Festività di San Giuseppe 2017

 
Carissimo Presidente e Stimati Organi statutari, Responsabili, Consulenti ecclesiastici regionali e provinciali, Amici membri, associati e simpatizzanti dell’ACAI, Personale dipendente e collaboratori delle nostre sedi e servizi,
vi scrivo nella festa di san Giuseppe, sposo della Beata Vergine Maria, patrono della nostra Associazione e protettore degli artigiani e dei lavoratori.
Giuseppe … era giusto…, così leggiamo nel Vangelo di Matteo (cf., 1, 19).
Solo questa parola ci aiuta a comprendere chi era san Giuseppe, uomo mite, buono, giusto. Nella sua festa, ogni uomo è chiamato a guardare la sua testimonianza di uomo, di padre e lavoratore.
San Giuseppe, patrono dei lavoratori, raccolse il senso della quotidiana fatica dalla viva presenza di Cristo accanto al suo banco di lavoro. Egli è, così, divenuto esempio del lavoratore cristiano in quanto ci aiuta ad abbracciare il senso profondo della Parola di Dio sul lavoro umano: “Con il sudore del tuo volto mangerai il pane” (Gen 3, 18-19). È questa la realtà del lavoro che trova compimento anche nella nostra storia in una maniera che suscita ammirazione e commozione.
Ogni uomo è chiamato a procurarsi cibo con il sudore della fronte. Giuseppe, come tutti gli uomini, ha lavorato e ha vissuto la fatica, la gioia, le preoccupazioni e le sofferenze della vita quotidiana.
Nonostante tutto, in lui vi era la certezza che il Signore gli camminava accanto.
Noi spesso siamo testimoni di uomini che perdono il lavoro e lo scoraggiamento, la delusione e la paura prendono il sopravvento. Noi possiamo e dobbiamo essere accanto a coloro che combattono per la dignità della famiglia e del lavoro, infondendo speranza e forza. Non bastano le parole, ma dobbiamo essere cristiani che  vicendevolmente si sostengono nelle vicende umane, in vista di un bene più grande.
Giuseppe, uomo giusto, ci viene in aiuto con la sua vita vissuta su questa terra accanto ad una moglie e ad un figlio. Vita non sempre perfetta, anzi, ma piena di speranza nel Signore e di fede in Lui. Da qui, la sua forza!
Papa Pio XII istituì nel 1955 la festa di san Giuseppe artigiano per dare un protettore ai lavoratori e un senso cristiano alla festa del lavoro. La figura di san Giuseppe, l’umile e grande lavoratore di Nazareth, orienta verso Cristo, il Salvatore dell’uomo, il Figlio di Dio che ha condiviso in tutto la condizione umana per condurla a salvezza. Così, viene innanzitutto affermato che il lavoro dà all’uomo il meraviglioso potere di partecipare all’opera creatrice e redentrice di Dio e di portarla a compimento, possedendo un autentico valore umano. Di questo, san Giuseppe ne era pienamente convinto.
Attraverso la sua vita, possiamo porci delle domande alle quali ciascuno è chiamato a riflettere e a rispondere, come uomini, come padri, come lavoratori.
San Giuseppe, sposo di Maria, membro della Santa Famiglia. Fidandosi del Signore che gli parlava attraverso i sogni, è diventato una luce di esemplare paternità in ogni contesto di attività. Certamente non fu un assente. È vero, fu molto silenzioso, ma fino ai trent’anni della vita del Messia, fu sempre accanto al Figlio con fede, obbedienza e disponibilità ad accettare i piani di Dio. Ed è davanti a questa affermazione che ci poniamo una prima domanda:
Oggi i padri sono capaci di stare accanto ai loro figli? Anche silenziosamente?
A Betlemme Giuseppe vide nascere Gesù e una gioia grande entrò nel suo cuore. Ma poi, le prime paure. Erode cercava di uccidere il bambino. Fuggire in Egitto per salvarlo. Ed eccoci dinanzi ad una seconda domanda: Oggi i padri sono capaci di allontanare i figli dal male? Sono capaci di proteggerli dai tanti “Erodi” che con false promesse uccidono la dignità dei loro figli?
Tornata la quiete, Giuseppe fece ritorno a Nazareth, lì cominciò a crescere suo figlio, amandolo sempre più. Ma, ecco che durante una festa di Pasqua, lo perdette e si preoccupò nel cercarlo allorché dodicenne era “sparito’’ nel tempio, così lo trovò e lo riportò a casa.
Oggi i padri sono capaci di cercare i propri figli? Promettendo non cose che passano, ma dando il calore di una casa e il calore del loro cuore, della loro umanità?
A Nazareth Giuseppe ebbe Gesù con sé nel lavoro di falegname, lo aiutò con Maria a crescere “in sapienza, età e grazia” (Lc 2, 52). E qui ci poniamo un’ultima domanda: I padri fanno crescere i loro figli nella sapienza e nell’amore verso Dio o si preoccupano solo della crescita umana?
La tradizione vuole che al momento della morte, il transito, Giuseppe il giusto aveva accanto a sé la presenza di Maria e di Gesù per ricevere poi da Dio il premio dei giusti.
Aveva accanto a sé coloro per cui aveva lavorato, combattuto, e gioito.
Ma san Giuseppe non è solamente il patrono dei padri di famiglia come “sublime modello di vigilanza e provvidenza” (Papa Leone XIII, Enc. Quamquam pluries, 1889), ma lo è anche della Chiesa universale, con la festa solenne il 19 marzo. Egli è oggi anche molto festeggiato il 1° maggio quale patrono degli artigiani e degli operai, così proclamato da Papa Pio XII.
Giovanni Paolo II, nell’Enc. Laborem exercens (1981), dice:  “La Chiesa è convinta che il lavoro rappresenta una grandezza vitale dell’esistenza dell’uomo sulla terra” (n. 4). Anche sul piano soltanto umano, sappiamo che l’uomo può essere se stesso e raggiungere il fine della sua vita, mediante l’impegno assiduo di trasformazione di sé e l’intervento operoso sul mondo che lo circonda: superare ostacoli, progettare nuove condizioni di esistenza, procurare beni necessari per il corpo e per lo spirito, il pane e la cultura.
Questo fu essenzialmente l’impegno di san Giuseppe, patrono dell’ACAI. La sua vita oggi diventa per noi modello da seguire ed imitare in ogni circostanza.
Papa Paolo VI, nel Discorso tenuto a Nazareth il 5 gennaio 1964 così si esprimeva:
“La casa di Nazareth è la scuola dove si è iniziati a comprendere la vita di Gesù, cioè la scuola del Vangelo. Qui si impara ad osservare, ad ascoltare, a meditare, a penetrare il significato così profondo e così misterioso di questa manifestazione del Figlio di Dio tanto semplice, umile e bella. Forse anche impariamo, quasi senza accorgercene, ad imitare”.
Nella festa della Santa Famiglia, leggiamo nella preghiera di colletta della messa di quel giorno queste parole: “O Dio, nostro Padre, che nella santa Famiglia ci hai dato un vero modello di vita, fà che nelle nostre famiglie fioriscano le stesse virtù e lo stesso amore, perché, riuniti insieme nella tua casa, possiamo godere la gioia senza fine”.  Questo chiediamo con fede sincera a san Giuseppe, affinché nelle nostre case, nelle nostre famiglie, nei nostri luoghi di lavoro e associativi, ci siano le stesse virtù e lo stesso amore che vi era nella Santa Famiglia di Nazareth.
Di cuore ricordo ciascuno di voi e le vostre intenzioni di preghiera,


don Domenico Santangelo
Consulente Ecclesiastico Nazionale ACAI