Il documento completo con gli interventi e le relazioni

Costruire un Paese autenticamente solidale, nel quale al giusto riconoscimento dei diritti si accompagni la crescita di un più avvertito senso di responsabilità, individuale e collettiva. Il tutto ispirato ai valori della Dottrina Sociale della Chiesa, nel rispetto della dignità di ogni persona, a partire dai luoghi di lavoro.

 E’ questo l’impegno che l’Acai ha posto al centro del XXII congresso nazionale, svoltosi a Roma dal 7 al 9 maggio 2010. Una assise cui hanno preso parte oltre trecento delegati, in rappresentanza delle sedi italiane ed estere della nostra associazione, e che si è aperta con la riflessione del Cardinale Camillo Ruini sul progetto culturale della Chiesa italiana.
 
Ospite del congresso anche il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi che ha avuto parole di grande apprezzamento per i contenuti della relazione del Presidente Perrone, sottolineando la necessità che non si arresti l’intrapreso cammino delle riforme sociali.
Nel suo intervento, il Presidente Perrone, riconfermato per acclamazione in chiusura dei lavori, ha invitato l’Acai a diventare sempre più una organizzazione modulata sulle esigenze delle persone. Ma grande attenzione il massimo dirigente dell’Acai ha rivolto alla situazione del Paese sottolineando come oggi ‘rischia di andare in crisi l’idea stessa dello Stato, inteso come momento di identità sociale, sintesi e rappresentanza delle istanze collettive’. ‘Troppi particolarismi, troppi malintesi localismi tendono a travolgere il senso di un destino e di una missione comuni che possono ancora tenere insieme il nostro Paese –ha sottolineato Perrone- Stanno aumentando i micro-interessi, mentre sembra tramontare una visione partecipativa del futuro. Ragioniamo al singolare, restringendo sempre più il ventaglio dei nostri interessi e delle nostre emozioni’.
In questa situazione, che a giudizio del Presidente dell’Acai chiama in causa pesantemente le responsabilità della politica, rischia di restare ingessato l’intero Paese, precocemente invecchiato nella sua classe dirigente.
L’Acai, ha dichiarato ancora Perrone, vuole ‘vivere in una Italia più prospera, più giusta e funzionante.Una Italia orgogliosa e moderna. Con radici solide e valori condivisi, capace di accoglienza e rigore, pronta a recitare un ruolo di primo piano nel consesso internazionale’.
Per arrivare a tutto ciò, occorre che la società italiana ritrovi una sua più avvertita dimensione etica. Per questo l’Acai, per usare ancora le parole del Presidente Perrone, guarda ad un orizzonte diverso, nel quale le persone vengano prima di tutto.
‘L’accoglienza, il rispetto, la tolleranza, ma anche l’assunzione di responsabilità, l’impegno nei confronti degli altri, la gratuità del proprio servizio verso il prossimo sono i tratti fondanti di quella nuova Italia che è nostra intenzione contribuire a delineare’, ha precisato nella sua relazione il massimo dirigente dell’Acai. Un Paese capace di ritrovare il proprio senso civico e morale.
Unito attorno a valori non negoziabili, ma aperto al dialogo. Un Paese che non mortifichi il talento ed il merito, ma che anzi renda possibile ad ognuno realizzare i propri sogni, i propri disegni.
Una Italia, insomma che non sia avara, né arida. Ma al contrario, generosa e stimolante.
Perché l’Italia conservi la sua dignità come Paese occorre che il lavoro sia sempre più garantito e favorito, ha evidenziato ancora Perrone. Ed è necessario continuare ad incoraggiare la ricerca e lo sviluppo, riorganizzando la produzione e le strategie di mercato.
‘Nel 2009, e nonostante la crisi dell’artigianato, sono rimaste inevase 24mila offerte di lavoro, di cui quattrodicimila per operai specializzati. Siamo il Paese nel quale non si trovano in numero adeguato idraulici, elettricisti, carpentieri, perfino parrucchieri’, ha denunziato Perrone sottolineando come il nostro sistema scolastico e formativo sia stato ed è vittima di certe riforme che negli anni Settanta si sono orientate ad aumentare il tasso di scolarità cui si è però accompagnato, in larghi strati della società italiana, un malcelato disprezzo verso l’istruzione professionale. Una impostazione culturale che ha avuto il torto di generare spesso una nuova forma di disoccupazione giovanile.
Nell’opera di ammodernamento del Paese, un ruolo di primo piano sono destinate a svolgerlo organizzazioni valoriali come l’Acai, capaci di analizzare i fenomeni economici non solo dal lato del mero profitto, ma anche da quello della solidarietà.
Qui di seguito riportiamo i passaggi finali della relazione congressuale del Presidente Perrone.
‘Una nuova Italia bussa alle porte.
Essa richiede la riforma fiscale, la riduzione delle tasse, il superamento della logica degli studi di settore, lo snellimento delle procedure, la riqualificazione del tessuto produttivo a favore delle piccole imprese, il potenziamento delle infrastrutture.
Ed ancora questa Italia nuova auspica una diversa contrattazione collettiva, oggi troppo schiacciata sul livello centralizzato e che spesso si dimostra incapace di garantire in maniera efficace una diversa modulazione delle tutele. Inoltre attende una bilateralità diffusa che sappia meglio organizzare l’utilizzo degli ammortizzatori sociali.
E poi un aggiornamento, ma certo non in senso peggiorativo o punitivo, dello Statuto dei Lavoratori, che conduca magari a quello Statuto dei Lavori di cui oggi si avverte sempre più la necessità dinanzi all’affacciarsi di nuove figure professionali che richiedono una più stringente tutela.
Cruciale in questa opera di ridefinizione del profilo sociale ed economico del Paese è il ruolo dei sindacati che debbono essere una forza dialogante e tranquilla e non solo meramente rivendicativa.
Il sindacato e l’impresa debbono maturare la consapevolezza che occorre disegnare un mercato del lavoro nel quale a dominare non sia la sola economia, ma anche la solidarietà, la sussidiarietà, la formazione e l’informazione.
In particolare il sindacato deve saper rivolgere una crescente attenzione alle attività di servizio, sia gestendole direttamente sia fungendo da tramite tra l’utenza e le strutture pubbliche e private presenti sul territorio.
Anche nel mercato del lavoro il sindacato potrebbe tornare a svolgere un ruolo attivo nell’avviamento e nella crescita professionale, specie nel delicatissimo settore di confine rappresentato dai rapporti di lavoro saltuari.
Penso insomma ad un sindacato moderno e maturo, capace di affiancare alla contrattazione anche la concertazione delle scelte economiche generali e l’erogazione dei servizi agli iscritti.
Penso poi ad una impresa sempre più consapevole della propria funzione sociale e delle responsabilità ad essa sottese. Una impresa che guardi allo stesso profitto non solo come fine ultimo ma come mezzo per costruire un futuro di prosperità diffusa.
Penso ancora ad un fisco meno opprimente e ad un ruolo più propulsivo della stessa Banca d’Italia in tema di credito alle imprese. Oggi il ruolo di controllo e regolazione di questa importante istituzione bancaria finisce con il lasciare poco spazio ad altre importanti funzioni, relegando sul fondo qualsiasi iniziativa di sostegno creditizio all’apparato produttivo del Paese.
Penso inoltre ad una società dialogante, nella quale vi sia uno spazio crescente per le istanze fondamentali dell’evangelizzazione e della promozione contro ogni tentazione di torpore e di inerzia.
Una società capace di sostituire alla logica del potere fine a se stesso e del vuoto benessere la pratica della condivisione, della sobrietà e della solidarietà.
Penso infine alla nostra organizzazione che, in questa opera di rinnovamento e di raccordo fra tanti livelli e soggetti differenti, deve esprimere una voce pacata ed autorevole, sempre ispirata alla dottrina sociale della Chiesa. Attenta a denunziare ogni distorsione, pronta a venire in soccorso delle fasce più deboli.
Penso, in ultima analisi, appunto all’Italia dei diritti e delle responsabilità. Sempre da tutelare i primi, da non sfuggire mai le seconde’.