Se la crisi si mangia pure le nostre vacanze…

___________________________________di Dino Perrone

 

Secondo le statistiche, ad agosto un italiano su tre resterà a casa rinunziando a qualsiasi periodo di ferie. Colpa di una congiuntura economica che sta modificando nel profondo le abitudini di un Paese sempre più preoccupato del proprio futuro

 

Ricordate ?

Arrivati ad agosto, puntualmente sui giornali si leggeva che l’Italia intera chiudeva per ferie, godendosi finalmente svaghi e vacanze.

Tutto finito, tutto passato.

Adesso, forse anche perché siamo in tempi di spending review, si tende a risparmiare persino sulle parole e si può tranquillamente limitarsi a dire che l’Italia chiude.

Chiude e basta.

O perlomeno chiude ma non per ferie. E di certo non solo ad agosto.

Tutti i principali indicatori statistici rivelano infatti che il periodo ‘vacanziero’ delle famiglie italiane nel corso degli ultimi anni si è drasticamente ridotto.

Lo conferma ad esempio una recente indagine svolta, per conto della Confesercenti, da Trademark Italia, che stima in 5,4 milioni il calo di turisti nostrani rispetto al 2012.

Ennesima istantanea di un Paese sempre più avvitato su se stesso, diffidente, deciso a risparmiare, a ridurre i budget di spesa, a contrarre le giornate di vacanza e a tagliare le spese il più possibile.

Quest’estate, infatti, resterà a casa un italiano su tre e la spesa prevista complessiva dei vacanzieri è  in calo di circa 3,2 miliardi rispetto al 2013. Diminuisce anche la durata della vacanza: quest’anno gli italiani trascorreranno fuori casa in media 11 giorni, contro i 12 dello scorso anno ed i 14 del 2008, prima della crisi. Nel 1975, invece, le vacanze arrivavano a toccare addirittura i diciannove giorni. Preistoria, purtroppo.

Ancora nel 2010 la percentuale dei vacanzieri sfiorava l’80%, quest’anno è franata al 58%. La crisi economica ovviamente è fra le cause principali che hanno determinato questa imponente contrazione: sono quasi 14 milioni di italiani ad indicarla come la prima responsabile della loro rinuncia.

La sofferenza del mercato interno ovviamente è destinata a ripercuotersi sull’industria turistica con perdite stimate nell’ordine di oltre due miliardi e mezzo di euro di fatturato e con un calo di occupazione stagionale che si attesta intorno alle 250-300mila unità.

Altro che solleone, insomma, sul Paese continua a grandinare.

Ma l’istantanea più nitida, in mezzo a tutti questi dati che fotografano una Italia in evidente quanto persistente affanno, è quella che riguarda il crescente numero di coloro che nel corso degli ultimi anni sono stati costretti a prendere giorni di ferie “forzate” a causa delle difficoltà delle imprese che, non volendo licenziare, sono costrette a chiudere per più tempo le proprie attività.

Ferie forzate, appunto, e di certo non vissute con il sorriso sulle labbra da parte dei lavoratori. Semmai sotto il peso di una angosciante incertezza. Ed anche quest’anno non è affatto scontato che le tante saracinesche abbassate in agosto verranno poi rialzate a settembre.

Andare in vacanza, in queste condizioni, diventa quindi l’ultimo dei pensieri e dei desideri.

Sono dati, tutti questi, sui quali il governo in carica deve riflettere molto.

La crisi che ha avvolto nelle sue spire il nostro Paese non accenna a diminuire e sta rischiando di modificare nel profondo le abitudini degli italiani, travolgendo e mortificando anche la loro legittima voglia di vacanze.

Si tratta di segnali non certo rassicuranti e che gettano un cono d’ombra sul prossimo autunno che si annuncia rovente già di suo.

Un appuntamento al quale rischiamo di arrivarci tutti già stanchi.

Non perché uno su tre di noi è destinato a rimanere a casa anche in questo agosto angosciante. Non perché abbiamo rinunciato alle vacanze. Ma perché di questo passo, dopo le vacanze, rischiamo di dover rinunciare anche all’ultimo barlume di speranza.

 

Dino Perrone

Presidente Nazionale ACAI