Cosa manca davvero al nostro Paese

___________________________________di Dino Perrone

 

 
Questa torrida crisi sta mettendo sempre più a nudo la drammatica assenza di una vera progettualità politica. Per questo, ora più che mai, si avverte l’esigenza di un rinnovato  impegno dei cattolici nella cosa pubblica
 
Luglio si è affacciato su un’Italia per nulla svagata e vacanziera ma in piena recessione e decisamente più povera.
Non potrebbe essere diversamente, del resto, sotto i perduranti colpi di una crisi economica che non accenna ad attenuarsi.
I consumi nel nostro Paese stanno riducendosi in maniera esponenziale, e secondo alcune stime sono oramai retrocessi addirittura ai livelli di quindici anni fa. Il divario socio-economico tra Nord e Sud è ulteriormente aumentato. Le fabbriche continuano a chiudere, mentre si moltiplicano le istanze di fallimento. Importanti comparti produttivi, come ad esempio quello delle costruzioni, dall’inizio dell’anno sono alle prese con drastiche quanto drammatiche riduzioni delle commesse. L’accesso al credito rimane difficoltoso in special modo per le piccole e medie imprese che tuttavia cercano ancora di mantenere il passo, ma rischiano di perdere terreno e addirittura di sprofondare nell’abisso di una crisi che ha aperto squarci profondi nel tessuto connettivo dell’Italia.
In sostanza, nel Paese sembra stiano aumentando solo disoccupazione ed esasperazione.
Tutto ciò a conferma di come anche i tecnici di provata competenza non abbiano la bacchetta magica e di quanto impervia sia la strada che conduce ad una effettiva ripresa.
Ripresa, è questo il punto, che non può avvenire semplicemente mettendo il Paese a dieta e rinviando nel tempo, sempre con l’argomento dei conti pubblici da tenere sotto stretto controllo per non incorrere negli strali della Comunità Europea, un serio intervento nella direzione dello sviluppo e della maggiore occupazione.
Il rischio infatti è di vincere magari a Bruxelles, ma di perdere a Roma.
Data la situazione, più che dalle vacanze, in questo luglio già torrido di suo, si dovrebbe essere tentati addirittura dalla fuga.
Questo non è possibile, ovviamente, perché un Paese intero non può sottrarsi alle sue responsabilità. Non può dimettersi.
Ed allora restiamo tutti al nostro posto, nonostante il peso crescente di manovre correttive che finora hanno avuto come unico effetto evidente l’aumento ulteriore di una pressione fiscale che già quest’anno ha superato il 45% del prodotto interno lordo.
Restiamo al nostro posto, però con il rischio più che concreto che ci avvolga una crescente rassegnazione.
Rassegnazione che è alimentata non solo dall’osservazione di ciò che di problematico è presente nel Paese ma anche, se non soprattutto, dalla constatazione di ciò che a questo Paese continua drammaticamente a mancare.
Mi riferisco all’assenza di una progettualità politica alta e ben definita, finalmente capace di perseguire una direzione ed un obiettivo che non mutino a seconda delle circostanze.
Una progettualità politica in grado di rimettere in moto non solo la crescita e l’occupazione ma l’anima stessa di un Paese che appare smarrito e sperduto dinanzi a troppi incroci ancora non chiaramente definiti.
Una progettualità che rappresenti una sfida all’esistente, nel segno di una necessaria discontinuità.
Una progettualità alla cui elaborazione, a mio avviso, sono chiamati anzitutto i cattolici che certamente più di altri avvertono l’urgenza di edificare una società più equa e più giusta.
Ed allora questo è davvero il momento in cui quanti si riconoscono nei valori e negli insegnamenti della Dottrina Sociale della Chiesa cerchino di orientare positivamente le future decisioni politiche, contrastando la tentazione di un crescente disinteresse verso la cosa pubblica e favorendo invece la crescita di una consapevolezza matura attorno a valori che siano punto di approdo per un confronto aperto e sincero tra le varie anime dialoganti del Paese.
In tal senso desta certamente interesse il fervore di iniziative che hanno visto la luce in questi ultimi mesi.
Si tratta di qualcosa da salutare con favore, a condizione però che il tutto non si esaurisca in un semplice contributo valoriale ed organizzativo in grado di assicurare nuovo nerbo a qualche forza politica a caccia di consensi.
Se fosse solo questo, se il tutto si riducesse a questo, si tratterebbe infatti di ben poca ed effimera cosa.
Hanno infatti pienamente  ragione quanti, come fra gli altri monsignor Mariano Crociata, segretario della Conferenza Episcopale Italiana, sostengono che il compito del mondo cattolico dev’essere prima di tutto quello di formare nuovi politici cattolici, a cominciare dai più giovani, non di farsi partito.
Si tratta evidentemente di un percorso lungo, che prescinde dalle prossime scadenze elettorali. Un percorso di crescita e di trasformazione, un lavoro di semina necessario ad assicurare abbondanti raccolti. Un lavoro al quale la nostra organizzazione non intende sottrarsi.
Spesso sostengo che questo nostro Paese ha bisogno anzitutto di buoni esempi.
E’ il momento che i cattolici rammentino di essere loro per primi ‘buoni esempi’. Anche in politica.
 

Dino Perrone
Presidente nazionale ACAI 


 

 

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