Il futuro che verrà dipende da noi

___________________________________di Dino Perrone

 
L’arrivo di ogni nuovo anno viene sempre salutato da  auspici  e buoni propositi. Destinati, il più delle volte, ad essere puntualmente smentiti dai fatti. E se ci impegnassimo, tutti insieme,  perché questo non accada anche con il  2010 ?
 
Come sottolineato da più parti, l’arrivo del 2010 ha significato l’addio ad un decennio orribile, il primo del nuovo secolo e del nuovo millennio.
Dieci anni caratterizzati in negativo dalla recrudescenza del terrorismo fondamentalista di matrice islamica, dal moltiplicarsi di pericolosi focolai di instabilità alimentati dalle tante guerre regionali, molte delle quali sottovalutate o completamente dimenticate, dall’incrudelirsi di troppe ingiustizie sociali e dalle crisi economiche e finanziarie che hanno messo a dura prova la tenuta dell’intero sistema internazionale.
Dieci anni da archiviare dunque senza troppi rimpianti, sperando tuttavia che siano serviti a far comprendere quanti e quali errori debbono accuratamente evitarsi in questo nuovo decennio che si apre.
Un decennio nel quale bisogna che tutti gli Stati siano impegnati a far germogliare una speranza nuova, affinché si pongano le premesse per la soluzione di problemi che riguardano l’intera umanità.
Anche l’Italia, ovviamente, è chiamata a fare la sua parte. Una parte, occorre dirlo subito, che rischia di risultare oltremodo complicata a causa dell’inadeguatezza, ed in alcuni casi persino della mediocrità, della sua classe politica.
Una classe politica che, in larga parte, appare interessata a conservare un rapporto meramente clientelare con il corpo elettorale, senza riuscire a fornire adeguati servizi ai cittadini e ritardando colpevolmente il processo di modernizzazione del Paese. Modernizzazione che passa anche attraverso il miglioramento dell’apparato statale, oggi fin troppo pletorico ed improduttivo, ed il completamento di quelle infrastrutture  necessarie a rendere più uniforme e facilmente fruibile l’intero territorio.
Tuttavia, all’alba di questo 2010 è doveroso concedere una nuova apertura di credito al mondo politico del nostro Paese, confidando nella capacità di mettere da parte una litigiosità giunta ormai a livelli schizofrenici in favore di un atteggiamento di maggior rispetto tra gli schieramenti, premessa indispensabile per aprire la strada ad una stagione delle riforme che abbia come unico punto di riferimento il superiore interesse dell’Italia.
Una Italia nella quale troppe volte il vuoto frastuono delle chiacchiere rischia di mettere a tacere l’impegno di quanti, silenziosamente, operano per il bene comune e credono nei valori dell’impresa e della solidarietà nel mondo del lavoro.
C’è un dato statistico che merita di essere opportunamente evidenziato all’alba del nuovo anno. Secondo una indagine di Unioncamere, il 30% delle piccole e medie imprese manifatturiere italiane è convinto che nei prossimi mesi aumenterà il proprio fatturato aziendale. A ciò si aggiunge un 24%  che si mostra pronto a scommettere su una significativa ripresa degli ordinativi interni e prevede un incremento della produzione.
Il mondo delle piccole e medie imprese italiane, l’ossatura cioè del nostro intero sistema produttivo, crede insomma nella ripresa e manifesta un cauto ottimismo. E’ proprio su questo ottimismo che l’Italia deve investire, favorendo politiche di sviluppo capaci di superare anacronismi e particolarismi che ci allontanano dall’Europa.
In questo contesto anche l’Acai è chiamata a fornire il proprio contributo ideativo e propositivo per la soluzione dei tanti problemi che impediscono l’avvio di una nuova e più feconda stagione della società italiana. A questo compito certamente nessuno intende sottrarsi.
Da oltre sessant’anni la nostra associazione porta avanti un rigoroso discorso di evangelizzazione e promozione umana all’interno del mondo del lavoro. Un terreno accidentato ed affascinante all’interno del quale, nel corso di questi decenni, sono cambiati tanti scenari e protagonisti.
La vastità e complessità di questi cambiamenti ha indotto l’Acai a procedere ad una necessaria riflessione sul proprio ruolo e la propria funzione, per meglio rispondere alle nuove domande, ai nuovi bisogni, alle nuove urgenze di una società che ha giustamente preteso l’ampliamento della sfera dei diritti e delle tutele, non solo nell’ambito del lavoro.
Ritengo che la nostra associazione, in mezzo a queste svolte epocali, abbia svolto egregiamente il proprio compito, forse più e meglio di altri.
Ma occorre evitare pericolosi compiacimenti. Non bisogna guardare ai risultati ottenuti, ai traguardi raggiunti. Bisogna piuttosto concentrarsi sul tanto che ancora c’è da fare. Bisogna fissare nuovi traguardi e nuove priorità di intervento. Occorre guardare al futuro con consapevolezza e fiducia.
E, come sempre, il modo migliore per prevedere il futuro è cominciare a costruirlo.
Questo vale per l’Acai. Ed a maggior ragione vale per il nostro Paese. 

 


Dino Perrone
Presidente nazionale ACAI 

 

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