Uscire dal letargo per tornare a crescere

________________________________di Dino Perrone

 

Siamo una società stanca, impigrita e pervasa da un grande egoismo individuale. Così almeno ci descrive il Rapporto Censis, buttando altro sale su antiche ferite. Per invertire la rotta, avviando una nuova stagione di sviluppo, è più che mai necessario il contributo di tutti

Diciamo addio, senza troppi rimpianti, al 2015 che si consegna agli archivi della storia e ci lascia in dote un’Italia ferma in un preoccupante letargo esistenziale collettivo.
Questa è infatti la fotografia del nostro Paese come emerge dalla consueta messe di dati contenuta nel Rapporto Censis, divulgato agli inizi di dicembre. Un Rapporto che getta altro sale su antiche ferite.
C’è poco da stare allegri. Siamo una società stanca, impigrita, nella quale sempre più a fatica si scorgono i segni di una reale progettazione per il futuro capace di disincagliare il Paese dalla logica del giorno per giorno.
A vincere, secondo gli studiosi del Censis, sono  infatti “l’interesse particolare, il soggettivismo, l’egoismo individuale”.
In questa situazione, in assenza di valori collettivi realmente condivisi, sono destinate ad acuirsi le diseguaglianze e non maturano i frutti di una reale, convinta coesione sociale.
Certo ci sono anche alcuni segnali positivi.
Il mercato del lavoro, ad esempio, sembra finalmente in ripresa anche se, sottolinea il Rapporto, “siamo ancora lontani dal recuperare la situazione pre-crisi, dato che nel terzo trimestre dell’anno, rispetto allo stesso periodo del 2008, mancano all’appello 551.000 posti di lavoro”.
La disoccupazione, inoltre, si è ridotta all’11,9%, mentre l’occupazione femminile ha registrato un incremento di 35.000 occupate tra il primo e il terzo trimestre del 2015.
Segnali, appunto. Si tratta solo di segnali.
Il quadro d’insieme tende infatti decisamente al grigio. E questo anche in tema di lavoro, se pensiamo che i cosiddetti “Neet”, cioè i giovani che non studiano e non lavorano, nel nostro Paese hanno raggiunto la preoccupante quota di 2,2 milioni di individui.
L’Italia sottoposta al check-up del Censis appare quindi ben lontana dall’aver svoltato mettendosi definitivamente alle spalle crisi ed egoismi.
Siamo un Paese ancora troppo ripiegato e sulla difensiva, nel quale le tradizionali forme di rappresentanza e mediazione attraversano una crisi che appare ormai sistemica.
Ed infatti, secondo il Censis “l’elemento oggi più in crisi è la dialettica socio-politica”, sempre più in affanno ed incapace di “pensare un progetto generale di sviluppo del Paese”. Si spiega in tal modo la tiepida accoglienza che nell’opinione pubblica hanno sinora avuto anche tutte quelle riforme “di quadro e di settore e la messa in campo di interventi tesi a incentivare la propensione imprenditoriale e il coinvolgimento collettivo rispetto al consolidamento della ripresa”.
Riforme che non hanno saputo mobilitare una nuova tensione al cambiamento capace di infondere quell’ottimismo e quella fiducia nel futuro che sono indispensabili per rimettere in piedi una società che appare fin troppo sdraiata e rassegnata.
Insomma, il letargo del Paese continua. Un letargo lungo. Un sonno profondo dal quale non riusciamo a scuoterci. Un sonno per certi aspetti “indotto”, provocato da tanti fattori a volte estranei anche alle nostre volontà. Ma un sonno dal quale è necessario definitivamente svegliarsi.
Solo uscendo dal letargo è infatti possibile ripartire. E’ solo radunandosi attorno ad un alfabeto valoriale condiviso che è possibile contrastare la deriva di un egoismo sociale che appare sempre più invasivo, arrogante e lacerante.
Dobbiamo riuscire a tornare ad essere il Paese delle progettualità e delle ambizioni, dell’operosità e del decoro. Un Paese che non si accontenta di galleggiare in mezzo alle difficoltà ma che, al contrario, intende lavorare sul profondo, avere uno sguardo lungo, puntare ad un reale cambiamento.
E’ necessario l’impegno di tutti, per provare ad invertire la rotta ed avviare una nuova stagione di sviluppo. Ma n ruolo fondamentale, per raggiungere questi obiettivi, è destinato ad averlo ancora una volta la piccola e media impresa italiana, testimonianza più autentica di quel Paese che non vuole arrendersi e cerca solo di essere messo nelle migliori condizioni per dispiegare tutte le sue potenzialità.
Affidiamo al nuovo anno tante speranze, come è ovvio e giusto che sia. Abbiamo a disposizione dodici mesi per non smarrirle, queste speranze. Per tramutarle in fatti concreti, facendole uscire dal limbo delle illusioni.
E’ un impegno rispetto al quale, nella sfera privata e collettiva, nessuno può chiamarsi fuori.

 

 

 

 

Dino Perrone

Presidente Nazionale ACAI