Un Paese non può smettere di sognare

___________________________________di Dino Perrone

 

 
L’Italia continua il suo ‘percorso di guerra’ all’interno di una crisi che non accenna a diminuire. E quanti sono in trincea, vale a dire i nostri nuclei familiari, hanno già da tempo mutato le proprie abitudini. Ma non è giusto rinunciare a tutto
 
 
Mario Monti nelle scorse settimane ha dichiarato che il nostro Paese ha intrapreso “un percorso di guerra durissimo che non è ancora finito”.
Le parole del premier, pur intrise di drammatica enfasi, in realtà non rappresentano una novità per oltre un terzo dei nostri nuclei familiari.
Per un Paese in guerra, infatti, è già in atto da tempo una economia di guerra.
Infatti, secondo i principali indicatori statistici il 35,8% delle famiglie italiane nel 2011 ha diminuito la quantità e la qualità dei prodotti alimentari acquistati rispetto al 2010.
In particolare la spesa pro capite dedicata all’agroalimentare è scesa al di sotto dei 2.400 euro annui, attestandosi sui livelli di quasi trent’anni fa. La Coldiretti ha registrato una drastica riduzione dei consumi di carne e frutta, riduzione che ha invertito la tendenza all’aumento che si era verificata dal 1980 al 2010.
Cambiano le abitudini, appunto, e si modificano i comportamenti di acquisto.
La maggioranza degli italiani, per effetto della crisi, confronta con più attenzione i prezzi andando alla ricerca delle offerte migliori, aumentando il tempo dedicato a fare la spesa e riducendo lo spreco di cibo, limitando le dosi acquistate, utilizzando quello che avanza per il pasto successivo e guardando con pignoleria alla data di scadenza dei singoli prodotti.
Abitudini da tempo di guerra, appunto.
L’Istat a sua volta aggiunge che nell’ultimo biennio risultano in contrazione, in particolare nel Centro e nel Mezzogiorno, le spese destinate all’abbigliamento e alle calzature. A crescere in tutto il Paese, anche per effetto dell’aumento dei prezzi, sono solo le quote di spesa destinate all’abitazione (passate dal 28,4% al 28,9%) e ai trasporti (lievitate dal 13,8% al 14,2%). Ed anche in tempi di guerra come questi, ovviamente, esistono almeno due Italie.
La Lombardia è infatti la regione con la spesa media mensile delle famiglie più elevata (3.033 euro), seguita dal Veneto (2.903 euro), a conferma di un Nord che ancora prova a non stravolgere le proprie abitudini nonostante la crisi. All’opposto è invece il Meridione, con la Sicilia che, con una spesa media mensile familiare ridottasi ad appena 1.637 euro, vede aumentare il divario con le altre aree del Paese.
Ed in questa Italia diseguale, nella quale le vendite al dettaglio hanno registrato un vero e proprio crollo, comincia a farsi strada anche l’idea che, prima di acquistare, forse è meglio provare a riparare ciò che si è guastato.
Si spiega così l’incredibile aumento delle percentuali di riparazione rispetto all’acquistato di prodotti come le lavatrici, le lavastoviglie, i frigoriferi, persino i forni a microonde. Si cerca di far durare tutto di più, si riusa quanto non è ancora del tutto consumato. Si preferisce cercare il riparatore mentre prima si andava immediatamente dal rivenditore.
Stiamo trasformandoci insomma in formiche operose, anche se non tutti, in passato, possiamo dire di essere stati disinvolte cicale.
Tutto questo, in astratto, non sarebbe un male. Un generale bagno di sobrietà, nei comportamenti privasti e pubblici, potrebbe infatti contribuire a migliorare il profilo e la cifra morale del Paese.
Ma questa Italia che ricuce, rammenda e rattoppa segnala in realtà una  preoccupante sfiducia nelle prospettive di ripresa.
Più che operosa, è infatti una Italia timorosa e sulla difensiva Che cerca di risparmiare su tutto, persino sulle spese mediche, semplicemente perché non intravede ancora la luce in fondo al tunnel nel quale è stata sprofondata.
Come dialogare, allora,  con questo Paese pervaso da una evidente preoccupazione per il futuro ? Come fare sentire la vicinanza, la condivisione, l’attenzione della politica al vissuto quotidiano delle persone ? Come ritrovare una sintonia fra i ‘luoghi del potere’ ed i ‘luoghi dei cittadini’ che oggi come mai in passato sono così distanti ed estranei ?
Ad esempio, è mai possibile che non si trovi niente di meglio che proporre la soppressione o l’accorpamento di alcune festività per migliorare il prodotto interno lordo ? A questo si riduce la fantasia e la tecnicalità nel nostro Paese ?
L’Italia ha intrapreso ‘un percorso di guerra’, sostiene Monti.
Giusto guardare in faccia la realtà. Ma certe dichiarazioni sfibrano più delle oscillazioni dello spread perché confermano come il nostro Paese sia ancora sotto i ferri e quanto ancora lontana sia l’uscita dalla sala operatoria.
Tuttavia, a tutto può rinunciare un Paese, ma non a porsi degli obiettivi, dei traguardi.
Un Paese non può smettere di sognare.
Il Presidente del Consiglio si è detto convinto che ‘i frutti arriveranno’, cioè  che i sacrifici oggi richiesti a tutti gli italiani verranno ripagati dalla ripresa che un domani dovrà pur esserci.
Ma intanto la ‘gelata invernale’ continua anche in questa torrida estate. E c’è il rischio, di questo passo, di cominciare a considerare anche i sogni, i traguardi, gli obiettivi come qualcosa a cui dover rinunciare.
 

Dino Perrone
Presidente nazionale ACAI 


 

 

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