Conferenza Programmatica ACAI 2009

Si è svolta a Fiuggi, dal 18 al 20 settembre 2009, la conferenza programmatica della nostra associazione cui hanno preso parte oltre trecento delegati provenienti dall’Italia e dall’estero.
Un appuntamento non rituale che ha rafforzato i vincoli associativi in un momento particolarmente impegnativo per le sorti del comparto artigiano, alle prese con una crisi che rischia di compromettere il futuro e le conquiste della categoria.
In tale contesto, è stato più volte sottolineato nel corso dei lavori, l’Acai è chiamata a ricoprire un ruolo di crescente responsabilità ed a questa importante sfida deve attrezzarsi con adeguati strumenti culturali ed organizzativi.
I lavori sono stati introdotti da una riflessione del consulente ecclesiastico nazionale, don Adriano Vincenzi, che ha letto la missiva di saluto inviata all’Acai dal Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana, Monsignor Crociata, cui ha fatto seguito la relazione del nostro Presidente Dino Perrone.
Il massimo dirigente dell’Acai ha invitato l’intero corpo dell’associazione ad aprirsi sempre di più alle molteplici realtà del nostro Paese, rimarcando la vicinanza con la Chiesa quale premessa indispensabile per affermare il primato dei valori dell’uomo nel mondo del lavoro.
Qui di seguito pubblichiamo l’intervento con il quale il Presidente Perrone ha concluso i lavori della conferenza programmatica.


Cari amici,
aprendo i lavori di questa nostra assise, vi ho chiesto un atto di coraggio.
Attenzione, vi ho chiesto semplicemente coraggio. Non eroismo. Gli eroi non servono all’Acai.
Al coraggio siamo invece chiamati tutti, in questa vita prima ancora che nell’Acai.
Perché una cosa, forse solo una cosa è certa. Breve o lunga che sia, la nostra vita ci richiede coraggio. Coraggio per affrontarla, per non sciuparla, per viverla davvero.
Non possiamo nasconderci, non ci sono nicchie dove ripararci. La vita ci chiama.
Ed il coraggio nasce dalla convinzione che ciò che facciamo è giusto. Che ciò che facciamo può servire anche agli altri. Che ciò che costruiamo durerà oltre le contingenze della nostra precaria vicenda umana.
Noi abbiamo costruito e stiamo costruendo l’Acai. E di questo dobbiamo essere fieri.
Perchè vedete, rimuovendo la patina delle difficoltà, davvero si può scorgere nella nostra organizzazione, come ho detto ieri, un bell’esempio di una buona Italia.
Tutto questo non dobbiamo sciuparlo. Tutto questo dobbiamo meritarlo.

In che modo ?
Semplicemente lavorando. Con passione, serietà e competenza.
A giusta ragione tutti pensano che il coraggio sia la prima qualità di un dirigente di organizzazione. Eppure questo coraggio non c’è quasi mai. L’ostentazione copre il conformismo, maschera quel desiderio di piacere che induce a fare sempre il già fatto.
Non dobbiamo cadere in questa trappola. Siamo chiamati a fare cose nuove, che potranno essere persino meravigliose se vi metteremo la nostra volontà e dedizione.
Io credo nell’Acai.
Credo nel suo patrimonio di valori, di idealità, di impegni.
E ci credo così tanto che mi sono sempre posto il problema di come fare emergere le  tante eccellenze presenti al nostro interno. Eccellenze che, troppo spesso, rischiano di andare smarrite se non vengono adeguatamente motivate.
Credo nell’Acai, nella sua forza, nei suoi uomini e nelle sue donne. Credo in quanti lavorano con sentimento dedicando ogni giorno a questa organizzazione il meglio delle loro competenze ed esperienze.

Io credo in tutti voi.
Ma non mi nascondo le difficoltà. Non ignoro la dimensione aspra di questa nostra esperienza associativa, le resistenze, i ritardi, persino le inadeguatezze di una struttura nella quale convergono diverse sensibilità che a volte possono entrare in conflitto.
L’Acai è anche questo. Ed io non lo dimentico.
Ma una grande organizzazione come la nostra deve saper affrontare le sue contraddizioni, superarle in una logica più grande.
Solo così possiamo assolvere alle responsabilità cui siamo chiamati dinanzi al Paese.
Ma l’assunzione di responsabilità deve andare di pari passo con il nostro orgoglio. L’orgoglio di chi nell’Acai ci mette la faccia ed il lavoro, aiutando il formarsi di una più avvertita consapevolezza del ruolo importante che la piccola e media impresa, ed il comparto artigiano in particolare, hanno sullo scacchiere produttivo italiano.
Continueremo, con questa consapevolezza, sulla strada intrapresa. Innovando ed aprendoci ai mondi vitali della nostra società.
Con coraggio, come detto, e con orgoglio.

L’orgoglio di essere parte di una storia più grande, che proseguirà oltre il nostro tempo, che metterà radici in altre epoche.
L’orgoglio di una associazione, la nostra Acai, che ha sempre fatto la cosa giusta al momento giusto. Che ha saputo assumere decisioni importanti, costruendo un futuro fatto di prospettive e responsabilità, di esperienze ed emozioni.
Questo orgoglio lo leggo stasera sui vostri volti. Esso è il dono più prezioso che potete recare con voi. Non sciupatelo, soprattutto voi ragazzi.
I programmi ed i cambiamenti illustrati in questi giorni sono tutti alla nostra portata.
Se volete, considerateli pure dei sogni. Va bene lo stesso.
In fondo, tutte le grandi imprese sono precedute da sogni. Tutte le grandi imprese alla radice hanno un sogno, una visione.
Considerateli pure sogni, ripeto. Tenendo a mente, però, che c’è solo un ostacolo che può impedire la realizzazione di qualsiasi sogno. E cioè la paura di fallire.
Non diventate ostaggio di questa paura.

Difendete allora il vostro orgoglio e la passione per il vostro lavoro.
E vi accompagni la consapevolezza di stare costruendo qualcosa per la quale vale la pena impegnarsi ora, in questo tempo. Senza riserve e senza paure.