Ripartire con il peso di troppe zavorre

___________________________________di Dino Perrone

 

Anche il governo Renzi, come i precedenti, tenta di convincere il Paese che il peggio è ormai passato e che siamo finalmente fuori dal tunnel. Ma la realtà quotidiana che vivono famiglie ed imprese continua a raccontarci, purtroppo, una storia diversa

Il nostro presidente del Consiglio non smette di ripetere che l’Italia è ripartita, che il periodo buio è quasi alle nostre spalle e che i conti economici, sia pure lentamente, stanno migliorando.
Instillare dosi di ottimismo nelle vene di una Nazione sfiduciata e depressa è certamente una operazione che ha una sua logica, anche se non soprattutto in termini di tornaconto politico più o meno immediato. Tuttavia questo ottimismo che, ripeto, strategicamente è comprensibile, si scontra con una realtà che vede il nostro Paese ancora in gravissime difficoltà.
L’ultima conferma di tale assunto ci arriva dai dati contenuti nel rapporto annuale su ‘Reddito e condizioni di vita’ diffuso in queste settimane dall’Istat, secondo il quale ben il 28,4% dei residenti in Italia è a rischio di povertà o esclusione sociale, trovandosi in una condizione di ‘grave deprivazione materiale’ o ‘bassa intensità di lavoro’.
Dal dossier dell’istituto nazionale di statistica emerge anche che nel 2013 metà delle famiglie italiane ha percepito un reddito netto non superiore a 24.215 euro l’anno, pari a circa 2.017 euro al mese. Reddito che addirittura soffre di ulteriori contrazioni nel Sud e nelle Isole, dove il 50% delle famiglie guadagna meno di 19.955 euro, vale a dire circa 1.663 euro mensili. Il reddito medio delle famiglie che vivono nel Mezzogiorno è pari al 74% di quello delle famiglie residenti al Nord, a conferma che, anche dinanzi alla crisi, il nostro resta un Paese frammentato e diseguale.
Dinanzi a simili risultati, può consolare solo in parte la circostanza che l’indicatore relativo alla povertà sia diminuito di 1,5 punti percentuali rispetto al 2012 in seguito della diminuzione della quota di persone in famiglie gravemente deprivate.
Rimane infatti scandalosamente alta la percentuale di persone che riferiscono di non potersi permettere un pasto proteico adeguato ogni due giorni, che non riescono a sostenere spese impreviste e che non hanno potuto riscaldare adeguatamente la propria abitazione. Come suscita allarme la percentuale di residenti che vivono in famiglie a rischio di povertà (19,1%), e quella di chi vive in famiglie a bassa intensità lavorativa (11%).
Se è vero, dunque, che l’Italia riparte, si tratta pur sempre di un Paese fortemente sfibrato e che, a causa delle troppe zavorre che si porta appresso, rischia di rimanere senza forze a metà del cammino ancora da compiere.
Resto fermamente convinto che, al netto delle buone intenzioni, delle capacità come dei limiti del governo guidato da Matteo Renzi, questa crisi, prima che economica, sia anzitutto una crisi del senso etico della politica.
Sia dunque qualcosa di molto più profondo e non legata, come scrivo da mesi, semplicemente alle sorti dell’attuale giovane premier.
E’ qualcosa che richiama le responsabilità enormi di una politica incapace di fare a meno dei tatticismi e delle spartizioni di potere, troppo spesso condizionata da interessi che non hanno a cuore la gestione del bene pubblico e indifferente al pericolo di mostrarsi disinteressata all’obiettivo primario di ridurre le distanze sociali.
Dinanzi ad un Paese nel quale da una parte resta scandalosamente alta la percentuale di persone che vivono senza il sostegno economico indispensabile per garantirsi il necessario, mentre dall’altra troppe imprese chiudono ed altrettante non sono poste nelle condizioni di poter assumere, competere ed espandersi, la politica dovrebbe riscoprire appunto il proprio senso etico, lasciandosi guidare dai bisogni delle persone, a partire da quelle più in difficoltà.
In tal modo potrebbe disegnarsi una nuovo percorso che abbia come reale obiettivo la tutela della dignità di ogni cittadino, evitando di mettere a serio rischio la coesione stessa dell’Italia assicurando servizi, assistenza e lavoro a quanti ne sono privi, salvaguardando in particolare quelle realtà familiari più disagiate, in modo da non acuire il divario sociale.
Tutto questo può dirsi sia già presente nella legge di Stabilità ora al vaglio delle Camere ? O forse si tratta di un obiettivo troppo vasto ed ambizioso anche per il governo in carica ?
Sinceramente non ci sembra, però, che possa difettare l’ambizione in chi, come il premier Renzi, ha più volte manifestato la volontà di contribuire a cambiare in positivo le sorti del nostro Paese.
Attendiamo allora un segnale, finalmente coerente e concreto, in direzione del perseguimento questo obiettivo.
 

 

Dino Perrone

Presidente Nazionale ACAI