Carissimi,
l’ombra della pandemia si allunga anche sul prossimo Natale.
La speranza in un ritorno alla normalità sembra scemare di fronte ai dati dei contagi e, purtroppo, delle morti, che ogni giorno vengono forniti dai media.
Il senso di stan-chezza e di frustrazione apre – come afferma il 55° Rapporto del Censis – la strada ad una “società irrazionale”: «… le aspettative soggettive tradite provocano la fuga nel pensiero magico». Fenomeno che non è solo legato alla pandemia, «ma ha radici socio-economiche profonde, seguendo una parabola che va dal rancore al sovranismo psichico, e che ora evolve diventando il gran rifiuto del discorso razionale, cioè degli strumenti con cui in passato abbiamo costruito il progresso e il nostro benessere: la scienza, la medicina… […]. Ciò dipende dal fatto che siamo entrati nel ciclo dei rendimenti decrescenti degli investimenti sociali».
In questo tempo ancora “sospeso” in cui ci ritroviamo stanchi, delusi, incerti, si fa spazio la domanda (o meglio il grido!) che troviamo nel libro del profeta Isaia: «Sentinella quanto resta della notte? Sentinella quanto resta della notte?» (Is 21,11). Un interrogativo che trova una risposta, enigmatica e complessa: «Viene il mattino, poi anche la notte; se volete domandare, domandate, convertitevi, venite!» (Is 21,12).
Nel buio che disorienta e in cui non si intravvede l’inizio del giorno il profeta non dà risposte, provoca, invece, ad indagare la notte come luogo propizio per porsi domande e avviare un cammino di ritorno all’essenziale. Invita a non “mettere la testa sotto la sabbia”, ma a ricercare tracce di percorsi possibili e a percepire il primo sussulto del mattino; crede che sotto la cenere, dell’oscuro panorama che lo circonda, molta brace possa essere ancora viva perché c’è un ventre gravido di novità, dal momento che il mondo è il luogo della manifestazione di Dio. La notte diventa, così, tempo prezioso per rileggere quanto è accaduto nella nostra storia e tempo sapienziale per verificare e discernere la nostra disponibilità al rinnovamento e al ricominciare, sconfiggendo i tanti luoghi comuni del non-pensiero, che inquinano la nostra capacità di scelta.
Non temete: è Natale!
In questa notte, infatti, ci raggiunge, ancora una volta, una “buona notizia”: «Non temete: ecco vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi è nato per noi un Salvatore, che è Cristo Signore!» (Lc 2,10).
È l’annuncio che illumina la notte: Dio stesso “irrompe” nella nostra umanità, ci invita ad andare oltre le nostre ristrette visioni, ci rassicura sul Suo essere Padre premuroso verso i suoi figli, tutti “amati dal Signore”, ci fa incamminare su una strada che porta alla luce.
È l’annuncio che aiuta a vincere le nostre paure: «Chissà quanta gente – scriveva don Tonino Bello – ha paura non soltanto del domani, ma anche dell’oggi: paura della malattia, paura della miseria, paura del lavoro che non si trova, paura per i figli, paura dei pericoli. Quante paure! … Non abbiate paura! se la paura bussa alla tua porta, manda ad aprire la tua fede, la tua speranza, la tua carità, ti accorgerai che fuori non c’è nessuno».
È l’annuncio che offre uno sguardo rinnovato sul mondo; invita a vivere questo momento come tempo di rigenerazione, di riapertura alla speranza, di sorpresa e di dono, per accogliere e poi accompagnare la vita nuova che deve venire; ricorda che un tempo nuovo può essere cercato e costruito nell’opera di uomini e donne che riscoprono di essere umani e di essere tutti fratelli e sorelle, che ricominciano a credere alla comunità degli uomini iniziando dal proprio quartiere, dalla propria città, dal proprio Paese, mettendoci qualcosa di personale: «non possiamo nascondere – scrive papa Francesco in Fratelli tutti – che se la musica del Vangelo smette di vibrare nelle nostre viscere, avremo perso la gioia che scaturisce dalla compassione, la tenerezza che nasce dalla fiducia, la capacità della riconciliazione che trova la sua fonte nel saperci sempre perdonati e inviati. Se la musica del Vangelo smette di suonare nelle nostre case, nelle nostre piazze, nei luoghi di lavoro, nella politica e nell’economia, avremo spento la melodia che ci provocava a lottare per la dignità di ogni uomo e di ogni donna».
È l’annuncio, infine, che ci sostiene nel nostro cammino quotidiano, nel costante impegno di una personale testimonianza cristiana che è luce in mezzo alla nebbia che ci circonda. uando
Quando le ombre sembrano diventare più fitte, facciamo nostra la preghiera che il teologo Dietrich Bonhoeffer scriveva nel carcere di Tegel, nel Natale del 1943:
«È buio dentro di me,
ma presso di te c’è luce.
Sono solo,
ma tu non mi abbandoni.
Sono impaurito,
ma presso di te c’è pace.
In me c’è amarezza,
ma presso di te c’è pazienza.
Io non comprendo le tue vie,
ma tu conosci la mia via».
A tutti un fraterno augurio di Buon Natale!
don Antonio Mastantuono
Consulente Ecclesiastico nazionale