati anche all’interno delle singole aziende, al fine di rispondere alle esigenze di avanzamento e di crescita professionale degli addetti.
Non è certo un caso che le esperienze più avanzate del comparto artigiano registrino al proprio interno delle vere e proprie ‘scuole di mestiere’ nelle quali imparare, approfondire, affinare.
E’ questa la strada da percorrere, di concerto con strumenti legislativi che siano più adeguati alle esigenze di un mondo del lavoro che quotidianamente sollecita aggiustamenti indispensabili per il suo ordinato sviluppo.
Il tutto senza però dimenticare la qualità, la sicurezza e l’etica del lavoro che sono valori non negoziabili ed ai quali l’Acai, nel solco degli insegnamenti della Dottrina Sociale della Chiesa, continua a fare riferimento.

Dino Perrone
Presidente nazionale ACAI 

 

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