Snellire, sveltire, ripartire

___________________________________di Dino Perrone

 
La Corte dei Conti mette  sotto accusa i costi eccessivi delle strutture amministrative periferiche, denunziando  lo spreco di denaro pubblico. L’eccesso di localismo, in effetti,  rischia di mandare in frantumi non solo la nostra economia ma l’intero Paese.
 
“La struttura amministrativa delle regioni e degli enti locali è pletorica, ripartita in numerosissimi e spesso inutili centri. Si tratta di un sistema che sopravvive grazie anche ai corposi trasferimenti agli enti locali, che oscillano annualmente tra i 15 ed i 20 miliardi’.
Parole come macigni. Parole pronunciate nelle scorse settimane dal Procuratore generale presso la Corte dei Conti, Mario Ristuccia, nel corso della presentazione del rendiconto  generale dello Stato riferito all’anno 2009.
Una spietata analisi sui costi di un apparato burocratico che, riferito alle sole province, costa a noi cittadini circa 43 euro pro-capite, che arrivano addirittura ad 83,5 euro nella regione Calabria.
‘Se è necessario chiedere sacrifici a molte categorie di cittadini –ha concluso il Procuratore generale- appare ancora più necessario affrontare con decisione e concretezza i problemi della cattiva amministrazione e dello spreco di pubblico denaro come la gran parte del Paese invoca da tempo’.
Parole come macigni, abbiamo detto.
Ma tranquilli. I destinatari di questi macigni si scanseranno in tempo, come sempre. E tutto proseguirà come prima, purtroppo.
Resta l’attualità e soprattutto l’autorevolezza di una analisi che chiama in causa l’elefantiasi che caratterizza in negativo il nostro Paese.
Un Paese nel quale gli enti locali non sempre si mostrano davvero vicini alle popolazioni amministrate, ma spesso rappresentano un sistema per appagare certi smodati desideri di poltrone ed incarichi.
E’ di queste settimane, ad esempio, la scoperta dell’eccessivo numero di uffici di rappresentanza all’estero delle nostre regioni.
Si tratta di un fenomeno cresciuto negli anni, senza alcuna seria regolamentazione e che ha persino risvolti che potrebbero indurre al sorriso, se non fosse che poi questi uffici in terra straniera contribuiscono, e non poco, a far lievitare i costi degli apparati locali.
Siamo davvero sicuri che anche questo è un modo per far sentire le regioni davvero vicine ai cittadini ? O è piuttosto un modo per sperperare risorse che meriterebbero di restare ancorate al territorio per essere impiegate in favore delle popolazioni amministrate ?
E’ davvero così utile che le nostre regioni svolgano in questo modo sconcertante una sorta di loro ‘politica estera’ che dovrebbe essere affidata a ben altri organismi ?
Non ritengo affatto che si tratta semplicemente di una smodata mania di protagonismo, di una sorta di provincialismo culturale e politico dagli esiti innocui. Ritengo piuttosto che siamo alle prese con un costume, ripeto, culturale e politico che è molto lontano dal comune sentire dei cittadini.
Intendo dire che, quando si richiedono sacrifici all’intero Paese, a mio avviso non è concepibile che la politica, sia nazionale che locale, non si ponga seriamente il problema di ridurre energicamente i propri privilegi, le proprie esenzioni, le proprie agevolazioni.
Ho parlato delle province e delle regioni. Ma c’è poi la miriade di consorzi e di società controllate o partecipate dagli enti locali. Il loro numero nel corso del 2009 è aumentato di oltre il 5%, arrivando a toccare quota settemila, con circa venticinquemila posti e cariche.
Dinanzi a tutto ciò, le severe parole pronunziate dal Procuratore generale della Corte dei Conti meritano di non essere fatte cadere nel vuoto.
La politica, per essere credibile, deve mostrare una più avvertita capacità di emendarsi dai propri errori, rinunziando ad occupare segmenti della società civile che possono essere meglio gestiti dal mercato.
Occorre sfrondare, disboscare, snellire l’eccessivo apparato politico-burocratico dell’Italia. Questo servirà non solo a far ripartire importanti settori della nostra economia, oggi ancora troppo legati alla sorte di un timbro o di una autorizzazione che tarda ad arrivare, ma anche a rendere più lieve la vita dei cittadini.
In definitiva, servirà a rendere lo Stato e le amministrazioni locali più in sintonia con il Paese. Ed in questa ottica qualsiasi ipotesi di federalismo potrà essere concretamente attuabile solo se avrà come scopo indefettibile proprio la riduzione della spesa pubblica e l’aumento dell’efficienza.
Tuttavia, come ho scritto prima, temo che nonostante gli ammonimenti della Corte dei Conti tutto continuerà allo stesso modo.
E non sarà certo un bene. Perché la distanza, già oggi così evidente, che separa i cittadini dalle istituzioni, continuerà drammaticamente ad aumentare. E qualsiasi sacrificio ci verrà ancora richiesto dalla politica cozzerà contro un muro di rancorosa diffidenza

 


Dino Perrone
Presidente nazionale ACAI 

 

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