Buone Feste, nel segno dell’impegno

di Dino Perrone


 


Il 2006 passa alla storia. Ma i problemi emersi in questi dodici mesi ci accompagneranno ancora a lungo. Cosa augurare, allora, al nostro artigianato ?



Cari associati,
credo che il 2006 non lascerà particolari rimpianti e verrà ricordato come un anno estremamente duro, controverso e difficile per l’artigianato italiano.
La nostra categoria, infatti, ha dovuto fare i conti con la dura realtà del mercato, con le brusche accelerazioni imposte dall’economia globalizzata, con la necessità di stare al passo con ogni forma di innovazione, difendendo la qualità del prodotto finale come i livelli di occupazione.

Ma gli artigiani hanno dovuto contrastare anche una aggressione legislativa senza precedenti che rischiava di mettere definitivamente in ginocchio l’intera categoria, trascinandola senza particolari distinguo sul banco dei principali imputati di evasione fiscale.
Una visione miope, questa. Una visione figlia dell’equazione tutta ideologica per cui l’artigiano, e più in generale il lavoratore autonomo, è l’altro nome della parola evasore.
Una visione slegata dalla realtà di un comparto che invece in silenzio, rischiando in proprio, mettendosi quotidianamente in gioco, non attendendo particolari prebende da parte dello Stato, ha garantito ricchezza al Paese e sbocchi occupazionali alle nuove generazioni.
Il 2006 passa dunque in archivio lasciandoci una scia di polemiche certamente non destinate ad esaurirsi rapidamente nei prossimi mesi.

Polemiche che investono in primo luogo il mondo politico del nostro Paese che, come abbiamo visto anche in occasione del sofferto varo della legge finanziaria, appare sempre più sfilacciato e diviso attorno ad un bipolarismo che non è stato in grado di ridurre, ma semmai ha aumentato, le frantumazioni e le spinte delle ali estreme dei rispettivi schieramenti.
Ma polemiche che  investono anche la dimensione etica e sociale, il ‘sentire’ stesso del nostro Paese.

Al riguardo, non da oggi insisto nel dire che a mio avviso sono in campo e si fronteggiano due idee dell’Italia radicalmente contrapposte. Una ispirata all’individualismo ed all’egoismo più incontrollati e l’altra, radicalmente diversa, informata invece ai valori della solidarietà e dell’accoglienza.

Noi dell’ACAI sappiamo bene da che parte stare.

E mi piace sottolinearlo proprio in questi giorni di festa che tanti, troppi, vivono solo all’insegna del facile consumismo, del superficiale divertimento e dell’inerte disimpegno.
La nostra ispirazione cristiana, come del resto da me sottolineato anche nel congresso nazionale di Bari, ci induce invece ad impegnarci sempre più per affermare la necessità di riscoprire la densità morale della nostra società, avendo a mente la dottrina sociale della Chiesa.

L’impegno allora, anche in questo periodo di festa, rappresenta il tratto distintivo e più autentico del nostro essere cristiani.

E l’impegno è sempre quello teso ad affermare il principio di solidarietà e collaborazione per superare le antinomie sociali riaffermando il valore della sussidiarietà.
Come imprenditori artigiani cristianamente ispirati, dobbiamo tenere sempre a mente gli insegnamenti della Centesimus annus.

In quella enciclica Giovanni Paolo II ci ricorda che i lavoratori costituiscono il patrimonio più prezioso dell’azienda, il fattore decisivo della produzione.
Occorre quindi tenere conto non solo degli obiettivi economici dell’azienda e del capitale investito, ma anche del concreto rispetto della dignità umana dei lavoratori che operano nell’impresa.

Gli artigiani cristiani che si riconoscono nell’Acai sono chiamati a questo, nella consapevolezza che in tal modo la libera iniziativa economica si configura non solo come virtù individuale, indispensabile per la crescita umana del singolo, ma anche come virtù sociale, necessaria allo sviluppo di una comunità effettivamente solidale.
Ora che il 2006 si consegna alla Storia, quale augurio rivolgere, quindi, all’artigianato italiano ?

Certamente quello di poter dialogare con una classe dirigente del Paese che si mostri finalmente interessata in modo serio e responsabile alle problematiche del nostro settore.
Un ceto dirigente che si renda realmente conto che occorre alleggerire il peso delle regolamentazioni statali, delle procedure amministrative e del carico fiscale, facilitando nel contempo l’apprendistato e la possibilità di assumere.

Ma l’augurio più importante e necessario che mi sento di rivolgere al nostro artigianato è proprio quello di restare fedele alla sua storia, riaffermando la sua dimensione etica e sociale ed in ciò mostrandosi capace di gestire non solo l’esistente ma di affrontare il futuro coinvolgendo tutti i soggetti produttivi in un ridisegno complessivo del nostro sistema economico.

Un ridisegno che conduca appunto a costruire una società che esalti le potenzialità di ognuno e non mortifichi nessuno sull’altare del semplice, egoistico profitto.
Ai singoli artigiani, a voi tutti, cari associati, rivolgo a nome dell’Acai l’augurio che questo periodo natalizio sia vissuto nella serenità domestica e nel segno della solidarietà sociale.

Buone Feste.


Archivio